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Resonsibility of Cra in the Latest Financial Crisis

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Submitted By tommygoes
Words 15852
Pages 64
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO-BICOCCA
Dipartimento di Scienze Economico-Aziendali e Diritto per l’Economia
Corso di Laurea in Economia delle Banche, delle Assicurazioni e degli Intermediari
Finanziari

TESI DI LAUREA
“La responsabilità delle agenzie di rating nella recente crisi finanziaria e la conseguente regolamentazione a livello europeo”

Relatore
Ch.ma Prof.ssa Francesca Mattassoglio
Laureando
Tommaso Todesco
Matricola 753238

ANNO ACCADEMICO 2013-2014

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Indice
1. Introduzione ………......………………………………………………………4

2. Che cosa sono le agenzie di rating?…………………………………………. 5
2.1 Ruolo e compiti……...…………………………………………………... 5
2.2 Breve storia e importanza della reputazione ..…………………………7
2.3 I principali prodotti delle agenzie di rating...…………………………..9
2.4 Il procedimento di assegnazione del rating .…………………………. 12

3. I rating: mere opinioni o responsabilità civile?.......................................... 14
3.1 L’importanza dei rating per il sistema finanziario.....……...………. 14
3.2 L’importanza dei rating per i mercati finanziari.…………………… 16
3.3 L’importanza dei rating per gli Stati ………………………………... 18
3.4 L’importanza dei rating per gli istituti creditizi ……………………. 19
3.5 La responsabilità civile delle agenzie di rating ……………………... 20

4. Le responsabilità delle agenzie di rating ………………………………… 23
4.1 Le criticità delle agenzie di rating …………………………………… 23
4.2 Le responsabilità delle agenzie di rating nella crisi dei mutui subprime ………………………………………...27
4.3 Le responsabilità delle agenzie di rating nella crisi del debito sovrano ………………………………………… 30
5. Il lungo cammino della regolamentazione europea ……………………... 33
5.1 La regolamentazione prima del 2009: Europa contro USA ……….. 33

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5.2 I codici di autoregolamentazione IOSCO …………………………… 34
5.3 Il Regolamento 1060/2009 …………………….……………………… 36
5.3.1 Il contesto ……………………………………………………...... 36
5.3.2 Struttura, finalità e ambito di applicazione ……………..……. 37
5.3.3 Trasparenza e prevenzione dei conflitti di interesse ……...….. 38
5.3.4 Il sistema delle registrazioni …………………..……………….. 39
5.4 Il Regolamento 462/2013 …………………………..…………………. 40
5.4.1 Il contesto ………………………………………..…………….... 40
5.4.2 Le finalità ………………………………..……………………… 41
5.4.3 La limitazione del ruolo delle agenzie di rating ………..…….. 42
5.4.4 I rating sovrani ………………..……………………………….. 42
5.4.5 I conflitti di interesse ………………………..…………………. 43
5.4.6 La responsabilità civile delle agenzie di rating ..…………….. 43

6. Conclusione …………………………………………..……………………. 44

7. Bibliografia ………………………………………………..……………….. 46
7.1 Sitografia ………………………………………..………………… 47

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1. Introduzione
Le agenzie di rating hanno conosciuto negli ultimi anni un vero e proprio boom mediatico, legato, in particolar modo, alla recente crisi economica. Il loro ruolo all’interno dell’architettura finanziaria e i metodi utilizzati per giungere alle valutazioni sono stati pesantemente messi in discussione da economisti e giuristi.
Gravi problemi di trasparenza e di qualità del rating, così come dannosi conflitti di interesse, hanno reso il sistema valutativo territorio scivoloso e contraddittorio, in cui si è reso necessario un intervento normativo forte, seppur attuato in colpevole ritardo, che si è prevalentemente concentrato su tre elementi: riduzione dell’affidamento alle agenzie di rating per la valutazione di prodotti finanziari, miglioramento della trasparenza, sia metodologica che dei rapporti esistenti tra emittente e agenzia, e introduzione di efficienti sistemi di registrazione.
Lo scopo di questo elaborato è duplice: cercare di dimostrare le responsabilità delle agenzie di rating nella crisi dei mutui subprime e nella crisi del debito sovrano, sottolineando l’importanza delle Credit Rating Agencies nel sistema finanziario, e illustrare gli interventi normativi introdotti a partire dal 2009, per far fronte ad un sostanziale buco legislativo, in un’ottica unicamente europea. Il punto di partenza utilizzato per la dimostrazione prende in considerazione i dati relativi ai repentini declassamenti di prodotti di finanza strutturata messi in atto dalle tre più importanti agenzie di rating, il caso specifico di Lehman Brothers, colosso statunitense i cui bond erano valutati con la “tripla A” fino pochi giorni prima del fallimento e la correlazione esistente tra declassamenti del debito sovrano e aumento dei tassi di interesse dei titoli di Stato. Gli interventi normativi sono invece trattati attraverso l’analisi dei più importanti punti emersi dai Regolamenti comunitari in tema di agenzie di

rating.

Il presente lavoro si articola in quatto capitoli. Nel primo viene delineato il fenomeno delle agenzie di rating attraverso sintetici cenni temporali, principali tipologie di

valutazione

offerte

e

descrizione

del

processo

valutativo.

Nel secondo capitolo vengono introdotte ed analizzate due tematiche: l’importanza delle agenzie per gli Stati, per le banche e per i mercati finanziari e il ruolo del rating, non solo una mera opinione sul merito creditizio di un emittente o

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sulla qualità di un prodotto finanziario, bensì uno strumento potente e persuasivo, che pone l’agenzia che lo emette in una posizione di responsabilità nei confronti degli investitori.
La prima parte del terzo capitolo si concentra sulle principali criticità riscontrate nelle agenzie di rating fino all’introduzione dei regolamenti comunitari. Tali criticità riguardano principalmente la mancanza di trasparenza nell’emissione del rating, i conflitti di interesse del modello issuer pays e l’incapacità da parte delle Credit
Rating Agencies di emettere un giudizio equo su prodotti di finanza strutturata.
La seconda parte del terzo capitolo, invece, utilizza gli elementi analizzati nella prima parte, oltre ad alcuni dati statistici, per provare a dimostrare le responsabilità delle agenzie nella

crisi dei mutui e in quella del debito sovrano.

Il quarto capitolo, infine, pone sotto la lente di ingrandimento le sterili normative esistenti prima dello scoppio della crisi del 2007 (Codici di Autoregolamentazione
IOSCO) e gli interventi posti in essere dall’Europa a partire dal 2009 (Regolamento
UE 1060/2009 e Regolamento UE 462/2013).

2. Che cosa sono le agenzie di rating?

2.1. Ruolo e compiti
In un mercato che si definisce efficiente, come affermato dal noto economista
Fama1, i prezzi di tutte le attività finanziarie dovrebbero riflettere ogni tipo di informazione pubblica disponibile sull’attività stessa e sull’emittente dell’attività. In effetti, a livello teorico, il prezzo di un prodotto finanziario è il risultato dei flussi di cassa generati, attualizzati ad un tasso di interesse, conosciuto come “cost of equity”, che rappresenta il tasso di rendimento minimo che un’azienda deve offrire ai propri investitori al fine di remunerare i fondi da questi ricevuti. I flussi di cassa e il tasso di interesse, sempre in un contesto di mercato efficiente, dovrebbero mutare in relazione alle nuove informazioni disponibili immediatamente scontate ed incorporate. Nella realtà, tuttavia, è difficile che si verifichi una situazione di piena
1

Fama E.F. (1970), Efficient Capital Market: a Review of Theory and Empirical Work, in “The
Journal of Finance”, 25(2), disponibile al sito http://www.jstor.org/stable/2325486 , consultato a
Luglio 2014

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disponibilità di informazioni da parte degli operatori e degli investitori. Molto spesso accade che gli emittenti abbiano maggiori informazioni rispetto al resto dei soggetti che operano nel mercato. E poiché gli emittenti, il cui unico interesse in un mercato è quello di finanziarsi ad un tasso di interesse più basso, hanno obiettivi diametralmente opposti rispetto agli investitori (i quali vorrebbero ottenere una remunerazione che sia coerente con il livello di rischio assunto), essi saranno portati a far credere al mercato di avere un profilo di rischio più basso. Questa opposizione di obiettivi genera la cosiddetta asimmetria informativa. In concreto, esistono due tipi di asimmetria informativa: il moral hazard e l’adverse selection. La selezione avversa si compie prima che si instauri il rapporto tra emittente ed investitore. Essa si verifica quando non esiste la possibilità di distinguere il livello di rischio e la solvibilità delle diverse categorie di emittenti: il tasso di interesse che si genera sul mercato, in assenza di informazioni, è troppo alto per gli emittenti con un basso livello di rischio. Questi ultimi decideranno di finanziarsi in maniera alternativa, uscendo dai mercati finanziari. Rimarranno, quindi, solamente gli emittenti più rischiosi, e, nel lungo periodo, si assisterà ad un deterioramento della qualità del mercato. Il rischio morale, invece, si manifesta nel momento in cui la relazione emittente-investitore è già stata posta in essere attraverso un contratto che prevede prestazione e contro-prestazione. Esso si può manifestare in due modi: o l’emittente può comportarsi in maniera opportunistica, ovvero in maniera differente da quanto pattuito nel contratto, sfruttando l’impossibilità da parte dell’investitore di monitorare il merito di credito dell’emittente, oppure l’investitore può aggravare la sua esposizione al rischio contro il quale si assicura, in modo da poter ottenere il risarcimento previsto dal contratto. Quest’ultima situazione è tipica dei contratti assicurativi. Ed è proprio in questo contesto di asimmetria informativa, amplificato da processi di disintermediazione del credito e di sviluppo dell’innovazione finanziaria, che le agenzie di rating possono svolgere un ruolo fondamentale2. Infatti, per poter evitare problemi di adverse selection, gli investitori hanno due possibilità: possono utilizzare le segnalazioni (signaling) di altri soggetti che hanno già avuto a che fare con

2

De Bellis M. (2010), La nuova disciplina europea delle agenzie di rating, in “Giornale di Diritto
Amministrativo 5/2010”, 16(5), pagina 454

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l’emittente, oppure possono affidarsi ad un soggetto esterno che possieda gli strumenti necessari per valutare il merito creditizio degli emittenti, ovvero le agenzie di rating. Anche gli emittenti, d’altro canto, possono sfruttare efficientemente il ruolo delle CRA (Credit Rating Agency), sempre attraverso la teoria della segnalazione.
L’elevato merito creditizio può essere riconosciuto dalle agenzie di rating, e gli emittenti che si fregiano di tale identificazione sono in grado di segnalarsi al mercato come soggetti di qualità, riuscendo a finanziarsi ad un costo minore, attraverso un cost of equity più basso. Le agenzie di rating, inoltre, sono anche in grado di ridurre il moral hazard degli emittenti, i quali, sapendo di essere costantemente monitorati dalle CRA, e al fine di evitare declassamenti che aumenterebbero il costo di finanziamento, eviteranno di operare in maniera scorretta nei confronti degli investitori. Le agenzie di rating, quindi svolgono un duplice ruolo: possono essere istituzioni preposte alla raccolta e all’elaborazione di informazioni relative agli operatori di mercato e, contemporaneamente, aiutano nell’applicazione dei contratti, rendendo il sistema finanziario più propenso alla concessione di credito. Il ruolo benefico delle CRA è dimostrato anche a livello statistico3: i paesi con un elevato livello di informazione condivisa hanno un più elevato livello di prestiti bancari, in rapporto al prodotto nazionale lordo, e un più basso rischio di default.

