LE SOCIETA’ DI DIRITTO ITALIANO E IL TRATTAMENTO DELLE SOCIETA’ STRANIERE. L’OPERATIVITA’ TRANSFRONTALIERA DELLE SOCIETA’ ITALIANE ED EUROPEE
INTRODUZIONE
Esistono fatti, soggetti, rapporti,situazioni che presentano caratteri di estraneità rispetto ad uno Stato (o,più precisamente,rispetto al suo territorio) e che, specularmente, presentano punti di collegamento con un altro o più altri Stati. Tali situazioni richiedono una particolare regolamentazione da parte del legislatore nazionale che potrà intervenire con 2 tipi di norme:
- norme materiali o sostanziali:norme che recano la puntuale disciplina della fattispecie, rendendola applicabile,espressamente,anche a soggetti che non siano interni all’ordinamento di riferimento
- norme formali:norme che contengono la soluzione di possibili conflitti che si vengono a creare tra più possibili discipline astrattamente applicabili ad una determinata fattispecie che presenti punti di contatto con più ordinamenti giuridici
IL DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO
Il diritto internazionale privato è una disciplina giuridica che si occupa specificatamente dei problemi riconnessi con la necessità di stabilire il regime giuridico applicabile alle situazioni che presentino elementi di estraneità rispetto ad un ordinamento giuridico. Si tratta,cioè,dell’insieme delle norme giuridiche statali chiamate a determinare i criteri per l'individuazione del diritto applicabile da parte del giudice nei rapporti giuridici interprivati connotati da elementi di estraneità.
LA LEGGE REGOLATRICE DELLE SOCIETA’ O LEX SOCIETATIS. L’APPLICABILITA’ DELLE NORME DELL’ORD. GIURIDICO ITALIANO ALLE SOCIETA’ STRANIERE
Il diritto societario è un diritto a forte vocazione nazionale.
Per quanto attiene alle società e agli altri enti associativi,la legge di riferimento per la soluzione dei potenziali conflitti tra norme applicabili,nel nostro ordinamento, è la legge 218 del 1995. Prima della sua emanazione l’articolo di riferimento era l’art. 17 delle preleggi (abrogato con l’emanazione della legge in esame),che dettava un richiamo alla legge dello Stato al quale le persone appartengono (si trattava di una formulazione ambigua del concetto di nazionalità). La legge 218 introduce una nuova regola,rovescia la situazione preesistente:l’articolo 25 stabilisce
1. Le società, le associazioni, le fondazioni ed ogni altro ente, pubblico o privato, anche se privo di natura associativa, sono disciplinati dalla legge dello Stato nel cui territorio è stato perfezionato il procedimento di costituzione. Si applica, tuttavia, la legge italiana se la sede dell'amministrazione è situata in Italia, ovvero se in Italia si trova l'oggetto principale di tali enti.
2. In particolare sono disciplinati dalla legge regolatrice dell'ente:
a) la natura giuridica;
b) la denominazione o ragione sociale;
c) la costituzione, la trasformazione e l'estinzione;
d) la capacità;
e) la formazione, i poteri e le modalità di funzionamento degli organi;
f) la rappresentanza dell'ente;
g) le modalità di acquisto e di perdita della qualità di associato o socio nonché i diritti e gli obblighi inerenti a tale qualità;
h) la responsabilità per le obbligazioni dell'ente;
i) le conseguenze delle violazioni della legge o dell'atto costitutivo.
3. I trasferimenti della sede statutaria in altro Stato e le fusioni di enti con sede in Stati diversi hanno efficacia soltanto se posti in essere conformemente alle leggi di detti Stati interessati.
L’ambito di applicazione soggettivo della norma è molto amplio:il riferimento è,in generale,ad ogni ente pubblico o privato anche se privo di natura associativa;dunque, ad ogni centro autonomo di imputazione di diritti e di doveri,che si distingua dalle persone che lo compongono.
Il criterio generale dettato al 1° comma per stabilire la disciplina applicabile è quello della lex incorporationis, in base alla quale troverà applicazione la normativa dello Stato dove l’ente si è costituito. La regola è mitigata nella seconda parte dello stesso primo comma, con la precisazione che esistono due eccezioni all’applicazione della legge del luogo di incorporazione (Si applica, tuttavia, la legge italiana se la sede dell'amministrazione è situata in Italia, ovvero se in Italia si trova l'oggetto principale di tali enti).
