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Agc: the Ishizu Challenge

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Submitted By massi91
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The Continuing Transformation Of Asahi Glass: Implementing EVA

ASAHI GLASS CORPORATION

Fondata in Giappone nel 1907 da Toshiwa Iwasaki, Asahi Glass Corporation è uno dei principali produttori di lastre di vetro a livello globale. I principali settori produttivi in cui opera sono : vetri automobilistici, prodotti chimici, vetri per schermi, prodotti elettronici, pannelli di vetro. Sull’onda del boom economico successivo al termine della seconda guerra mondiale, vista la qualità dei suoi prodotti e la crescita della domanda, AGC incomincia ad espandersi internazionalmente dislocando unità produttive nei paesi del sud-est asiatico, per poi approdare tra gli anni 80 e 90 nei mercati europei e statunitensi grazie all’acquisto nel 1981 di Glaverbel e MaasGlas in Europa e di AFG Industries negli Stati Uniti nel 1992, affermando la sua presenza nella maggior parte dei paesi del mondo. Nel 2003 le vendite dei prodotti di vetro contano per il 54%, prodotti elettronici e schermi 24%, prodotti chimici 19% e 3% per gli altri prodotti. Nella maggior parte delle categorie AGC risulta essere il leader mondiale o il secondo maggior competitor. Nonostante l’ottima posizione di AGC nel mercato, Shinya Ishizu, a partire dal conferimento dell’incarico di CEO nel 1998, inizia ad apportare profondi cambiamenti alla compagnia sia dal punto di vista organizzativo che culturale introducendo riforme sulla corporate governance, un nuovo sistema di allocazione delle risorse e valutazione delle performance del management (EVA), col fine di garantire la crescita nel futuro e offrire migliori servizi ai clienti delineandosi definitivamente come una vera impresa internazionale. Tuttavia il processo di cambiamento incontrerà non poche difficoltà e resistenze da parte dei senior managers giustificati dalla forte posizione che la società ha nel mercato e dalla ormai radicata cultura organizzativa sviluppata nei 100 anni di vita della compagnia.

1) Che impatto hanno avuto le relazioni con le banche principali per l’azienda giapponese in termini di corporate governance?
In passato i mercati di capitale non erano particolarmente sviluppati in Giappone e spesso le aziende nipponiche ricorrevano alle banche come principali fonti di finanziamento, in cambio dei quali esse assumevano partecipazioni all’interno della società. Tali partecipazioni erano volte a monitorare la situazione aziendale per tutelare la solvibilità dell’azienda stessa, evitare asimmetrie informative e costi di agenzia. In tale modo la banca entrava in stretto contatto con le aree decisionali dell'impresa: infatti, in alcuni casi, poteva accadere che le aziende invitassero i membri delle banche a ricoprire determinati ruoli all’interno dei consigli di amministrazione per avere un’influenza diretta sulle strategie aziendali della società. La relazione che si viene così a creare tra la banca e l’azienda determina il cosiddetto modello KEIRETSU, tipico in Giappone, dove imprese operanti anche in settori diversi sono tra loro sono collegate tramite partecipazioni incrociate legate non a dei vincoli giuridici quanto a vincoli etici di appartenenza e responsabilità nei confronti del gruppo stesso. Il modello KEIRETSU vede quindi più società unite tra loro nel modo di operare e di perseguire delle finalità comuni dove solitamente al centro di tale sistema vi sono una o più banche che forniscono la maggior parte dei capitali in termini di finanziamento, limitando l’inserimento degli azionisti interessati maggiormente al profitto e conferendo quindi ai manager una maggiore libertà di azione: tale rapporto di reciproco interesse infatti rende la banca uno dei maggiori azionisti della società nel lungo periodo. Nell’ambito del sistema degli interessi dovuti ai finanziamenti inoltre la banca può contribuire a garantire tassi di interesse variabili nei confronti della società in base all’andamento dell’azienda stessa. Infatti quando l’azienda dispone di alti profitti la banca può applicare tassi di interesse più alti mentre, nel caso opposto, può essere applicato un tasso inferiore utile ad aiutare l’impresa nei momenti di difficoltà. Per quanto riguarda l’AGC il principale istituto di credito di riferimento è rappresentato dalla Banca di Tokyo-Mitsubishi (BOTM), la quale con un 3.8% di partecipazione azionaria si presenta come il settimo maggior azionista della società. Allo stesso tempo AGC possiede lo 0,9% della Mitsubishi Tokyo Financial Group, che nel 1990 viene ulteriormente rafforzata da un aumento reciproco delle quote di partecipazione. Successivamente in seguito ad una deregolamentazione del mercato e ad un maggior sviluppo dei mercati dei capitali, AGC comincia gradualmente a disimpegnarsi fino al punto di vendere tutte le quote di partecipazione incrociate possedute: sia quelle della BOTM che delle altre banche minori sia le proprie. Tale decisione è dovuta sia alle svalutazioni avvenute nel corso degli anni, sia al basso rendimento delle partecipazioni incrociate (meno dell’1%) rispetto ad altre tipologie di possibili investimenti che garantivano invece un maggiore rendimento agli azionisti.