2.2 Breve storia e importanza della reputazione
Lo sviluppo delle agenzie di rating è un fenomeno relativamente giovane. Esse appaiono infatti sulla scena dei mercati finanziari solo ad inizio Novecento, quando il mercato obbligazionario era ormai sviluppato da tre secoli. Il loro luogo di origine sono gli Stati Uniti. Inizialmente, i dati statistici pubblicati dai pionieri John Moody e
Henry Poor riguardavano le sole imprese ferroviarie. Risale al 1868 il “Manual of the
Railroads of the United States” di Poor. Fu solamente dopo la poco conosciuta crisi finanziaria del 1907 che vennero formulate le prime valutazioni sull’affidabilità finanziaria dei singoli emittenti.
Il primo rating venne pubblicato nel 1909 da John Moody4. Alla fine degli anni
Venti, la Grande Depressione fece avvertire agli investitori l’esigenza di avere dei

3
4

Ferri G., Lacitignola P. (2009), Le agenzie di rating, Bologna, Il Mulino, pagina 32
Id., pagina 33

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rating che li aiutassero nelle decisioni di investimento. In questo modo, la reputazione delle agenzie crebbe in maniera considerevole, tanto che le stesse CRA vennero incluse nella regolamentazione finanziaria statunitense. Da allora, tuttavia, iniziò una lunga fase di declino, che si protrasse fino agli Novanta. Le cause della decadenza furono principalmente due: per prima cosa, le obbligazioni in circolazione nei mercati finanziari, fino agli anni settanta, erano prevalentemente emesse da governi ed enti federali, ed erano quindi considerate pienamente affidabili. A ciò si aggiunse l’impossibilità per le agenzie di rating di svilupparsi su mercati internazionali, limitando la possibilità di successo.
Una nuova fase d’oro per le agenzie americane si ebbe tra gli anni Settanta e gli anni Novanta. Grazie ad una costante espansione del mercato privato, il ruolo delle agenzie tornò ad essere fondamentale. Inoltre, grazie alla deregolamentazione degli anni Novanta e allo sviluppo della finanza strutturata, vennero esplorati nuovi scenari. La copertura geografica delle agenzie di rating è notevolmente aumentata negli ultimi anni. Ciò è dovuto principalmente allo sviluppo delle quote di mercato e della reputazione delle tre principali agenzie di rating, Moody’s, S&P e Fitch, definite agenzie globali, e all’affiancamento di agenzie di rating regionali e nazionali, particolarmente apprezzate dalle piccole e medie imprese.
La struttura delle agenzie globali è di tipo oligopolistico. Quelle già operanti nel settore possiedono un’ampia quota di mercato, mentre per le agenzie che si affacciano per la prima volta nel business è difficile guadagnare consistenza.
Nonostante la Commissione di Basilea segnali l’esistenza di circa 150 agenzie di rating in tutto il mondo, il mercato è controllato da poche CRA. Il Wall Street
Journal, nel 2003, ad esempio, stimava che la quota di mercato globale combinata di
Moody’s e S&P raggiungesse l’80%, con Fitch al 14%. Statisticamente, le tre agenzie di rating più grandi ed antiche detenevano, nel 2003, circa il 94% della quota di mercato. Risulta evidente, quindi, il ruolo della reputazione in un settore complesso e delicato come quello del rating. Da un’indagine del 2001 del JCIF
(Japanese Center for International Finance) risulta che, in percentuale, il fattore più importante per la selezione, da parte degli investitori, dell’agenzia di rating è rappresentato dall’influenza e dalla riconoscibilità dell’agenzia stessa (circa il 38%).
La reputazione e la percezione di una maggiore affidabilità permettono alle tre

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principali agenzie statunitensi di “bloccare” il mercato, limitando l’ingresso di nuove società, con i problemi di competitività e di rating non richiesti che verranno analizzati alla fine di questo capitolo. La percezione di maggiore affidabilità di
Moody’s e S&P potrebbe essere spiegata, secondo Ferri e Lacitignola, dalla teoria di finanza comportamentale secondo cui gli emittenti e gli investitori sarebbero portati a ritenere che le agenzie più grandi e conosciute siano anche quelle più affidabili.
La reputazione, inoltre, dovrebbe giocare un ruolo fondamentale anche nella qualità del rating: ogniqualvolta le agenzie di rating svolgono una valutazione, mettono in gioco la propria considerazione agli occhi degli investitori, costruita nel tempo. La possibilità di perdere tale reputazione dovrebbe essere percepita dalle agenzie più importanti come uno stimolo ad emettere rating di qualità. La reputazione può essere considerata quindi il motore alla base della qualità dei rating e della struttura oligopolistica del mercato delle agenzie di rating.

2.3 I principali prodotti delle agenzie di rating
Il prodotto attraverso il quale le agenzie di rating emettono il proprio giudizio sugli emittenti e sugli strumenti finanziari è il rating. Secondo la definizione fornita da
Standard & Poor’s esso rappresenta “un’opinione sul merito di credito complessivo del debitore oppure sul merito di credito del debitore con riferimento a una particolare obbligazione finanziaria, valutato sulla base di una serie di fattori di rischio rilevanti”. Come sottolineato dalla dottrina5, tuttavia, il giudizio di rating non rappresenta una raccomandazione di investimento ed incorpora semplicemente il rischio di default di un emittente o di uno strumento, escludendo ulteriori rischi, come per esempio il rischio di cambio, il rischio di frode, il rischio di liquidità e il rischio di mercato. Nonostante questa limitazione il rating è divenuto negli ultimi anni lo strumento più utilizzato dagli operatori di mercato nelle decisioni di investimento, e viene da molti definito come l’innovazione finanziaria più importante del ventesimo secolo, epoca in cui, per la prima volta, vennero costituite società ad hoc con il compito di valutare il rischio di credito di emittenti e strumenti finanziari6.

5
6

De Bellis M., op. cit., pagina 455
Ferri G., Lacitignola P., op. cit., pagina 39

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Il rating è in grado di sintetizzare una lunga serie di informazioni quantitative e qualitative, e di riassumerle attraverso un semplice valore alfanumerico. Scendendo nella scala adottata, che varia per le diverse agenzie, aumenta il rischio di insolvenza.
La scala dei rating può essere divisa in due gruppi grandi gruppi: investment grade e speculative grade, come verrà analizzato in seguito.
Si noti che proprio la sinteticità rappresenta contemporaneamente il punto di forza e la debolezza dei rating. Mentre infatti essi risultano essere accessibili ad ogni tipo di investitore, per la grande semplicità interpretativa fornita (è estremamente facile ed intuitivo comprendere che uno strumento di debito con rating A sia meno rischioso di uno strumento con rating B), possono anche dare luogo ad un eccessivo affidamento da parte degli stessi. I valori alfanumerici consentono un giudizio
“immediato”, che, normalmente, non porta né spinge gli investitori ad una maggiore analisi, necessaria per una visione d’insieme dell’emittente o dello strumento finanziario. I rating più tradizionali prodotti dalle agenzie sono tre: i rating che valutano il rischio di credito dei singoli strumenti di debito emessi (i c.d. issue rating), i rating che valutano il rischio dell’emittente (issuer rating) e i rating dello stato sovrano (o sovereign rating). Tuttavia, negli ultimi anni, le agenzie hanno introdotto varianti ai loro vecchi prodotti, o li hanno perfezionati. Ferri e Lacitignola (2009) individuano sei tipi di rating, ognuno con una caratteristica peculiare:
1. I “bond rating”, o rating obbligazionari, rappresentano uno dei più importanti prodotti di valutazione del merito creditizio dell’emittente, e sono attribuiti ai prestiti obbligazionari. Essi valutano la probabilità di default e la probabilità di un ritardo nel pagamento degli interessi o del rimborso del capitale iniziale. Una volta emesso il rating, esso è soggetto a periodiche revisioni in seguito all’accadimento di eventi che potrebbero modificare il merito creditizio. A volte i bond rating possono coincidere con l’issue rating.
2. I “sovereign credit rating” sono una stima della probabilità di fallimento di uno stato sovrano, ovvero la sua impossibilità a far fronte alle obbligazioni emesse, i titoli di stato. I fattori presi in considerazione per il calcolo della probabilità di default sono molteplici, e possono essere di natura pubblica, come dati economici, sociali e politici, oppure di natura non pubblica. Essi vanno dal reddito pro capite

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all’inflazione, dalla bilancia dei pagamenti all’indebitamento, fino al grado di sviluppo economico, alla crescita del PIL, alla storia dei fallimenti e al livello di stabilità politica. Come vedremo in seguito, i rating sovrani hanno un enorme peso nella determinazione dei tassi di interesse dei titoli di stato.
3. I “bank financial strenght rating” sono particolari tipi di rating che valutano la solidità e la sicurezza finanziaria intrinseca delle banche. Essenzialmente questi rating misurano la probabilità che un istituto creditizio possa trovarsi, in futuro, in una situazione di necessità, e debba quindi ricorrere a organismi di supporto finanziario governativi e intergovernativi.
4. Gli “issuer rating”, come già accennato, valutano il merito creditizio di un emittente. Sono opinioni sulla capacità dell’issuer di far fronte alle proprie obbligazioni non garantite da collaterali
5. I “claim-paying ability rating” rappresentano i rating relativi alla solidità finanziaria delle compagnie assicurative. Misurano l’abilità dell’agenzia di pagare in maniera puntuale i risarcimenti e i rimborsi reclamati dai clienti delle polizze
6. Infine, i “bank loan ratings” valutano i prestiti bancari, nelle differenti tipologie e catturano, oltre al merito di credito delle imprese che ricevono il prestito, anche i benefici derivanti dalle garanzie collaterali
Un’ulteriore e fondamentale distinzione è quella tra rating richiesti, i cosiddetti solicited rating, e i rating non richiesti, o unsolicited rating. Generalmente il rating viene rilasciato su richiesta del soggetto valutato, al fine di ridurre la selezione avversa e di segnalarsi al mercato per il proprio merito creditizio. Si configura così un rapporto contrattuale in cui l’emittente fornisce le informazioni necessarie, pubbliche e private, all’agenzia di rating, in modo tale che quest’ultima sia in grado di eseguirne un’adeguata valutazione. I rating non richiesti, invece, rappresentano un’eccezione tipica di questi ultimi anni, e sollevano specifici problemi. Mentre i rating richiesti utilizzano sia informazioni di dominio pubblico sia informazioni private fornite dall’emittente, contribuendo ad aumentare l’efficienza del mercato, lo stesso non si può dire dei rating non richiesti. Infatti essi sfruttano solo le informazioni di dominio pubblico, in quanto, in assenza di un rapporto contrattuale, gli emittenti non consegnano alle agenzie ulteriori dati. Inoltre, attraverso i rating non richiesti, le agenzie possono porre in essere comportamenti speculativi, valutando

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negativamente gli emittenti e costringendoli a richiedere un ulteriore rating, questa volta corredato anche di informazioni private, al fine di aumentare il merito creditizio. Questo aspetto speculativo è suffragato dalle statistiche: secondo la JCIF
(Japanese Center for International Finance), i rating unsolicited tendono ad essere meno elevati degli omologhi solicited.
Ai fini speculativi dei rating non richiesti, le agenzie affiancano anche fini di visibilità. Infatti, in un mercato fortemente legato alla reputazione, la possibilità di emettere rating non richiesti consente alle CRA minori di farsi conoscere. In tal senso, quella dei rating non richiesti, rappresenta una prassi atta a favorire la concorrenza in un mercato assolutamente oligopolistico.

2.4 Il procedimento di assegnazione del rating
Il procedimento di assegnazione del rating, seppur leggermente differente da agenzia ad agenzia, presenta una struttura di fondo pressoché uguale per ogni CRA.
La durata del processo oscilla dalle 4 alle 6 settimane7. Solitamente l’impulso dell’assegnazione del rating viene fornito dall’emittente. È il caso, già analizzato in precedenza, del rating richiesto. Ogni società che richiede una valutazione viene seguita da un apposito gruppo di lavoro, impegnato a svolgere attività di ricerca ed analisi. Tale gruppo di lavoro viene definito analytical team, ed analizza, nel caso di rating richiesto, sia le informazioni pubbliche disponibili, riguardanti l’impresa, sia informazioni private, fornite dalla stessa. Per quanto riguarda i rating non richiesti, vengono analizzati solamente i dati pubblici disponibili. Gli aspetti presi in considerazione dall’analytical team per l’emissione del rating sono molteplici. La dottrina8 suole dividerli in criteri qualitativi e criteri quantitativi. Le principali variabili qualitative sono:
 La prospettiva di crescita dell’emittente valutata rispetto ai competitors, del settore di operatività e della tecnologia;

7

Linciano N. (2004), L’impatto sui prezzi azionari delle revisioni dei giudizi delle agenzie di rating.
Evidenza per il caso italiano, in “Quaderni di Finanza Consob N.57”, pagina 7, disponibile al sito: www.consob.it/documenti/quaderni/qdf57.pdf , consultato a Luglio 2014
8
Ferri G., Lacitignola P., op. cit., pagina 44