Attraverso questa norma lo Stato italiano riconosce l’esistenza di enti creati all’estero, attribuendo efficacia diretta al proprio interno al diritto dello Stato nel quale l’ente è stato costituito,senza necessità di autonoma e successiva recezione interna.
Il criterio dell’incorporazione non è l’unica soluzione che il diritto internazionale privato dà alla questione della legge regolatrice della società. Esiste,infatti,un altro possibile criterio di soluzione del conflitto tra norme: il criterio della sede reale o sede effettiva. In base a questo secondo parametro, le società vengono assoggettate alla legislazione dello Stato in cui abbiano stabilito la propria sede amministrativa effettiva, ovverosia il centro da cui promanano le decisioni relative alla gestione, che può discostarsi dal luogo della sede formale o statutaria.
È possibile distinguere tra gli ordinamenti europei due gruppi, in base al criterio adottato. Per la precisione a queste due macro categorie ne andrebbe poi affiancata una terza, nella quale per altro rientrerebbe anche il nostro ordinamento: quella degli Stati che adottano un criterio misto.
1. criterio del luogo di incorporazione:ordinamento britannico, danese, olandese, statunitense, …
2. criterio della sede effettiva:ordinamento francese, tedesco, belga, austriaco, …
3. criterio misto
Al 2° comma l’art. 25 elenca le materie che devono intendersi comprese dell’ambito della lex societatis. Si tratta,secondo l’interpretazione diffusa,di un’elencazione meramente esemplificativa:aperta e destinata ad essere integrata con ulteriori materie.
Si può dire in generale che rientrano nella lex societatis tutte le norme riconducibili al contratto di società.
Si potrebbe porre un problema di possibile coordinamento con la Convenzione di Roma del 1980 in tema di legge applicabile alle obbligazioni contrattuali. La legge 218 stabilisce che la Convenzione trova applicazione in ogni caso per la determinazione della legge applicabile alle obbligazioni nascenti dal contratto (lex contrasctus). Sono,invece,escluse espressamente dall’ ambito applicativo della Convenzione le questioni inerenti al diritto di società, associazioni, persone giuridiche quali costituzione, capacità giuridica, organizzazione interna, scioglimento, responsabilità personale dei soci per le obbligazioni imputabili all’ente.
Ricadono nella lex societatis anche quei peculiari effetti anticipatori che taluni ordinamenti riconoscono alla stregua di società preliminare,mentre non vi rientrano gli atti preliminari alla futura costituzione .
Sono altresì disciplinati dalla legge regolatrice dell’ente i conferimenti;le modalità di emissione e circolazione delle azioni, il loro valore nominale ed ogni altra questione che attenga la loro natura di strumenti di partecipazione alla società;mentre,saranno regolati dalla lex contractus i contarti aventi ad oggetto la cessione delle azioni sotto il profilo della formazione del consenso,della responsabilità precontrattuale,delle garanzie inerenti alla vendita.
I poteri degli organi sociali,il regime della resp. per le obbligazioni sociali e le cause di scioglimento e liquidazione trovano integrale regolamentazione nella legge del luogo dell’incorporazione.
Si è accennato prima all’eccezione che viene introdotta dal 1° comma II° parte dell’art. 25 rispetto alla regola della lex incorporationis. Si specifica che in ogni caso la legge italiana trova applicazione quando la sede dell’amministrazione è situata in Italia ovvero quando in Italia si trova l’oggetto principale di tali enti. La società straniera che abbia in Italia la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale dell’attività esercitata,è disciplinata dalla legge italiana.
La sede amministrativa,in contrapposizione alla sede statutaria o formale,è il luogo dove effettivamente le decisioni d’impresa vengono prese. Per quanto riguarda l’oggetto principale di tali enti si ritiene che esso si trovi in Italia quando in Italia è svolta parte essenziale o prevalente dell’attività produttiva o di scambio, che sarà valutata avendo riguardo all’attività statutariamente prevista ma anche alla prevalenza in senso economico.
Due sono le linee interpretative riguardo a questi casi:
- legge italiana e legge straniera sono destinate a trovare attuazione congiunta o cumulativa:c’è chi ritiene che la legge italiana è applicabile in forma dell’eccezione correttiva e la legge straniera del luogo di incorporazione troverebbero applicazione cumulativamente
- c’è chi ritiene che,ab inizio,gli enti in questione sarebbero regolati dalla legge dello Stato di costituzione per poi passare successivamente,dal momento del trasferimento in Italia della sede dell’amministrazione o dell’oggetto principale dell’attività, alla disciplina italiana. Eventuali conflitti dovrebbero essere risolti sulla base del pr. tempus regit actum.