2) Quali sono stati i problemi principali che ha dovuto affrontare Ishizu quando ha provato a trasformare l’Asahi Glass? Che cosa ha spinto i cambiamenti organizzativi fatti da Ishizu? Che effetti hanno avuto questi cambiamenti?
Da quando Ishizu è stato nominato CEO nel 1998 ci sono stati numerosi cambiamenti all'interno dell'azienda, alcuni riguardanti la struttura altri rivolti alla cultura al fine di creare un’impresa internazionale sotto tutti gli aspetti.
Uno dei problemi principali che ha dovuto affrontare Ishizu è stato scardinare la cultura secolare che aveva caratterizzato l’azienda fino a quel momento: infatti, il management storico era restio ai cambiamenti e fedele al modello keiretsu ritenendolo sicuro viste le garanzie che aveva offerto negli anni passati, mentre i nuovi manager provenienti dall’esterno accettavano di buon grado il modello di valutazione EVA volto a cogliere principalmente la creazione di valore per gli azionisti. Il futuro della compagnia secondo Ishizu dipendeva quindi dal raggiungimento di determinati obiettivi riguardanti la trasformazione aziendale e tali cambiamenti dovevano essere assorbiti da tutte le componenti, a partire dal management fino ad arrivare ai lavoratori.
Nell'implementare tale globalizzazione aziendale, Ishizu ha riscontrato alcune problematiche che dovranno essere necessariamente risolte al fine del raggiungimento del suo obiettivo:
In primo luogo, troviamo i conflitti con i soci di minoranza dovuti al fatto che AGC in passato aveva stabilito numerose joint-ventures durante l'espansione nei mercati esteri; erano sorti, quindi, dei conflitti di interesse tra partner locali e clienti internazionali, a causa del fatto che ciascuno cercava di perseguire gli interessi delle proprie compagnie. Tale problema fu risolto attraverso il riacquisto delle partecipazioni detenute dai propri partners.
Un'altra questione da risolvere, dovuta alla strategia globale perseguita da Ishizu, è quella della comunicazione: infatti, a seguito di una drastica diminuzione dei manager giapponesi a favore di manager provenienti dall'estero, per la prima volta molti lavoratori sono stati costretti ad imparare la lingua inglese al fine di facilitare il dialogo e la collaborazione tra le parti. Per ovviare a questo problema, era necessario migliorare i canali di comunicazione favorendo un meccanismo di cross fertilization.
Infine l’ultimo problema riguarda i vari principi contabili utilizzati nei diversi paesi. Infatti, adottando differenti criteri di valutazione si rischia di incorrere in incongruenze nel sistema decisionale e nella valutazione delle performances, poiché non essendo armonizzati gli uni con gli altri, non consentono un idoneo confronto tra i bilanci delle varie aziende.
Perciò i cambiamenti organizzativi in termini di cultura e organizzazione aziendale messi in atto da Ishizu, erano ritenuti necessari ai fini di una completa globalizzazione della propria azienda, data dalla presenza di AGC all’interno del mercato asiatico, europeo e americano.
L’obiettivo che si era prefissato Ishizu era quello di poter coordinare con maggior efficienza le proprie linee di prodotto, valutando meglio le prestazioni di ogni azienda, ottimizzandone la gestione e soddisfacendo i maggiori clienti attraverso "un'unica voce", fornendo, quindi, un servizio sempre più integrato a livello globale.
Questi cambiamenti hanno avuto una profonda influenza sulla riorganizzazione dell'azienda, e in particolar modo hanno contribuito alla realizzazione di: 1) ------------------------------------------------- nuove in-house companies, ovvero un sistema di società che conferisce una maggiore autonomia alle proprie controllate (le quali hanno tutte le caratteristiche di imprese indipendenti: i loro presidenti, stock di capitale, bilanci e strategie di gestione diverse) favorendo una maggiore velocità nell’assumere decisioni dal punto di vista strategico; è inoltre progettato al fine di aumentare l'efficienza della gestione. In questo modo, alle controllate viene data la possibilità di investire fino a 5 miliardi di yen ciascuna e di essere responsabile del proprio operato in termini di EBIT e delle proprie attività operative. Questo elevato livello di indipendenza viene però visto come un’arma a doppio taglio: se da una parte può portare alla formazione di eccellenti manager, dall’altra è possibile che altri siano incapaci di gestire un livello simile di responsabilità.
2) corporate governance reform, intesa come un'azione volta a separare il comando esecutivo da quello di sorveglianza del management. Per prima cosa ridusse il numero dei dirigenti da venti a sette, di cui due erano manager esterni e indipendenti: ciò rappresentò l'inizio di un cambiamento importante in quanto nella tradizione giapponese, compresa AGC, nessuna azienda aveva mai fatto affidamento a persone esterne. Inoltre venne istituito un comitato composto da quattro membri con la specifica funzione di sorvegliare il processo di successione dell'esecutivo, a scapito del meccanismo tradizionale che prevedeva la nomina dei successori direttamente dal presidente.
3) definizione delle funzioni operative e commerciali del gruppo, in quanto, essendo AGC stata accusata per un eccessivo accentramento delle varie funzioni aziendali, decise di separarle in group corporate functions e business operating functions. Queste ultime furono affidate alle in-house companies e alle SBU per garantire loro maggiore autonomia rispetto al passato; le prime vennero distinte in global corporate Service (ad esempio pianificazione strategica, comunicazione e controllo finanziario) e regional shared service (come contabilità e gestione delle risorse umane) le quali venivano imputate a ciascuna unità di business a differenza delle altre.