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 Il fabbisogno di capitale, inteso come grado di intensità del capitale fisso o circolante, il fabbisogno di capitali aggiuntivi e il fabbisogno di capitale per investimenti in ricerca e sviluppo;
 L’ambiente produttivo, ovvero la natura dei prodotti (differenziati o generici), i concorrenti (nazionali o esteri), le barriere all’entrata e l’ambiente regolamentare;
 La diversificazione (e l’abilità nel gestirla) e la struttura proprietaria, oltre alla solidità del legame con imprese controllate e/o controllanti.
I criteri quantitativi, invece, riguardano i rischi più propriamente finanziari. Gli indicatori principali presi in considerazione sono:
 L’adeguatezza dei flussi di cassa, ovvero i rapporti di copertura del tasso di interesse, l’EBIT e l’EBITDA;
 La struttura del capitale, intesa come l’indebitamento e la struttura dello stesso;
 La profittabilità, valutata attraverso il ROE, il ROA, le performance storiche, attuali e previste, la volatilità dei ricavi e le performance durante i cicli economici favorevoli e sfavorevoli;
 La flessibilità finanziaria, legata a problemi legali, coperture assicurative e obbligazioni nei confronti delle entità affiliate;
I dati analizzati dall’analytical team vengono trasmessi al rating committee. La commissione effettua la proposta di rating che viene votata da tutti i suoi membri.
Una volta raggiunto l’accordo, il rating viene comunicato all’emittente. Qualora quest’ultimo ritenga che la valutazione attribuitagli non rispecchi in maniera fedele il suo merito di credito, può chiedere il processo d’appello, fornendo ulteriori dati. Una volta trovato l’accordo tra le due parti, il giudizio viene divulgato attraverso i principali canali di informazione finanziaria, insieme ad un comunicato nel quale vengono riportate le motivazioni alla base della valutazione. Una volta emesso, il rating è soggetto a revisione almeno una volta all’anno da parte dell’agenzia, o ogniqualvolta sussistano condizioni in cui il merito creditizio può cambiare.
Il processo di assegnazione del rating dovrebbe essere articolato e pensato in maniera tale che il merito creditizio di uno stesso emittente possa essere comparabile nel tempo, nello spazio e tra aree di attività. Soprattutto nel settore dei rating, infatti, la necessità di uniformità dei criteri di giudizio applicati da agenzie diverse è

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evidente. Spesso, infatti, negli ultimi anni, si è assistito alla richiesta di uno stesso emittente di ottenere valutazioni da parte di più agenzie di rating (il cosiddetto fenomeno del “rating shopping”, analizzato nel terzo capitolo), al fine di divulgare al pubblico solamente quello più favorevole. Così come evidenziato da N. Linciano9, queste condizioni di omogeneità non sono sempre soddisfatte. Alcune agenzie, come per esempio Moody’s, si sono adoperate per smussare parte delle criticità riscontrate.
Restano, tuttavia, problemi legati a metodologie poco chiare, difformi e non sempre giuste nei confronti degli emittenti e degli investitori. Solamente negli ultimi anni, a livello legislativo, questa esigenza è stata accolta, e, in Europa, i Regolamenti
1060/2009 e 462/2013 hanno cercato di stabilire regole comuni di trasparenza.

3. I rating: mere opinioni o responsabilità civile?
3.1

L’importanza

dei

rating

per

il

sistema

finanziario

L’importanza delle agenzie di rating all’interno del sistema finanziario è risultata evidente a partire dagli anni Settanta. Il loro principale polo di sviluppo, gli Stati
Uniti, stava attraversando, in quei decenni, cambiamenti fondamentali da un punto di vista dei mercati finanziari, come è già stato analizzato nel capitolo precedente.
Cambiamenti che hanno riguardato per anni il solo mercato statunitense. Ed è questo il motivo per cui le agenzie di rating sono state primariamente regolamentate proprio in quel contesto. Allo sviluppo del mercato finanziario privato e alla sostanziale liberalizzazione e deregolamentazione si era affiancata anche la convergenza, sempre maggiore, sui mercati dei capitali, di soggetti inesperti, per i quali l’informazione primaria risultava di difficile comprensione, per vastità e tecnicismo. Questa sostanziale incapacità da parte dei piccoli investitori, sempre più in ascesa in quel periodo, era amplificata dallo sviluppo della finanza strutturata10. È aumentata quindi, negli ultimi anni, l’esigenza di avere soggetti, come le agenzie di rating, in grado di fornire un vero e proprio parametro
9

Linciano N., op. cit., pagina 9
Facci G. (2008), Le agenzie di rating e la responsabilità per informazioni inesatte, in “IlCaso.it”, II,
99/2008
10

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selettivo sugli strumenti finanziari, di facile comprensione anche per gli utenti meno esperti. Soprattutto nel caso in cui gli operatori necessitino di agire in maniera celere, il rating offre un aiuto non indifferente, essendo un mezzo informativo unico, semplice da utilizzare, e sintetico. L’utilità delle agenzie è valida anche per gli emittenti, e non solo per i risparmiatori. Infatti, il successo commerciale di quasi tutte le emissioni di titoli di debito dipende dai rating che esse hanno ottenuto. Più il rating è di qualità, minore è il tasso di interesse che il mercato richiederà per remunerare il rischio della sottoscrizione. A ciò si aggiunge il caso di rating obbligatorio per l’emissione di strumenti finanziari. In questa situazione, quindi, le CRA non sono solo fondamentali per ottenere un tasso di interesse più basso, ma lo sono anche per poter consentire agli emittenti di finanziarsi mediante il mercato. In Europa, uno sviluppo più lento dei mercati finanziari ha ritardato di qualche anno la consapevolezza dell’importanza delle agenzie di rating.
Il ruolo delle agenzie di rating è riconosciuto nella “Comunicazione della
Commissione sulle agenzie di rating del credito (2006/C 59/02)”, pubblicato in
Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea. Nell’introduzione viene affermato che
“le agenzie di rating del credito svolgono un ruolo vitale sui mercati mondiali delle banche e dei valori mobiliari. È pertanto essenziale che forniscano costantemente rating indipendenti, oggettivi e della migliore qualità possibile”. All’ammissione dell’importanza dei rating si affianca anche il riconoscimento della necessità che essi siano di qualità, in modo da fornire agli investitori uno strumento realmente utile e completo, sottratto ai conflitti di interessi. Sempre secondo la
Comunicazione della Commissione11, i rating esercitano un’influenza notevole sui mercati finanziari per due ragioni: la prima riguarda la già citata facilità di comprensione dello strumento, utile per gli utenti e gli investitori meno esperti che si affacciano ai mercati e alla finanza strutturata. La seconda, invece, afferisce alla buona reputazione delle agenzie di rating, le quali sono viste dagli investitori come organismi che forniscono analisi imparziali, e quindi degne di essere considerate per eventuali decisioni. La reputazione delle agenzie di rating le porta ad essere
11

2006. “Comunicazione della Commissione sulle agenzie di rating del credito”, 2006/C 59/02,
Articolo 2.2, Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, 11 Marzo 2006

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soggetti estremamente influenti nel panorama dei mercati finanziari. Questa posizione di rilievo fa sorgere problemi di completa affidabilità degli investitori e di responsabilità civile delle CRA, che verranno analizzati successivamente.
L’importanza delle agenzie di rating, tuttavia, va oltre gli investitori e gli emittenti.
Nei paragrafi successivi verranno analizzate tre situazioni in cui i rating risultano essere indispensabili per gli Stati (e soprattutto per gli effetti che le valutazioni negative hanno sui rendimenti dei titoli di stato), per i mercati, specialmente nel caso italiano di Borsa Italiana S.p.A, e, infine, per gli istituti di credito, in seguito alla riforma di Basilea II.

3.2 L’importanza dei rating per i mercati finanziari
L’influenza delle agenzie di rating nei confronti degli emittenti e degli investitori si estende anche ai regolamenti delle borse. Gli obblighi di trasparenza, di comunicazione dei rating al pubblico e di valutazione per alcuni strumenti finanziari complessi, come gli Asset Backed Securities, vengono sanciti in maniera ufficiale anche attraverso la disciplina e le normative interne ai mercati finanziari.
Lampante è il caso italiano. I regolamenti dei mercati organizzati e gestiti da Borsa
Italiana S.p.A, la società facente parte del gruppo London Stock Exchange che a partire dal 2007 controlla la Borsa di Milano, riflettono in maniera coerente le ultime indicazioni

in

materia

di

CRA

fornite

dall’Unione

Europea.

Più nello specifico, il “Regolamento dei mercati organizzati e gestiti da Borsa
Italiana S.p.A”, entrato in vigore il 3 Marzo del 2014, nella sezione riguardante le condizioni per l’ammissione ai mercati organizzati, prevede l’obbligo di comunicazione, da parte degli emittenti, del rating sul merito di credito che hanno ricevuto da agenzie indipendenti, locali o internazionali. L’articolo 2.2.1, inserito nel Titolo 2.2, Capo 1, riporta infatti che:
“Nel caso in cui l’emittente sia stato oggetto di rating sul merito di credito da parte di un’agenzia di rating indipendente locale o internazionale nei 12 mesi antecedenti la domanda di ammissione, tale rating o il relativo aggiornamento, se pubblici, dovranno essere comunicati a Borsa Italiana. Tale informazione sarà diffusa al mercato nell’avviso in cui si stabilisce la data di inizio delle negoziazioni”

L’articolo citato viene ripreso per ogni singola categoria di emittente, ovvero per le società che emettono azioni (Capo 1), obbligazioni, anche quelle bancarie garantite

16

(Capo 3), strumenti finanziari derivati cartolarizzati (Capo 7), obbligazioni strutturate (Capo 8) e per le Investment Companies (Articolo 2.2.37). Poiché alcuni particolari segmenti dei mercati organizzati, come per esempio il Mercato
Telematico Azionario, presentano obblighi di elevata capitalizzazione, essendo stati concepiti per aziende medio - grandi, e poiché sono proprio le aziende medio grandi a richiedere maggiormente valutazioni da parte delle agenzie di rating, per il loro ampio ricorso al mercato ai fini di funding, la platea di imprese con l’obbligo di comunicazione

del

rating

è

particolarmente

ampia.

Per determinati prodotti di finanza strutturata esistono ulteriori obblighi, che vanno oltre la comunicazione del rating degli emittenti. L’articolo 2.2.32, infatti, introduce particolari requisiti per gli Asset Backed Securities, considerati da molti12 come una delle cause principali dell’instabilità e della crisi nel 2007. Ai fini dell’ammissione alla quotazione, le tranche degli ABS devono:
“Essere oggetto di valutazione, in via continuativa, da parte di almeno una delle agenzie di rating indipendenti indicate nelle Istruzioni. I rating richiesti dall’emittente e resi pubblici devono essere almeno pari al rating minimo indicato nelle Istruzioni”.

Per la particolare criticità di questi strumenti, vige quindi l’obbligo di valutazione delle tranche

emesse

in

seguito

a

fenomeni

di

cartolarizzazione.

Requisiti informativi sussistono anche per il segmento obbligazionario di Borsa
Italiana, dedicato agli investitori al dettaglio senza particolari competenze finanziarie, ovvero il Mercato ExtraMot. Per la tipologia di clientela al quale si rivolge, questo segmento necessita di requisiti di trasparenza maggiori rispetto, per esempio, al mercato MOT, dedicato agli investitori istituzionali in grado di valutare autonomamente il grado di rischio di emittenti e obbligazioni. È la sezione
“Condizioni per l’ammissione di strumenti finanziari”, nel suo articolo 220.3, a introdurre questi obblighi nei confronti di Stati emittenti facenti parte dell’OCSE, con l’esclusione degli Stati dell’Unione Europea. Questi emittenti, per poter operare sul mercato, devono possedere un rating “investment grade” assegnato da almeno due agenzie primarie di classamento creditizio. Valgono, inoltre, gli
12

Rapporto del Financial Stability Forum, Rafforzare la solidità dei mercati e degli intermediari, 7
Aprile 2008, disponibile al sito http://www.bancaditalia.it/media/notizie/FSF/RAPPORTO_FSF_7_Aprile_2008.pdf , consultato a
Giugno 2014 e Benmelech E., Dlugosz J. (2010), The Credit Rating Crisis, University of Chicago
Press, disponibile al sito http://www.nber.org/chapters/c11794 , consultato a Luglio 2014

17

obblighi informativi descritti dal già citato regolamento dei mercati organizzati e gestiti da

Borsa

Italiana

S.p.A.

3.3 L’importanza dei rating per gli Stati
I rating riguardanti i paesi sovrani si basano sulla presunta capacità degli Stati di onorare i propri impegni, nei modi e nei tempi descritti dai contratti stipulati. Tale capacità è determinata dalle agenzie di rating sulla base di dati di natura storica, macroeconomica e politica (precedenti default, PIL, debito pubblico, reddito pro capite, inflazione, stabilità politica ecc.). I declassamenti del merito creditizio degli
Stati generano timori nei mercati e hanno un effetto diretto sugli investitori, che chiedono automaticamente dei tassi di interesse più alti per tutelarsi dal rischio supplementare. Particolarmente colpito dai declassamenti dei rating degli Stati sovrani è il sistema Europa, che presenta un mercato del debito molto integrato.
Questo è dovuto al fatto che le istituzioni finanziarie dell’Eurozona possiedono titoli del debito di tutti i paesi dell’Unione, e di conseguenza un declassamento ha automaticamente ripercussioni

anche

sulla

loro

solvibilità13.

I Governi dei paesi non hanno risposto più, attraverso il proprio operato, solamente agli elettori e al Parlamento Europeo, bensì anche al mercato.
La situazione di instabilità è stata alimentata anche dai comportamenti delle agenzie di rating. Ha scritto Jean Quatremer sul quotidiano francese Libération, il
12 Giugno del 2011:
“Come le anatre selvatiche, le agenzie di rating volano in gruppo: ogni volta declassano un paese a pochi giorni una dall’altra e fanno le stesse analisi. Spesso queste agenzie seguono le paure del mercato, ma talvolta le anticipano, creano delle previsioni che si auto-avverano. Infatti, il declassamento obbliga gli investitori a vendere per prudenza, cosa che fa scendere il valore delle obbligazioni e conferma i timori del mercato in un crollo del debito”.

L’effetto domino descritto, causato dal repentino downgrade delle principali agenzie, amplifica il problema e investe gli operatori di mercato. Infatti, quando agenzie di rating che rappresentano il 95% dell’intero settore, come Fitch, Standard
& Poor’s e Moody’s, effettuano il declassamento di un debito sovrano, a pochi giorni una dall’altra, l’impatto sui mercati è maggiore. Il secondo problema citato
13

Gila P., Miscali M. (2012), I signori del rating, Torino, Bollati Boringhieri, pagina 120

18

da Quatremer è quello delle cosiddette “profezie autorealizzantisi” o “self-fulfilling prophecy”14: poiché le agenzie di rating hanno così tanta influenza sulle condizioni alle quali gli Stati possono ottenere i finanziamenti, le decisioni delle CRA possono essere autorealizzantisi. Cioè, un declassamento peggiorerà ancora di più la situazione in cui lo Stato versa, giustificando, di fatto, il downgrading.

3.4 L’importanza dei rating per gli istituti creditizi
I soggetti che usufruiscono dei servizi offerti dalle agenzie di rating non si esauriscono a investitori, Stati, emittenti e mercati finanziari. Anche gli istituti creditizi operano in stretto contatto con le CRA. Ciò soprattutto in seguito all’accordo di Basilea del 2004. Il comitato di Basilea riunisce i governatori delle
Banche Centrali dei ventisette paesi più industrializzati e opera in seno alla Banca dei Regolamenti Internazionali con lo scopo di promuovere la cooperazione tra le
Banche Centrali e la convergenza delle discipline nazionali. Il primo accordo del comitato, con oggetto i requisiti patrimoniali minimi degli istituti di credito, si ebbe nel 1988, e prese il nome di Basilea I. Sedici anni più tardi, nel 2004, su pressione dell’Unione Europea, il comitato si riunì nuovamente, introducendo nuove regole, contenute nel cosiddetto “Nuovo accordo sui requisiti minimi di capitale firmato a
Basilea”, o più comunemente noto come “Basilea II”. Poiché quelle espresse dal comitato di Basilea risultano essere mere raccomandazioni, senza potere cogente, il recepimento venne affidato al diritto comunitario e a quello statunitense. La
Direttiva 2006/48/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 14 Giugno
2006, si basa proprio sui contenuti dell’accordo del 2004, come indicato nel considerando numero 37. Lo stretto legame tra agenzie di rating e banche è sancito dal primo pilastro di Basilea II, quello riguardante i requisiti patrimoniali. Secondo tale pilastro, gli istituti di credito dei Paesi aderenti all’accordo devono accantonare quote di capitale proporzionali al rischio derivante dai vari rapporti di credito assunti. Tale rischio è valutato in due modi: o attraverso sistemi di rating interni, o attraverso il giudizio di un’agenzia. Il metodo che utilizza le agenzie di rating per il calcolo del rischio di un’attività fuori bilancio viene detto “standardizzato”, ed è descritto all’Articolo 78 della Direttiva. Per quelle voci fuori bilancio (che
14

Ferri G., Lacitignola P. (2009), Le agenzie di rating, Bologna, Il Mulino, pagina 112

19

includono, tra le altre, derivati su crediti, garanzie, girate, pronti contro termine, crediti documentari e aperture di credito), l’esposizione è pari a una percentuale del loro valore: 100% nel caso di voci a rischio pieno, 50% se a rischio medio, 20% se a rischio medio – basso e 0% se a rischio basso. Il principio seguito è sostanzialmente il seguente: più una voce fuori bilancio è rischiosa, maggiori risorse l’istituto di credito che l’ha contratta dovrà accantonare. E la rischiosità di una voce è determinata proprio dalle agenzie di rating. Infatti, l’Articolo 80 comma
1 dispone che “il merito di credito può essere determinato con riferimento alle valutazioni del merito di credito espresse dalle agenzie esterne di valutazione del merito di credito”.
È quindi anche nell’interesse degli istituti di credito che le agenzie di rating operino il più possibile seguendo criteri di trasparenza ed equità, e che i loro strumenti siano obiettivi, indipendenti e regolarmente rivisti. La platea che utilizza, forzatamente o meno, i giudizi espressi dalle CRA è ampissima. Ciò non ha evitato, tuttavia, che il mercato dei rating fosse sottoposto, soprattutto negli ultimi anni, a evidenti problemi di conflitti di interesse, eccessivo affidamento e mancanza di qualità. 3.5 La responsabilità civile delle agenzie di rating
Nell’ipotesi in cui il rating di uno strumento finanziario avente larga diffusione presso il pubblico si riveli del tutto o in parte infondato, si pone il problema delle responsabilità delle agenzie nei confronti degli investitori che hanno fatto completo affidamento al giudizio del merito di credito. La difficoltà che sorge nell’attribuire responsabilità civile alle agenzie di rating per giudizi errati si riscontra nella totale mancanza, almeno fino al 2013, di una norma che tipicizzi l’illecito verso terzi di questi soggetti, a differenza di quanto accade per i revisori contabili15.
La difesa delle agenzie rispetto alle possibili responsabilità civili per rating errati si basa sulla considerazione secondo cui l’attività che esse svolgono sarebbe comparabile a mero giornalismo, avente ad oggetto materia finanziaria ed economica. Da qui, la richiesta delle CRA di estendere, anche nei loro confronti, la

15

Benedetti A. (2010), Certezza pubblica e ‘certezze’ private, Università degli studi di MilanoBicocca, Dipartimento di Diritto per l’Economia, pagina 83

20

tutela della libertà di stampa, accordata, in Italia, dall’Articolo 21 della
Costituzione. Inoltre, secondo le agenzie, il solo fatto che il rating rappresenti un’opinione sul merito creditizio di un emittente o di uno strumento finanziario, e non un consiglio di investimento, le sottrarrebbe da ogni responsabilità nei confronti degli investitori.
Tale difesa non è condivisa da molti, al di fuori delle agenzie stesse 16. Questo perché l’equiparazione del rating a giornalismo finanziario appare poco convincente. Ciò è dovuto a tre fattori: l’influenza e la competenza delle agenzie, le quali generano “fiducia” negli operatori di mercato, specialmente i più inesperti; il valore giuridico dei rating ai fini della circolazione delle obbligazioni e dei titoli finanziari; il particolare status del mercato delle agenzie, sostanzialmente oligopolistico e bloccato. È difficilmente confutabile l’interferenza creata tra la segnalazione del giudizio di rating e la libertà di scelta di un investitore sprovvisto delle informazioni necessarie ad esprimere un giudizio autonomo. Inoltre, il richiamo delle agenzie al principio costituzionale di libertà di pensiero appare inadatto in questo contesto. Il legislatore ha infatti esteso gli obblighi di trasparenza e correttezza, previsti per i soggetti che producono studi o raccomandazioni, anche ai giornalisti che diffondono notizie sugli strumenti finanziari17. Nel caso in cui l’attività delle agenzie venisse paragonata a mero giornalismo, ciò non basterebbe a sottrarle alla responsabilità civile per divulgazioni di informazioni palesemente errate. Per questi motivi, sarebbe contraddittorio non ritenere meritevole di tutela l’affidamento generato dai giudizi delle agenzie di rating nei terzi investitori.
Sia in caso di rating richiesti, sia in caso di rating non richiesti, non essendovi un rapporto diretto tra investitori e agenzia di rating (così come vi è, per esempio, tra emittente che richiede il rating e agenzia) la responsabilità che viene in rilievo è quella extracontrattuale, secondo l’articolo 2043 del Codice Civile. Una diversa interpretazione, fornita da Giovanni Facci18, applica alla relazione tra investitori e agenzie di rating il cosiddetto “contatto sociale”, ovvero il rapporto contrattuale di fatto. Esso viene generalmente utilizzato nell’ambito medico o notarile, sulla base
16

Facci G., op. cit. e A. Benedetti, op. cit., pagina 84
Id., pagina 24
18
Id., pagina 13
17

21

della convinzione che la responsabilità contrattuale tuteli meglio il cliente. Il contatto sociale viene solitamente applicato a professioni protette, e, secondo la visione di Facci, è estendibile anche alle agenzie di rating.
Ad ogni modo, sia in caso di rapporto extracontrattuale, sia in caso di contatto sociale, non è possibile far derivare automaticamente, dalla semplice diffusione di rating errati, una responsabilità delle agenzie nei confronti degli investitori.
Devono sussistere quattro ulteriori condizioni:
1. Il danno patrimoniale nei confronti dell’investitore, inteso come evento economicamente pregiudizievole;
2. La sussistenza di un danno ingiusto, ovvero la lesione di un interesse meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico;
3. La causalità di fatto, ovvero la certezza che lesione sia causalmente riferibile ad un autore e ad un suo comportamento;
4. L’esistenza di colpa o altro criterio di imputazione.
Per quanto riguarda la sussistenza di un danno ingiusto, il sistema giuridico applica una forte tutela nei confronti degli investitori. Viene riconosciuto loro il diritto a ricevere informazioni obiettive ed affidabili, sia a livello comunitario sia a livello nazionale. Basti pensare all’Articolo 1, punto 2, lett. c) della Direttiva
2003/6/CE, sull’abuso di informazioni privilegiate e la manipolazione del mercato, che prevede il divieto di diffusione di informazioni false o fuorvianti in merito agli strumenti finanziari, se la persona che le ha diffuse sapeva, o avrebbe dovuto sapere, che le informazioni erano false o fuorvianti. Le agenzie di rating devono quindi mantenere un elevato standard professionale, in relazione al loro delicato ruolo nei

confronti

dei

mercati

e

degli

investitori.

Il danno economico pregiudizievole, calcolato come l’investimento perso dall’investitore, deve essere causato dalla condotta errata dell’agenzia di rating, ovvero deve sussistere un nesso causale tra la valutazione errata della CRA e il pregiudizio subìto. Come sottolineato sempre da Facci19, pur trattandosi di responsabilità extracontrattuale, in cui, solitamente, spetta al danneggiato l’onere di provare il collegamento tra il danno subito e la condotta del danneggiante, può

19

Id., pagina 27

22

ritenersi in re ipsa il nesso di causalità tra l’emanazione di un rating positivo, l’investimento effettuato e il danno subito dall’investitore, conseguenza dell’insolvenza dell’emittente. Diviene così onere dell’agenzia di rating, e non più del danneggiato, provare l’assenza del nesso causale.
La colpa dell’agenzia di rating, il quarto criterio affinché possa sussistere responsabilità civile, si riscontra ogniqualvolta essa operi in maniera non conforme alle regole tecniche che dovevano essere seguite nel caso di specie. Particolarmente discusso a riguardo è il tema delle informazioni e dei dati errati forniti dall’emittente all’agenzia di rating. Le
CRA devono essere ritenute responsabili della divulgazione di rating calcolati attraverso dati falsi od errati? Così come i giornalisti hanno l’obbligo di controllare la veridicità delle loro fonti, a maggior ragione, le agenzie di rating, per il delicato ruolo che svolgono, devono attenersi a canoni di prudenza. Ciò non significa che esse debbano diventare garanti della veridicità delle informazioni contabili fornite dall’emittente, né che debbano accertare analiticamente i dati ricevuti (compito che è affidato al Collegio Sindacale e alla
Società di revisione contabile). Il loro ruolo si limita alla verifica di due condizioni: la conciliabilità delle informazioni e la genuinità delle stesse. Se la CRA dubita della presenza di queste due caratteristiche, è suo compito effettuare controlli e accertamenti.
Solamente in questo caso un’agenzia che abbia operato con dati falsi potrà affermare di aver agito in buona fede, nella totale convinzione di aver divulgato una valutazione veritiera. La responsabilità civile è stata finalmente introdotta dal Regolamento CE 462 del
2013, e verrà analizzata nel dettaglio nel corso dell’ultimo capitolo.

4. Le responsabilità delle agenzie di rating

4.1 Le criticità delle agenzie di rating
Dopo aver compreso l’importanza delle agenzie di rating all’interno dell’universo finanziario è necessario cominciare ad analizzare i problemi legati alle CRA e le loro responsabilità nella crisi dei mutui sub prime e del debito pubblico dei c.d. paesi PIIGS

(Portogallo,

Irlanda,

Italia,

Grecia

e

Spagna).

La qualità del processo di decisione, le errate metodologie utilizzate, la mancanza

23

di trasparenza, il proliferare di prodotti finanziari strutturati, i continui conflitti di interesse, il modello di pagamento issuer-pays, l’assenza di una regolamentazione forte e di concorrenza nel settore e l’eccessivo affidamento degli investitori ai rating delle agenzie hanno contribuito ad alimentare una situazione già critica, segnata dalla crisi dei mutui statunitensi, inizialmente, e dalla crisi del debito pubblico pochi

anni

dopo.