3) Quali sono le premesse del modello EVA? Hanno senso?
Il modello EVA è un indicatore volto a evidenziare il valore aggiunto creato dalla differenza tra il ritorno attuale e quello aspettato, moltiplicato per il capitale investito: se una società ottiene un ritorno maggiore di quello aspettato, allora è stato creato valore per i creditori e gli azionisti. Esso viene usato come strumento per valutare con più efficacia le performance del management e per permettere una migliore allocazione delle risorse. Considerando la creazione di valore economico questo modello favorisce il bilanciamento degli interessi tra gli stakeholder e gli shareholder.
Questo modello risulta più appropriato delle misure di performance tramite valori contabili in quanto esse dipendono da convenzioni contabili talvolta limitanti, non considerando il futuro privilegia i risultati di breve periodo e non sono in grado di catturare fattori di efficacia strategica, deducendo esclusivamente il costo del capitale del debito; mentre l’EVA, tramite opportune rettifiche dei valori contabili dai quali deriva, incorporando un tasso sia per l’uso di debito che di capitale proprio rende i manager più consapevoli dei costi del capitale impiegato portandoli ad allocare più efficientemente le scelte di investimento.
L’EVA può essere incrementato in diversi modi: aumento del capitale esistente, investimento in progetti con spread positivo, rinunciare ad attività a spread negativo, ottimizzazione della struttura del capitale, allungamento del periodo di vantaggio competitivo. Ma bisogna tenere in considerazione che la massimizzazione della ricchezza degli azionisti è garantita solo se viene massimizzato il valore attuale degli EVA futuri, nel breve periodo un EVA positivo o in aumento non è garanzia sufficiente per la creazione di valore.
Nonostante ciò viste le numerose rettifiche possibili (160) e la diversa applicazione a seconda della tipologia di impresa questo modello può portare a disorientamento e confusione da parte del management, oltre ad incentivare comportamenti opportunistici al fine di massimizzare il valore del risultato operativo. In questo caso per AGC la situazione risulta estremamente complessa perché opera in diversi settori (elettronico, vetro, chimico) dislocandosi in numerosi paesi con diversi principi contabili utilizzati e condizioni di mercato.
In conclusione questo metodo di valutazione delle performance risulta coerente con il presente in quanto ora, rispetto al passato caratterizzato da una minore mobilità del capitale, le imprese si trovano a competere oltre che nel mercato dei prodotti anche nel mercato dei capitali costringendo a considerare nelle scelte operative anche il rendimento atteso dagli investitori che ha come conseguenza l’allineamento degli interessi del management con quello degli azionisti.