Infatti, la qualità dei rating è stata pesantemente messa in discussione in seguito alla crisi dei mutui sub prime: dopo aver assegnato, tra il 2004 e il 2007, rating molto elevati a prodotti finanziari strutturati, come i RMBS, ovvero i residential mortgage backed securities, titoli garantiti dai flussi di cassa dei mutui residenziali, dal 2007 le agenzie hanno annunciato repentini abbassamenti degli stessi, sollevando dubbi sull’effettiva qualità del processo decisionale delle agenzie e sulla capacità di

valutare

correttamente

gli

shock

20

.

Ciò è dovuto al fatto che i prodotti strutturati sono più stabili rispetto alle obbligazioni societarie quando la situazione economico-finanziaria è buona, ma in situazioni di crisi sono esposti a un più elevato rischio di revisione al ribasso, rispetto alle tradizionali obbligazioni21. Tale situazione prende il nome di effetto cliff. Nonostante tali differenze, le agenzie di rating attualmente applicano le stesse categorie di rating sia ai prodotti strutturati sia alle obbligazioni societarie.
A livello numerico, oltretutto, ad inizio 2008, la finanza strutturata è diventata il più grande mercato finanziario del mondo, con quasi 112000 tranche emesse22 e il fenomeno ha raggiunto così una portata potenzialmente deleteria. Nell’assegnare il rating a questi particolari strumenti finanziari, frutto del pooling e della cartolarizzazione, il processo è inverso rispetto a quello utilizzato normalmente: il rating viene infatti deciso dall’agenzia a priori, e il prodotto viene costruito di conseguenza in base alla classe di merito assegnata23. La qualità dei rating di questi strumenti è stata pesantemente minata dalla mancanza di dati e serie storiche sufficienti ad esprimerne una valutazione esatta. In particolare, le serie storiche
20

Rapporto del Financial Stability Forum, Rafforzare la solidità dei mercati e degli intermediari, 7
Aprile 2008, disponibile al sito http://www.bancaditalia.it/media/notizie/FSF/RAPPORTO_FSF_7_Aprile_2008.pdf , consultato a
Giugno 2014, pagina 42
21
Id., pagina 45
22
Benmelech E., Dlugosz J., op. cit., pagina 166
23
Ferri G., Lacitignola P., op. cit., pagina 126

24

sull’andamento dei mutui statunitensi erano, per la maggior parte, limitate a un contesto economico favorevole. Ciò ha portato le agenzie di rating a sottostimare la correlazione tra i default che si sarebbero verificati in seguito ad una forte ricaduta del mercato.
Un’ulteriore criticità rilevata è l’assenza di informazioni circa le performance delle agenzie di rating. La maggior parte delle CRA, infatti, non pubblica relazioni riguardanti prestazioni dei propri rating che siano comparabili con i risultati ottenuti da altre agenzie. In un settore in cui la reputazione è alla base del processo fiduciario tra emittente o investitore e agenzia di rating, e in cui la concorrenza è estremamente limitata, la comparabilità dei risultati avrebbe un effetto estremamente positivo.
Una questione che è stata oggetto di considerazione è se l’errata valutazione dei prodotti strutturati da parte delle agenzie di rating possa essere stata causata da un sensibile conflitto di interesse nella valutazione di questi strumenti rispetto ad altri.
Le agenzie di rating utilizzano come schema di remunerazione in cosiddetto issuer
– pays. Questo modello prevede che sia l’emittente a pagare l’agenzia, per farsi certificare, tramite il rating, il proprio merito di credito. Come è evidente, il sistema può dare luogo a conflitti di interesse: il controllore, ovvero l’agenzia di rating, il cui scopo principale è emettere un giudizio il più imparziale e corretto possibile, è remunerato dal controllato, l’emittente, che ha invece l’obiettivo opposto, ovvero ottenere un rating elevato. Il rischio maggiore è che l’agenzia di rating, pur di continuare ad essere remunerata dall’emittente, possa non valutarne correttamente il merito creditizio. Questo perché, in caso di rating negativo, l’emittente potrebbe rivolgersi ad altre agenzie (il cosiddetto fenomeno del rating shopping). Inoltre, esiste la possibilità che l’emittente si rivolga a più agenzie, le quali, utilizzando metodologie differenti, potrebbero esprimerne valutazioni diverse sul merito creditizio. L’emittente cercherà quindi il rating più elevato e il mercato sarà a conoscenza solo della valutazione più ottimistica tra quelle fornite. I conflitti sono poi amplificati quando le agenzie di rating offrono servizi di consulenza, ad esempio i cosiddetti ancillary services24, ai soggetti che hanno acquistato i rating.
Ciò fa si che le CRA possano indicare ad un emittente come strutturare un derivato
24

De Bellis M., op. cit., pagina 455

25

finanziario per ottenere un rating elevato, e, successivamente, procedere a valutarlo. Nonostante le agenzie di rating forniscano solo una valutazione del merito di credito dell’emittente o dello strumento, ma non una valutazione su rischio di liquidità, rischio di mercato, rischio di cambio e volatilità, molti operatori all’interno dei mercati finanziari si sono affidati completamente, nelle loro decisioni di investimento, alle valutazioni fornite dalle CRA, senza mettere in discussione le metodologie utilizzate e senza comprendere fino in fondo quali informazioni questi rating incorporassero. Questo perché i prodotti di finanza strutturata risultano essere particolarmente complessi. Le singole tranche, infatti, possono addirittura essere combinate con swaps o altri derivati ed avere centinaia di attività sottostanti, riguardo alle quali ben poche informazioni pubbliche sono disponibili per i normali investitori. Inoltre, sebbene gli investitori istituzionali abbiano, rispetto agli investitori normali, gli strumenti necessari per analizzare in maniera autonoma il rischio dei prodotti di finanza strutturata, essi preferiscono, solitamente, affidarsi alle agenzie di rating. Questa dipendenza ha portato alla perdita della valutazione indipendente del rischio e a una grossa limitazione della cosiddetta due diligence, ovvero il processo investigativo che viene posto in essere dagli investitori per valutare gli strumenti finanziari oppure gli emittenti25.
L’utilizzo eccessivo dei rating esterni, unitamente all’incapacità delle agenzie di prevedere gli shock, adattare i rating ed utilizzare metodologie chiare e corrette, hanno generato

illiquidità

sul

mercato.

Come vedremo successivamente, infine, fino al 2009, gli interventi normativi posti in essere, soprattutto in ambito europeo, sono stati insufficienti. Per molti anni i legislatori comunitari hanno ritenuto adeguato, per il corretto funzionamento delle agenzie di rating, l’utilizzo dei soli codici di comportamento, senza approfondire la possibilità di registrazione, regolamentazione e disincentivo all’utilizzo eccessivo dei rating delle CRA26. Le direttive comunitarie 2006/48 e
2006/49, del 14 Giugno 2006 presentavano un ambito di applicazione limitato al
25

Rapporto del Financial Stability Forum, Rafforzare la solidità dei mercati e degli intermediari, 7
Aprile 2008, disponibile al sito http://www.bancaditalia.it/media/notizie/FSF/RAPPORTO_FSF_7_Aprile_2008.pdf , consultato a
Giugno 2014, pagina 49
26
Benedetti A., op. cit.

26

solo settore creditizio, e il primo vero intervento normativo, il regolamento 1060 del 2009 è stato introdotto due anni dopo lo scoppio della crisi dei mutui sub prime.
La tendenza, ormai consolidata, ad intervenire solo dopo gli shock, senza essere in grado di prevenirli, ha permesso un’evoluzione della crisi, da finanziaria a reale, con effetti negativi e concreti. I codici di autoregolamentazione IOSCO del 2004 hanno rappresentato una soluzione normativa intermedia tra la regolamentazione stringente e la completa libertà del mercato delle agenzie di rating, basata esclusivamente sulla reputazione. Tuttavia, in un contesto come quello attuale, in cui la metà del fatturato di un’agenzia di rating proviene dalla finanza strutturata e viene pagato da un numero ristretto di banche di investimento, il principio della reputazione viene meno per far posto alla necessità di soddisfare solamente i soggetti che contribuiscono in misura maggiore ai ricavi delle agenzie di rating27.

4.2 Le responsabilità delle agenzie di rating nella crisi dei mutui subprime
Per comprendere a fondo le evidenti responsabilità delle agenzie di rating nella crisi dei mutui che ha investito la finanza globale nel biennio 2007-2009, è necessario prima introdurre il contesto in cui questa crisi è maturata. Gli anni che l’hanno preceduta sono stati caratterizzati da due eventi: la discesa dei tassi di interesse dei titoli di stato americani e il cambiamento di modello bancario, da originate to

hold

a

originate

to

distribute.

In seguito agli attacchi terroristici del Settembre 2001 e alla c.d. “Dot Com
Bubble”, la bolla speculativa che colpì, nei primi anni 2000, le aziende attive nell’ambito di internet, la Federal Reserve statunitense optò per l’abbassamento dei tassi di interesse, in modo da evitare il congelamento dei prestiti interbancari e il collasso dei mercati. Tra il Gennaio del 2002 e il Gennaio del 2004, i tassi di interesse dei titoli di stato americani a tre mesi (spesso usati come benchmark) raggiunsero l’1,3%, contro una media del 6,1% dei precedenti quaranta anni28. La conseguenza di questa discesa si manifestò principalmente nel settore immobiliare.
I mutui variabili, legati all’andamento dei tassi di interesse, cominciarono a
27

De Bellis M., op. cit., pagina 457
Zingales L., (2008), Causes and effects of the Lehman Brothers Bankruptcy, University of Chicago
Graduate School of Business, National Bureau of Economic Research and Centre for Economic Policy
Research, disponibile al sito http://research.chicagobooth.edu/igm/docs/Zingales-Testimonies.pdf , consultato a Luglio 2014, pagina 3
28

27

diventare estremamente vantaggiosi mentre la domanda e i prezzi di nuove abitazioni aumentarono in maniera esponenziale. Tra il Marzo del 1997 e il Giugno del 2006, la crescita media dei prezzi delle case fu del 12,4% all’anno29. Ad una maggiore domanda fece seguito anche un deterioramento degli standard di prestito.
I mutui statunitensi con scarsa documentazione passarono dal 29% al 51% in pochi anni. Quando, a partire dal 2005, i tassi di interesse ricominciarono a salire, raddoppiando nel giro di un anno (3,62% del 2005 contro l’1,89% del 2004 per i titoli di stato americani a 1 anno30), i mutui a tasso variabile divennero insostenibilmente onerosi per i possessori di abitazioni, che non avevano fornito adeguate garanzie.
Il collasso del settore dei mutui venne amplificato dal cambiamento del modello bancario. Si passò dallo schema originate to hold, che prevedeva che le banche detenessero i prestiti in bilancio, fino a scadenza, al cosiddetto originate to distribute, caratterizzato dalla cartolarizzazione, ovvero dalla vendita dei finanziamenti (concessi senza particolari garanzie) a entità ad hoc, gli special purpose vehicle. Questi ultimi finanziavano l’acquisto dei mutui mediante l’emissione di titoli garantiti dal flusso di interessi attesi sui mutui. I titoli garantiti venivano emessi in tranche di diversa rischiosità, e venduti a un pubblico eterogeneo. Il rischio di default dei mutuatari era così trasferito dalle banche agli investitori, spesso piccoli risparmiatori. Il deterioramento degli standard dei mutui, che ebbe come conseguenza il mancato pagamento delle rate da parte mutuatari più deboli, provocò il collasso dei titoli garantiti e ingenti perdite per i risparmiatori che li sottoscrissero.
In questo contesto si collocano le responsabilità delle agenzie di rating. Le tranche generate necessitano di una valutazione per poter essere collocate presso il pubblico dei risparmiatori. Per il semplice fatto che la cartolarizzazione genera la trasmissione dei finanziamenti dalla banca al mercato, il compito di classare le tranche non è più affidato all’intuitus personae del banchiere che cura il finanziamento durante tutta la vita residua dello stesso (come nel caso del modello

29
30

Id., pagina 7 www.federalreserve.gov/releases/h15/data.htm 28

Originate to Hold), bensì alle agenzie di rating, le quali utilizzano modelli statistici per prezzare i prestiti come fossero titoli.
Questi metodi statistici si sono rivelati profondamente inadeguati durante la crisi dei mutui subprime. Le agenzie di rating hanno infatti pesantemente sottostimato il rischio sistemico, poiché non hanno considerato che le probabilità di default dei mutuatari fossero positivamente correlate tra di loro. Quando la crisi è scoppiata, le
CRA hanno dovuto attuare precipitose revisioni dei rating riguardanti attività di finanza strutturata. I downgrade totali della cosiddetta “structured finance” passarono dall’1,37% del 2006 (986 declassamenti su 71462 tranche totali) all’8,6% del 2007 (8109 downgrade su 94127 tranche totali), mantenendo livelli simili anche nel 2008 (8,33% di declassamenti, circa 37000 tranche su 443000 )31.
Il declassamento medio delle tranche fu di 4,7 classi nel 2007 e 5,6 classi nel 2008, contro le 2,5 classi del 2006. Ciò significa che nel biennio 2007-2008 i downgrade non solo crebbero

notevolmente, ma furono anche di entità maggiore.

Sorprendentemente, inoltre, nel 2008, delle cosiddette tranche fallen angels, ovvero quelle con declassamento di più di otto classi di rating, il 19% era rappresentato da titoli caratterizzati

dalla

tripla

A.

Questi dati denotano l’assoluta incapacità delle agenzie di percepire il rischio di un collasso sistemico. Le ragioni sono principalmente quattro, e sono descritte da
Giovanni Ferri32:
1. La sottostima dei rischi impliciti nei titoli di finanza strutturata, causati dall’influenza dei problemi di liquidità sulla valutazione di mercato di quei titoli; 2. La mancata percezione di come la trasformazione del modello bancario, da
OTH a OTD, avesse minato gli incentivi delle banche allo screening e al monitoring dei debitori, riducendo così gli standard creditizi;
3. L’eccessivo e ottimistico utilizzo di modelli di marking to model per classare titoli di finanza strutturata complessi;

31
32

Benmelech E., Dlugosz J., op. cit., pagina 170
Ferri G., Lacitignola P., op. cit., pagina 148

29

4. I conflitti di interesse delle agenzie di rating, che strutturavano direttamente i titoli e si proponevano anche come valutatori di quegli stessi strumenti.
Lo sviluppo della finanza strutturata, con il massiccio ricorso alla cartolarizzazione, e il cambio di modello bancario non sono, ovviamente, colpe imputabili alle agenzie di rating, e queste ultime non devono essere percepite come il capro espiatorio della crisi dei mutui sub-prime. Tuttavia, il fallimento dei sistemi valutativi degli strumenti di finanza strutturata è evidente, e le conseguenze sono gravi. Ne sono esempi lampanti i bond valutati con la tripla A fino al giorno prima del fallimento emessi da Lehman Brothers, società che possedeva in portafoglio 85 miliardi di dollari di titoli tossici. Oppure le obbligazioni agganciate ai mutui sub-prime, considerate dalle CRA qualitativamente uguali ai Treasury
Bond statunitensi o ai Bund tedeschi33. È quantomeno dubbio il processo valutativo delle agenzie che ha permesso di comparare prestiti discutibili a obbligazioni massimamente affidabili. Se a queste considerazioni viene aggiunto il ruolo fondamentale e preminente dei rating all’interno del sistema finanziario, e dell’affidamento che i piccoli investitori ripongono nei sistemi valutativi di queste società, il quadro è completo, e getta un’ombra sull’operato delle CRA. Come scrivono Paolo Gila e Mario Miscali: “a che cosa serve o è servito appellarsi alle agenzie di rating se queste non riescono a diagnosticare il male o l’errore nelle loro conseguenti derivazioni?”34

4.3 Le responsabilità delle agenzie di rating nella crisi dei debito sovrano
Negli anni della crisi del debito sovrano europeo, tra il 2009 e il 2011, i governi degli stati periferici dell’Unione si sono trovati a dover rispondere del loro operato non solo nei confronti dei cittadini e del Parlamento, ma anche dei mercati finanziari. Infatti, dopo la crisi del biennio 2007-2009, il manifestarsi dell’insostenibilità dei conti pubblici greci, e, più in generale, in seguito alla presa di coscienza della scarsa competitività, bassa crescita economica ed eccessivo indebitamento pubblico dei cosiddetti paesi PIIGS (Portogallo, Irlanda, Italia,
Grecia e Spagna), i mercati finanziari hanno dato il via ad una gravissima crisi di
33
34

Gila P., Miscali M., op. cit., pagina 45
Gila P., Miscali M., op. cit., pagina 46

30

fiducia sulla capacità di tenuta dell’Euro. A livello finanziario, ciò si è tradotto in un repentino ampliamento della forbice dei rendimenti tra i titoli di Stato dei paesi sotto attacco speculativo e quelli tedeschi. L’assenza di fiducia ha obbligato i paesi periferici dell’Eurozona ad emettere titoli di stato con rendimenti più alti del normale, per remunerare il rischio assunto dagli investitori. Le implicazioni dell’aumento dello spread sono evidenti: un maggiore costo di finanziamento per gli stati e una maggiore difficoltà nelle operazioni di funding. È lo stesso governatore della Banda D’Italia, Ignazio Visco, ad elencare, in un intervento del
1° Settembre 2013, le conseguenze di questa situazione:
“In Italia e negli altri paesi colpiti dalle tensioni, peggioravano bruscamente le condizioni di provvista all’ingrosso delle banche, il cui merito di credito veniva assimilato a quello dei rispettivi sovrani; si inaridivano i collocamenti di obbligazioni, soprattutto di quelle non garantite; perdevano spessore anche i mercati dei certificati di deposito e della carta commerciale. Il costo della raccolta aumentava; si ampliavano significativamente, nel mercato monetario, i differenziali tra i tassi di interesse a brevissimo termine corrisposti dalle banche italiane e quelli a medio35”

Ma fino a che punto quella situazione di instabilità e di tassi di interesse alti è stata determinata dai declassamenti che le agenzie di rating hanno effettuato nei confronti degli stati sovrani? La sola Italia ha, infatti, subìto 6 downgrade da parte delle principali CRA nel giro di pochi mesi, dal Settembre 2011 al Febbraio 2012.
Standard & Poor’s ha tagliato le stime dell’Italia il 20 Settembre 2011 (da A+ ad
A36) e il 14 Gennaio 2012 (da A a BBB+37), Moody’s il 4 Ottobre 2011 (da AA2 ad A2) e il 14 Febbraio 2012 (da A2 a A3). Infine, Fitch l’8 Ottobre 2011 e il 27
Gennaio

2012

(da

A+

a

A-).

Uno studio empirico condotto da Manfred Gärtner e Björn Griesbach, del Giugno
201238, ha cercato di mettere in evidenza il rapporto tra declassamenti e aumenti dei tassi di interesse dei titoli di Stato. Il metodo utilizzato per determinare questo
35

Visco I. (2013), La crisi dei debiti sovrani e il processo di integrazione europea, disponibile al sito http://www.bancaditalia.it/interventi/integov/2013/ventotene_1.9.13/visco_010913.pdf , consultato a Luglio 2014
36
Platero M., Governo fragile: S&P taglia il rating dell’Italia, in “Il Sole 24 Ore”, 20 Settembre
2011, disponibile al sito http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2011-09-20/governofragile-taglia-rating-080048.shtml?uuid=AaifDv5D , consultato a Luglio 2014
37
Pesole D., Italia giù di due gradini a BBB+, in “Il Sole 24 Ore”, 14 Gennaio 2012, disponibile al sito http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2012-01-13/italia-gradini225717.shtml?uuid=AaCCRsdE , consultato a Luglio 2014
38
Gärtner M., Griesbach B. (2012), Rating agencies, self-fulfilling prophecy and multiple equilibria? An empirical model of the European sovereign debt crisis 2009-2011, Discussion Paper no. 2012-15, Universitat St.Gallen

31

rapporto si basa sul modello di Romer (2012) che ricava l’interazione tra probabilità attesa di default di uno Stato e tassi di interesse dei bond sovrani. La principale novità apportata da Gartner e Griesbach prevede la sostituzione della probabilità di default con il rating fornito dalle agenzie, dato facilmente osservabile. Lo studio si basa sui dati annuali di 25 paesi facenti parte dell’OCSE, l’organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, tra cui Italia,
Spagna, Grecia, Irlanda e Portogallo, raccolti tra il 1999 e il 2011, anno dei numerosi declassamenti. I dati raccolti riguardano i rating, la crescita del PIL, il
PIL pro capite, i surplus, l’inflazione, i tassi di interesse dei titoli di stato a dieci anni, lo spread dei rendimenti dei bond decennali con quelli tedeschi e il rapporto debito-PIL. I risultati a cui lo studio giunge sono sorprendenti: empiricamente, esiste una correlazione non lineare tra i downgrade delle agenzie di rating e i tassi di interesse dei titoli di stato decennali, con tre sostanziali punti di rottura. Per gli stati che possiedono un rating compreso tra la tripla A e BBB+, ogni singolo declassamento del merito creditizio provoca un aumento dei tassi di interesse dei bond decennali pari allo 0,042%. Gli stati con merito creditizio tra BBB+ e CCC+ vedono i loro tassi salire dell’1,302% ad ogni retrocessione. Ancora più evidente è il caso degli stati con rating inferiore a CCC+: ogni ulteriore taglio coincide con un incremento dei

tassi

pari

al

5,514%.

I dati permettono di comprendere come un declassamento sia molto più costoso, a livello di interessi sul debito pubblico, per quegli Stati con una classe di rating peggiore. Mentre i downgrade di Paesi con merito creditizio elevato, come possono essere gli Stati Uniti e la Germania, generano minore panico sui mercati finanziari e, quindi, solamente piccoli aumenti dei tassi richiesti dagli investitori, lo stesso non vale per quei Paesi a rischio speculazione, come quelli periferici dell’area
Euro.
Inoltre, per quegli stati con un rating iniziale pari o inferiore a BBB+ , anche un declassamento erroneo, arbitrario o irregolare da parte delle CRA, ovvero non giustificato né supportato da dati economico-politici o da algoritmi, genera facilmente le condizioni che confermano il rating stesso, secondo il già analizzato principio delle

“profezie

autorealizzantisi”.

Queste considerazioni permettono di comprendere la costante dipendenza e

32

attenzione da parte di quegli Stati economicamente più deboli nei confronti delle agenzie di rating, le quali rappresentano una vera e propria minaccia per gli equilibri finanziari. Le responsabilità delle agenzie sono evidenti laddove i rating forniti siano frutto di errori, speculazioni e arbitrarietà, in quanto il ruolo preminente delle CRA all’interno dei mercati finanziari provoca l’innalzamento dei tassi di interesse anche in caso di declassamenti non supportati da efficienti motivazioni o da analisi economico-politiche. Ne è conscio il Parlamento Europeo, che ha introdotto, con il Regolamento CE 462 del 2013 (la cui analisi è rinviata all’ultimo capitolo), nuove misure volte a limitare l’influenza dei rating sovrani e il miglioramento degli obblighi di trasparenza.

5. Il lungo cammino della regolamentazione europea
5.1 La regolamentazione prima del 2009: Europa contro USA
La regolamentazione europea delle agenzie di rating ha seguito ritmi differenti rispetto a quella statunitense. Negli USA, infatti, un contesto legislativo più snello ha permesso una svolta nel 2006, in seguito all’approvazione del Credit Rating
Agency Reform Act, che ha sostituito la più blanda forma di controllo attuata dalla
Security And Exchange Commission mediante il NRSRO (National Recognized
Statistical Rating Operation), che garantiva il riconoscimento delle CRA sulla sola base di requisiti di reputazione, professionalità e adeguatezza delle risorse impiegate39. Al contrario, il Credit Rating Agency Reform Act ha introdotto, per la prima volta e tre anni prima dell’Europa, l’obbligo di registrazione da parte delle agenzie di rating, requisiti di trasparenza dei processi decisionali e l’aumento della concorrenza nel

mercato

del

rating.

Notevolmente più restia a mutamenti legislativi fu l’Europa. Come indicato nella
Comunicazione della Commissione sulle agenzie di rating 2006/C 59/02, il quadro normativo veniva considerato (e venne considerato per altri tre anni) sufficiente a garantire il corretto funzionamento del mercato del rating. A livello comunitario gli unici interventi che vennero posti in essere prima del 2009 furono le direttive

39

Benedetti A., op. cit., pagina 120

33

2006/48 e 2006/49. Per la prima volta, nel considerando numero 39 della Direttiva
2006/48, veniva esaminata la possibilità di introdurre procedure di autorizzazione e di supervisione

per

le

agenzie

di

rating.

Si

legge

infatti:

“In caso di rating esterni, si fa ricorso ai prodotti delle cosiddette agenzie di rating riconosciute che nella Comunità non sono attualmente sottoposte a una procedura d’autorizzazione. Vista l’importanza dei rating esterni ai fini del calcolo dei requisiti patrimoniali nel quadro della presente direttiva, è necessario che la futura e appropriata procedura di autorizzazione e di supervisione per le agenzie di rating sia tenuta sotto esame" I limiti della direttiva sono però evidenti: per prima cosa non sono definiti gli strumenti necessari ad attuare una regolamentazione delle agenzie di rating. Le possibili procedure sono solo “tenute sotto esame”. Inoltre risulta essere ristretto anche l’ambito di applicazione. La direttiva, infatti, è limitata al solo settore creditizio, e non include tutti gli altri operatori all’interno del mercato finanziario.
La svolta, a livello comunitario, si compirà con il Regolamento 1060/2009, che verrà analizzato in seguito. Fino al 2009, quindi, la credibilità delle agenzie di rating è stata affidata principalmente ai codici di autoregolamentazione emanati dallo IOSCO, l’International Organization of Securities Commission, nel 2004.