4) Come valuteresti il sistema EVA implementato da Asahi? Gli raccomanderesti dei cambiamenti?
L’indicatore EVA imposto da Asahi per la propria azienda è dato dalla seguente formula:
EVA = NOPAT – CE x WACC dove - il NOPAT indica il risultato netto operativo dell’azienda calcolato dopo le imposte (NOPAT = EBIT x (1- tax rate)), tale indice risulta essere potenzialmente suscettibile ad oltre 160 rettifiche dovute in base ai principi contabili a cui sono soggette le imprese a seconda del paese in cui si trovano, creando quindi possibili equivoci nella valutazione dell’impresa stessa nel caso questa abbia una dimensione internazionale come nel caso della Asahi Glass Corporation.
- per Capital Employed (CE) viene indicato il capitale impiegato dall’impresa per sostenere i propri progetti di investimento. Il capitale di finanziamento è solitamente diviso in due parti: da una parte possiamo trovare il capitale fornito dagli azionisti dell’azienda, mentre dall’altra il capitale che è possibile reperire tramite il mercato dei capitali. Il rapporto che determina la quantità di D/E è basato sui valori di mercato: nel caso di Ashai tutte le controllate hanno un rapporto costante di D/E pari a 0.7, cioè una situazione nella quale il patrimonio netto supera l’indebitamento rendendolo così sostenibile.
- per WACC si indica il costo medio ponderato del capitale, dato dalla media ponderata tra il costo del capitale proprio e il costo del capitale di debito (WACC = D/D+E x (1-Tr) x Rd + E/D+E x Re). Se il peso del rapporto tra D/E è dato dal mercato il costo del capitale proprio e del debito varia in relazione a tre variabili: il tasso privo di rischio, il beta e il premio per il rischio di mercato.
Re = Rfree rate + β x MRP
Rd = Rfree rate + Credit Spread
Per tasso privo di rischio si fa riferimento al rendimento dei titoli di stato a lungo termine, volti a essere confrontati in termini di redditività e di rischiosità con i progetti di investimento, per beta si intende il differenziale di rischiosità sistematica dell’impresa rispetto al rischio medio del settore di appartenenza mentre il premio per il rischio di mercato rappresenta la remunerazione necessaria a compensare il rischio che si intraprende.
Come è possibile osservare nell’exhibit 8 ciascun paese presenta diversi tassi privi di rischio nei paesi industrializzati e diversi costi del debito prima delle imposte, costi del debito dopo le imposte, premi per il rischio di mercato, costo del capitale proprio e di debito, rendendo non comparabili i risultati che è possibile ottenere tramite la formula del WACC e di conseguenza del modello EVA. Queste distorsioni dovute a diversi tassi, di conseguenza, potrebbero portare l’azienda Asahi a distribuire in maniera erronea le proprie risorse e a valutare in maniera non corretta l’operato dei propri manager, non favorendo quindi una crescita volta a cogliere le opportunità che il mercato è in grado di offrire. L’unico caso in cui il modello EVA risulterebbe essere valido è quando la struttura delle aziende è uniforme, fornendo quindi i presupposti per una base di coerenza per il confronto tra i risultati raggiunti.