5.2 I codici di autoregolamentazione IOSCO
L’autoregolamentazione è stata il caposaldo delle agenzie di rating per anni. Le
CRA basano la proprio attività sulla reputazione che esse hanno sviluppato nei confronti degli investitori e degli operatori di mercato: una migliore reputazione, necessaria ad operare nel mercato, viene raggiunta mediante comportamenti e metodologie di

analisi

corrette

e

trasparenti.

Il

meccanismo

di

autoregolamentazione dovrebbe quindi trovare il convergente interesse delle società di rating, per le rilevanti possibilità di ricaduta d’immagine e di reputazione. La soluzione dei codici di autoregolamentazione è stata intesa come un approccio intermedio tra la prospettiva incentrata esclusivamente sulla reputazione e quella favorevole ad un pesante intervento normativo. Secondo questa interpretazione, varrebbe per le CRA il cosiddetto principio del comply and

34

explain40, ovvero conformarsi e spiegare. Questo principio prevede che le società di rating si adeguino al codice di condotta, e, in caso di difformità nel recepimento, siano tenute a fornire una spiegazione sufficientemente adeguata agli operatori di mercato, pena l’erosione della reputazione. Sono questi i principi che, per molti anni, hanno portato i legislatori comunitari a ritenere i Codici IOSCO sufficienti.
I codici di autoregolamentazione sono stati pubblicati dallo IOSCO mediante il documento del 25 Settembre 2003, denominato “IOSCO Statement of Principles
Regarding the Activities of Credit Rating Agencies”. Gli scopi dell’introduzione del documento sono molteplici: la protezione degli investitori, la riduzione del rischio sistematico, la creazione di un mercato giusto e la trasparenza ed indipendenza delle analisi e dei contributi da parte delle agenzie di rating. Per il raggiungimento di questi

scopi,

lo

IOSCO

individua

quattro

principi

fondamentali:

1) La finalizzazione delle attività delle agenzie di rating alla riduzione delle asimmetrie informative tra debitori, creditori e altri partecipanti al mercato:
“CRA should endeavor to issue opinions that help reduce the asymmetry of information among borrowers, lenders and other market participants”

2) L’indipendenza delle agenzie di rating da pressioni di natura politica ed economica e la riduzione dei conflitti di interesse:
“CRA ratings decisions should be independent and free from political or economic pressures and from conflicts of interest arising due to the CRA’s ownership structure”

3) L’assunzione della disclosure e della trasparenza come canoni fondamentali dell’attività valutativa delle CRA:
“CRA should make disclosure and transparency an objective in their ratings activities”

4) La riservatezza di tutte le informazioni non pubbliche, comunicate dall’emittente alla società di rating, nell’ambito dell’attività valutativa:
“CRA should maintain in confidence all non-public information communicated to them by any issuer, or its agents” Sulla base di questi quattro principi, il 23 Dicembre del 2004, lo IOSCO ha pubblicato il Codice di Condotta. Esso contiene misure che le agenzie di rating avrebbero dovuto adottare nel corso della propria attività. Le principali riguardano
40

Id., pagina 122

35

la qualità del processo di rating, che dovrebbe essere garantita mediante una rigorosa e sistematica metodologia, resa pubblica e consultabile, il monitoraggio dei cambiamenti di rating di un emittente (downgrading e upgrading), in modo da modificare in maniera efficiente precedenti valutazioni, l’integrità degli analisti, condizione necessaria per un rating formulato in assenza di conflitti di interesse. E sempre per evitare i conflitti di interessi, viene indicata come inidonea la remunerazione degli analisti sulla base del fatturato che l’agenzia di rating deriva dall’emittente valutato. Infine, vengono fornite indicazioni anche riguardo al trattamento di informazioni confidenziali, fornite dagli emittenti e utilizzate dalle agenzie di rating per il processo di valutazione. Tali informazioni devono essere protette dalle CRA mediante idonei meccanismi e procedure.
Secondo molte interpretazioni

41

il completo affidamento ai codici di condotta è

stato insufficiente, addirittura deleterio. Essi si sono rivelati inidonei a costituire un’effettiva tutela nei confronti del pubblico dei risparmiatori e degli emittenti.
Tale inidoneità si è manifestata in tutta la sua forza durante lo scoppio della crisi dei mutui sub prime.

5.3 Il Regolamento 1060/2009
5.3.1 Il contesto
In Europa, la proposta di istituire una forma di controllo analoga a quella statunitense, mediante un’Autorità preposta e attraverso l’obbligo di registrazione delle CRA, è stata formulata dal Parlamento europeo nel 2003, ma per molti anni non ha trovato seguito. La svolta si ebbe dopo la crisi dei mutui sub prime: l’inadeguatezza dei sistemi di regolamentazione delle CRA, ampiamente analizzata dal Rapporto del Financial Stability Forum del 7 Aprile 2008, ha portato all’attuazione di una serie di iniziative, volte ad incidere sull’attività di tali imprese.
In questo contesto si colloca il regolamento comunitario 1060 del 2009, il primo segnale forte da parte della UE in materia di agenzie di rating.

.
41

Benedetti A., op. cit. e Brutti N. (2007), Codici di comportamento e società quotate, in
Giur.Comm, 2007, I

36

5.3.2 Struttura, finalità e ambito di applicazione
Il regolamento comunitario 1060/2009, relativo alle agenzie di rating del credito, del 16 Settembre 2009, presenta 3 macro-sezioni: la prima si concentra sull’importanza delle CRA all’interno del sistema finanziario, ma anche sulla fragilità e sulle lacune delle precedenti normative e sulla necessità di intervento.
La seconda è rappresentata dal vero e proprio regolamento, diviso in quattro titoli e dedicati all’ambito di applicazione e alle definizioni (artt. 1-5), all’emissione del rating (artt. 6-13), alla vigilanza delle attività di rating (artt. 14-35) e, infine, alle sanzioni e

alle

disposizioni

finali

(artt.

36-41).

L’ultima macro-sezione è costituita dai due allegati, con il compito di approfondire i requisiti organizzativi e operativi delle agenzie di rating (Allegato I) e le informazioni che le CRA devono fornire nel processo di registrazione (Allegato II).
Le finalità del regolamento 1060 del 2009 sono contenute all’interno delle considerazioni, nella prima macro-sezione. Nonostante il ruolo fondamentale delle
CRA, il Regolamento sottolinea la mancanza, anche a livello dei singoli Stati comunitari, di condizioni e requisiti per l’emissione dei rating42. Mancanza che ha condotto alla “incapacità da parte delle CRA di adeguare tempestivamente i rating al peggioramento delle condizioni di mercato e (…) di adattare per tempo i loro rating del credito in seguito all’aggravarsi della crisi del mercato43”. La finalità ultima del regolamento è, quindi, quella di “tutelare la stabilità dei mercati finanziari e gli investitori”, come riportato nel considerando numero 7, attraverso
“misure in materia di conflitti di interesse, qualità dei rating, trasparenza e governance interna delle agenzie di rating del credito, e sorveglianza delle attività delle agenzie di rating del credito”. Viene inoltre auspicato il ridimensionamento del ruolo delle agenzie di rating, sottolineando la necessità da parte degli investitori e dei soggetti che operano all’interno del mercato finanziario di affiancare ai giudizi delle agenzie di rating valutazioni proprie.

42

2009. Regolamento (CE) N. 1060/2009 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 Settembre
2009 relativo alle agenzie di rating del credito, Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, 17
Novembre 2009, considerando numero 2
43
2009. Regolamento (CE) N. 1060/2009 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 Settembre
2009 relativo alle agenzie di rating del credito, Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, 17
Novembre 2009, considerando numero 10

37

La disciplina contenuta all’interno del Regolamento si applica ai rating emessi dalle agenzie registrate nella Comunità. Viene poi consentita la possibilità, per queste ultime, di avallare i rating di un’agenzia stabilita in un Paese terzo, come indicato nell’Articolo 4, commi 3 e 4.

5.3.3 Trasparenza e prevenzione dei conflitti di interesse
Due dei punti focali contenuti nel regolamento 1060 riguardano il principio della trasparenza e

la

lotta

al

conflitto

di

interesse.

Al di là di alcune considerazioni di carattere generale contenute nell’Articolo 6 commi 1 e 4, in base alle quali “un’agenzia di rating del credito adotta tutte le misure necessarie per garantire che l’emissione di un rating non sia influenzata da alcun conflitto di interesse, esistente o potenziale", sono sanciti ulteriori strumenti: prima di tutto viene introdotto il divieto, da parte delle agenzie di rating, di fornire servizi di consulenza all’entità valutata, per quanto riguarda la sua struttura societaria o giuridica, o la sua attività (Allegato I, sez. B, comma 4).
È l’Articolo 7, nei suoi commi 4 e 5 a fornire ulteriori obblighi per limitare il conflitto di interesse. Il comma 4 prevede che:
“Un’agenzia di rating del credito stabilisce un meccanismo di rotazione graduale appropriato riguardo agli analisti di rating e alle persone che approvano i rating (…)
Suddetto meccanismo è applicato a turno nei confronti dei singoli piuttosto che di un intero team”.

La rotazione dei singoli analisti e dei team che svolgono le valutazioni e l’approvazione dei rating consentono di limitare la prolungata esposizione degli stessi al medesimo emittente. Il comma 5 invece si focalizza sui compensi degli analisti: “La retribuzione e la valutazione del rendimento degli analisti di rating e delle persone che approvano i rating non dipendono dall’entità del fatturato che l’agenzia di rating del credito deriva dalle entità valutate o da terzi collegati”.

Viene quindi previsto un sistema di compensazione indipendente dal fatturato generato, che non permette la diretta correlazione tra compenso dell’analista e entità del pagamento da parte dell’emittente, al fine di evitare “pressioni” da parte dei soggetti

valutati.

Trasparenza e lotta al conflitto di interesse sono raggiunti, inoltre, mediante la

38

modifica della struttura delle agenzie di rating. L’Allegato I, Sezione A, commi 2 e
5, prevede che:
”Almeno un terzo, ma non meno di due dei membri del consiglio di amministrazione o di sorveglianza di un’agenzia di rating del credito sono membri indipendenti che non partecipano all’attività di rating del credito (…) Un’agenzia di rating del credito istituisce e mantiene un dipartimento avente funzione di controllo della conformità, che operi in modo permanente, efficace e indipendente. La funzione di controllo della conformità deve monitorare e riferire in merito all’adempimento, da parte dell’agenzia di rating del credito e dei suoi impiegati, degli obblighi che incombono all’agenzia di rating del credito”.

La trasparenza è ulteriormente garantita, infine, da obblighi informativi e di disclosure. Secondo l’Articolo 8 del Regolamento, ciascuna agenzia deve rendere note le metodologie, i modelli e le ipotesi principali considerate nella sua attività di rating. Mentre

l’Allegato

I,

Sezione

B,

comma

2

indica

che:

“un’agenzia di rating del credito comunica al pubblico i nomi delle entità valutate o di terzi collegati dai quali proviene oltre il 5 % del suo fatturato annuale”.

5.3.4 Il sistema delle registrazioni
Una delle novità più rilevanti introdotte dal Regolamento 1060 è sicuramente l’obbligo di registrazione da parte agenzie che emettono rating nella Comunità. Le finalità legate a questa imposizione sono contenute nel considerando numero 43 del
Regolamento:
“Per garantire un livello elevato di fiducia degli investitori e dei consumatori nel mercato interno, le agenzie di rating del credito che emettono rating del credito nella
Comunità dovrebbero essere soggette ad obbligo di registrazione. La registrazione è il principale requisito affinché le agenzie di rating del credito emettano rating da utilizzare a fini regolamentari nella Comunità”.

La registrazione diventa quindi condizione necessaria (ma non sufficiente) per l’emissione di

rating

all’interno

di

tutto

il

territorio

comunitario.