5) Compreresti le azioni di Asahi?
AGC opera in più business, tra i quali figurano la produzione di pannelli di vetro, prodotti chimici, elettronici e display. Il portafoglio dell'impresa, in questo modo, è diversificato in quanto si tratta di una azienda multi-business e in più questi ultimi risultano non correlati tra loro. Questa situazione è positiva per l'azienda poiché riduce il rischio specifico, ma non è necessariamente indispensabile per gli azionisti in quanto questi ultimi potrebbero fare uso del mercato dei capitali per realizzare un portafoglio di titoli e azioni ben diversificato. In più potrebbero essere vittime di moral hazard e adverse selection, in quanto non possono controllare direttamente l’operato dei manager. Inoltre gli azionisti possono assumere decisioni individualmente e senza tutte le "catene decisionali" che caratterizzano la struttura gerarchica di ogni impresa.
Inoltre, confrontando e osservando i bilanci (exhibit 1) relativi alla chiusura degli esercizi del 2001/02/03 rileviamo che negli ultimi due anni l'azienda è in perdita a differenza dell'anno 2001. Facendo un'analisi orizzontale del bilancio comparato si nota che la divergenza tra i risultati è data prevalentemente dalla vendita di componenti straordinari di reddito, che quindi sono per la loro stessa natura eccezionali e infrequenti; per questo motivo una azienda che genera risultati positivi composti per la maggior parte da proventi derivanti dalla gestione straordinaria non possiede una situazione economica-finanziaria attraente per gli shareholder.
Riguardo all'utilizzo del modello EVA, vi sono alcuni manager convinti nell’utilizzo della strategia implementata, mentre altri senior manager rimangono restii riguardo all'efficienza dell'applicazione di questo modello; ciò potrebbe generare dei conflitti inficiando una più fluida gestione aziendale. Se sono poi gli stessi manager insicuri della corretta valutazione del valore generato dall'impresa, quanta fiducia possono riporre gli azionisti negli investimenti?
Infine, AGC presenta un alto debito che però annuncia voler ridimensionare; ma non precisa in che maniera intende diminuire la percentuale di indebitamento sul totale del capitale. Se limitasse gli investimenti, come per esempio quelli in ricerca e sviluppo, si otterrebbe, sì, una minor incidenza di debito nel breve periodo, ma, al contempo, una sempre minore opportunità di crescita dell'impresa nel lungo periodo e ciò potrebbe ripercuotersi negativamente sui risultati e sui rendimenti futuri, dando luogo al fenomeno della miopia manageriale.
Concludendo, date le condizioni di AGC in quegli anni, noi non compreremmo le sue azioni per tutti i motivi sopra elencati, in quanto un azionista riesce comunque a creare un portafoglio ben diversificato con azioni correlate negativamente tra loro tramite un efficiente mercato dei capitali; per quanto riguarda l'impresa, al momento risulta essere in perdita e nel 2001 un contributo consistente fu provocato da proventi extra caratteristici. Infine, a nostro parere, se un'impresa rinunciasse ad investimenti in attività di ricerca e sviluppo, condannerebbe se stessa in quanto le probabilità e le prospettive di crescita si limiterebbero, così come la creazione di valore per gli azionisti.

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