La registrazione delle agenzie di rating rappresenta la parte del regolamento che maggiormente si è distaccata dal progetto originario della Commissione44. Esso, infatti, prevedeva inizialmente l’attribuzione totale delle competenze alle autorità nazionali, che avrebbero dovuto concedere, in via definitiva, la registrazione della
CRA. In modo da assicurare un migliore sistema di controllo, tuttavia, è stata
44

De Bellis M., op. cit., pagina 460

39

intrapresa una strada ben più complessa: ogni autorità nazionale competente in materia di agenzie di rating ha l’obbligo di costituire un collegio (considerando
46), ovvero una rete operativa competente e qualificata nella valutazione delle domande di registrazione, in grado di dialogare efficientemente con il sottocomitato specializzato del CESR (Committee of European Securities
Regulators), l’organizzazione delle CONSOB europee. Il procedimento di registrazione delle agenzie di rating è il seguente: la domanda di registrazione viene presentata dalla CRA direttamente al CESR, il quale poi, a sua volta, la trasmette all’Autorità competente dello Stato membro (articolo 15 c. 1 e 4).
L’autorità dello Stato di origine dell’agenzia e i membri del collegio competente, di comune accordo, redigono una bozza di decisione circa la concessione o il rifiuto della registrazione, motivandola ampiamente (articolo 16 c. 1) e trasmettendola al
CESR, affinché esprima il proprio parere sulla sussistenza dei requisiti. Dopo aver ricevuto tale parere, il collegio riesamina la bozza, ma, poiché non è in grado di emanare atti giuridicamente rilevanti, è l’Autorità competente del Paese di origine ad adottare la decisione finale.

Il sistema risulta fortemente complesso. Le

continue trasmissioni di informazioni da parte dei due livelli istituzionali (il CESR e l’Autorità Nazionale competente) non favoriscono di certo la sburocratizzazione e la semplificazione del processo di registrazione. La palese difficoltà del processo viene riconosciuta anche dal considerando numero 51 del Regolamento, che sottolinea l’impossibilità di adottare questo modello nel lungo periodo, rinviando le modifiche necessarie all’introduzione della Vigilanza Unica, prevista per il
Novembre 2014.

5.4 Il regolamento 462/2013
5.4.1 Il contesto
I nuovi meccanismi introdotti con il Regolamento 1060 del 2009 sono apparsi, agli occhi di molti45, inadeguati. La disciplina avviata, nonostante rappresentasse un primo vero passo, presentava grosse lacune. In primo luogo essa si basava sulle regole di condotta già inserite all’interno del codice IOSCO, in parte limitandosi a riprodurle, in parte provvedendo ad opportune specificazioni. Inoltre, la dottrina
45

Id., pagina 462

40

individua tre ulteriori problemi non risolti dal Regolamento 1060: il problema del finanziamento, ancorato al modello issuer-pays, l’assenza di un’azione di depotenziamento delle agenzie di rating e i notevoli limiti del sistema di registrazione, che, seppur concepito come soluzione temporanea, non può essere aprioristicamente esente da critiche.
Nacque così l’esigenza di introdurre un nuovo regolamento, in grado di limitare i problemi esistenti. La necessità di compiere ulteriori sforzi per regolamentare le agenzie viene descritta all’interno del considerando numero 2 del Regolamento 462:
“La risoluzione del Parlamento europeo dell’8 giugno 2011, sulle agenzie di rating del credito, chiedeva che le agenzie di rating del credito fossero regolamentate in maniera più rigorosa. Alla sua riunione informale del 30 settembre e 1° ottobre 2010, il Consiglio
Ecofin ha riconosciuto la necessità di compiere ulteriori sforzi per affrontare una serie di questioni inerenti alle attività di rating del credito”

5.4.2 Le finalità
Le finalità del Regolamento sono contenute all’interno del considerando numero
49: rafforzare l’indipendenza delle agenzie di rating del credito, promuovere processi e metodologie di rating del credito affidabili, attenuare i rischi associati ai rating sovrani, ridurre il rischio di un eccessivo affidamento ai rating da parte degli operatori del mercato e garantire un diritto di ricorso agli investitori. A temi e obiettivi già presenti nel Regolamento 1060, come la promozione di metodologie del rating affidabili o l’indipendenza delle agenzie, si affiancano tre finalità nuove, atte a far fronte al nuovo contesto legato alla seconda fase della crisi finanziaria.
Prima di tutto, si introduce per la prima volta il concetto di depotenziamento delle agenzie di rating. Viene percepita la necessità di un ridimensionamento dell’affidamento alle CRA, già auspicato in passato (De Bellis, 2010). Inoltre, i danni generati dai rating sovrani hanno portato i legislatori a considerare l’esigenza di una forte regolamentazione, in grado di evitare turbolenze di mercato. Infine, viene riconosciuta per la prima volta la possibilità di ricorso degli investitori (e non più solo degli emittenti) nei confronti delle agenzie di rating, in seguito a danni intenzionali, colpe e violazioni gravi inflitte da parte di queste ultime, nonostante venga riconosciuta (considerando numero 32) l’oggettiva difficoltà di imputare responsabilità alle CRA in caso di rapporto extracontrattuale.

41

5.4.3 La limitazione del ruolo delle agenzie di rating
Uno dei punti fondamentali del nuovo regolamento è sicuramente il tentativo di limitare il ruolo delle agenzie di rating. L’affidamento automatico ai rating elaborati dalle CRA viene pesantemente messo in discussione e, per contrastare la previgente situazione, il Regolamento prevede due dimensioni di azione, come specificato nel considerando numero 9: per prima cosa, gli enti creditizi e le imprese di investimento dovrebbero essere incentivate alla produzione interna di informazioni necessarie a stabilire il rischio di credito di strumenti finanziari o controparti: “Tali istituzioni dovrebbero evitare di stipulare contratti nei quali si affidano esclusivamente o meccanicamente ai rating del credito nonché astenersi dall’utilizzo degli stessi nei contratti quale unico parametro per valutare il merito di credito degli investimenti o per decidere di investire o disinvestire”.

Per essere in grado di ottenere un sistema di rating interno adeguato, l’articolo 5bis comma 5 sottolinea la necessità da parte degli enti creditizi e delle imprese di investimento di controllare ed affinare l’adeguatezza delle proprie procedure di valutazione. Inoltre gli stessi enti creditizi e le imprese di investimento vengono riconosciuti come gli organi responsabili ad incentivare gli investitori ad esercitare la diligenza dovuta (la c.d. due diligence), ovvero ad esercitare il non totale affidamento alle

agenzie

di

rating nelle

loro

scelte

di

investimento.

5.4.4 I rating sovrani
Per il fondamentale ruolo che i rating sovrani ricoprono, il Regolamento ha cercato di introdurre delle norme che consentissero di limitare l’effetto negativo delle valutazioni degli Stati da parte delle agenzie. Vengono dettate regole sulla trasparenza e sulle tempistiche dell’emissione di rating sovrani da parte delle CRA.
La trasparenza è migliorata attraverso l’obbligo di riesaminare i rating sovrani solo una volta ogni sei mesi (articolo 2bis paragrafo 5). Devono inoltre essere rese più accessibili e trasparenti le ricerche svolte, le ipotesi su cui sono basati i rating sovrani e il personale utilizzato. Infine, vige l’obbligo (considerando numero 45) di spiegazione, da parte della CRA, degli elementi fondamentali sottesi ai rating sovrani, mediante comunicato stampa allegato alla valutazione. Questi elementi sono analizzati nell’Allegato 1 comma 6:

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“L’agenzia di rating del credito, quando emette un rating sovrano o una prospettiva di rating correlata, fornisce contestualmente una relazione dettagliata che illustra tutte le ipotesi, i parametri, i limiti e le incertezze e qualsiasi altra informazione presa in considerazione ai fini della determinazione del rating sovrano o della prospettiva di rating. La relazione è pubblicamente accessibile, chiara e facilmente comprensibile”.

Per quanto riguarda le tempistiche di emissione dei rating sovrani, esse sono specificate dal considerando numero 42 e dall’Articolo 8bis commi 3 e 4. Vige l’obbligo di pubblicazione di tali rating solo dopo la chiusura delle attività di negoziazione e almeno un’ora prima della loro riapertura. Questo per evitare la possibilità di panico finanziario immediato, dettato da situazioni di downgrading, che porterebbero a pressioni sulle borse nazionali e sui titoli di Stato, aumentando lo spread dei rendimenti. Per lo stesso motivo viene previsto l’obbligo di divulgazione, alla fine di Dicembre di ogni anno, di un calendario dei successivi dodici mesi, in grado di fissare le date di pubblicazione dei rating sovrani e delle prospettive di rating. Queste pubblicazioni vengono, inoltre, limitate a due o tre nell’arco di un anno, se non esplicitamente richieste dagli Stati sovrani mediante regolare contratto

con

le

agenzie

di

rating.

5.4.5 I conflitti di interesse
In materia di conflitto di interesse, sono ampliate le norme previste dal regolamento 1060 del 2009, con l’introduzione dell’articolo 6bis, che vieta ad azionisti o soci delle agenzie di rating che detengono almeno il 5% del capitale o dei diritti di voto in una CRA, di possedere più del 5% del capitale o dei diritti di voto in un’altra agenzia di rating, di esserne membro del consiglio di amministrazione o sorveglianza o di avere il potere di nominarne o revocarne i membri. 5.4.6 La responsabilità civile delle agenzie di rating
Per la prima volta, il Regolamento 462 introduce il concetto di responsabilità delle agenzie di rating nei confronti di emittenti ed investitori. Nonostante lo stesso considerando numero 32 sottolinei la difficoltà nell’attribuzione di responsabilità civile alle agenzie di rating, non solo per rapporti extracontrattuali (investitore che utilizza i rating delle CRA), ma anche per la violazione di rapporti contrattuali tra

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emittente e agenzia di rating, viene auspicato un sistema legislativo in grado di
“prevedere un adeguato diritto al risarcimento del danno per gli investitori che si sono ragionevolmente affidati a un rating del credito emesso in violazione del regolamento 1060/2009, nonché per gli emittenti che subiscono danni per via di un rating del credito emesso in violazione del regolamento 1060/2009”. Tuttavia, l’unica situazione in cui il regolamento prevede l’esposizione a responsabilità civile delle agenzie di rating è per violazione intenzionale (o per colpa grave) degli obblighi imposti loro dal regolamento. Infatti, come indicato nel considerando numero 33, “l’attività di emissione di rating del credito comporta una certa valutazione di fattori economici complessi e l’applicazione di diverse metodologie può tradursi in risultati di rating differenti, senza che nessuno di essi possa essere considerato errato”. Non vengono individuati, quindi, criteri sulla base dei quali sia possibile definire un rating “errato” o “giusto”, e, nel caso sia considerato errato, venga offerta la possibilità di procedere civilmente. Bensì, per la moltitudine di metodologie e di strumenti, la responsabilità civile da parte della agenzie per l’emissione dei rating può essere fatta valere solo in caso di violazione grave o intenzionale del regolamento, fatto salvo che il soggetto danneggiato (sia esso investitore o emittente) sia in grado di provare il danno subito. È in ogni caso rimandato al diritto nazionale, come ripetutamente indicato nel regolamento
(considerando numero 35 e articolo 35bis) l’attuazione del procedimento di responsabilità nei confronti delle agenzie di rating.

6. Conclusione
In conclusione, è possibile affermare, alla luce dei dati e delle evidenze analizzate, che le agenzie di rating hanno avuto un importante ruolo nella crisi dei mutui subprime e in quella del debito sovrano dei Paesi periferici dell’Eurozona.
Le principali lacune riscontrate riguardano i conflitti di interesse e le metodologie di valutazione che non hanno permesso agli operatori di mercato di ottenere una visione veritiera sui principali prodotti strutturati.
Tuttavia, un’analisi che si concentri esclusivamente sugli errori delle agenzie di rating risulta essere sterile, se non miope. Altri elementi, infatti, sono entrati in gioco, ad aggravare una situazione già complessa.

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Come per esempio

l’immobilismo legislativo, che ha contribuito al proliferare di situazioni e comportamenti scorretti da parte delle CRA. Oppure l’incapacità degli operatori di mercato, specialmente quelli dotati di strumenti di analisi efficienti, di valutare autonomamente i rischi degli strumenti finanziari e quelli degli emittenti, senza affidarsi completamente alle agenzie di rating. Degna di nota, infine, per quanto concerne la crisi dei mutui subprime, è l’euforia irrazionale degli investitori, che ha contribuito ad alimentare la bolla speculativa immobiliare.
I mercati finanziari e i piccoli investitori necessitano di soggetti come le agenzie di rating, questo è indubbio. Ma, ancora più importante, necessitano che esse agiscano in maniera corretta e limpida. Una valutazione faziosa o inefficiente è deleteria per tutti i soggetti che ne usufruiscono.
Passi avanti notevoli nella disciplina delle agenzie di rating sono stati fatti grazie ai Regolamenti UE 1060/2009 e 462/2013. Nati colpevolmente tardi, si muovono però nella giusta direzione e consentiranno, in futuro, di diminuire i comportamenti errati. Ulteriori limature nelle parti considerate più deboli, come per esempio i sistemi di registrazione delle agenzie, sono in corso d’opera proprio in questi giorni. Lo sforzo legislativo è, finalmente, commisurato all’importanza delle agenzie di rating nel sistema finanziario.

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2013

7.1 Sitografia http://www.federalreserve.gov/releases/h15/data.htm 47

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