SOCIETA’ STRANIERE COMUNITARIE(ENTRO L‘AMBITO DELL‘UE)
Il criterio della sede effettiva (e conseguentemente, il criterio correttivo di cui ora si è fatto cenno, individuato dall’art. 25 1° comma,II parte), come meglio si vedrà in seguito, si colloca in contrasto con la libertà di stabilimento,come enunciata dal TCE e specificata nelle sue sentenze dalla CdG. Quando,dunque,una società straniera (cioè,una società in cui il procedimento di incorporazione abbia avuto luogo all’estero) sia stata costituita in un Paese membro dell’UE, si rende necessario escludere l’applicabilità dell’art. 25 1° comma,II parte:nelle sue pronunce,infatti, la CdG ha sostanzialmente recepito il criterio dell’incorporazione,subordinando la facoltà degli Stati membri di introdurre limitazioni alla libertà di stabilimento al solo ricorrere di motivi di ordine pubblico,di pubblica sicurezza o di sanità pubblica (in conformità con il dettato dell’art. 46 TCE) e al rispetto di 4 criteri (non discriminatorietà, giustificazione di interesse generale, idoneità e proporzionalità → vedi oltre).
Pertanto,il criterio identificativo della lex societatis dettato dalla seconda parte del 1° comma dell’art. 25 troverà integrale applicazione solo rispetto alle società straniere costituite in uno Stato che non sia membro dell’UE.
Dunque,la deroga di cui all’art. 25 non troverà applicazione per le società costituite in altri Paesi membri,così come,del resto,dovranno in questi casi essere disapplicate anche le altre norme ingiustificatamente discriminatorie o comunque non sorrette dalle esigenze imperative di cui si è fatto cenno:viene in considerazione l’art. 2509-bis a tenore del quale fino all'adempimento delle formalità relative alla pubblicità delle filiali e delle succursali, coloro che agiscono in nome della società rispondono illimitatamente e solidalmente per le obbligazioni sociali.
SOCIETA’ DI DIRITTO ITALIANO E SOCIETA’ STRANIERE EXTRACOMUNITARIE(FUORI DALL‘AMBITO DELL‘UE)
Facciamo un quadro generale:nel nostro ordinamento si possono distinguere 3 situazioni
- società di diritto italiano(soggette al diritto italiano):società costituite in Italia e società costituite all’estero che abbiano localizzato in Italia la sede amministrativa o l’oggetto principale della loro attività economica
- società di diritto straniero :società costituite all’estero che abbaino mantenuto all’estero la sede amministrativa e l’oggetto principale della loro attività economica, ovvero che abbiano localizzato l’una o l’altra in un Paese diverso dall’Italia
- società straniere soggette al diritto italiano a fini determinati:le società costituite all’estero che abbiano stabilito nel territorio italiano una o più sedi secondarie con rappresentanza stabile. Queste rimangono persone giuridiche di diritto straniero,soggetti la cui esistenza,capacità e struttura debbano essere giudicate in base alla legge dello Stato nel quale sia siano costituite. In questo caso abbiamo una connessione di minore intensità:è applicabile,a fini determinati,anche la legge italiana.
Concentriamoci su quest’ultima categoria.
Per sede secondaria con rappresentanza stabile dovrà intendersi una succursale in senso comunitario (Undicesima direttiva), cioè un’articolazione organizzativa sprovvista di personalità giuridica che effettua parte dell’attività d’impresa ed è diretta da un soggetto espressamente incaricato dell’esercizio in sede locale (che potrà o meno essere il componente di un organo della società principale).
Esistono, per ragioni di trasparenza e tutela dei terzi che si trovino a contrarre con la sede secondaria, specifici obblighi pubblicitari. L’art. 2508 c.c. stabilisce che :
“Le società costituite all'estero, le quali stabiliscono nel territorio dello Stato una o più sedi secondarie con rappresentanza stabile, sono soggette, per ciascuna sede, alle disposizioni della legge italiana sulla pubblicità degli atti sociali. Esse devono inoltre pubblicare, secondo le medesime disposizioni, il cognome, il nome, la data e il luogo di nascita delle persone che le rappresentano stabilmente nel territorio dello Stato, con indicazione dei relativi poteri.”
-troveranno applicazione le norme interne in tema di adempimenti pubblicitari relative al tipo sociale italiano a cui la società straniera sia riconducibile o, quando non ci sia nessuna possibile corrispondenza, quelle previste per l’s.p.a.(art.2509 c.c.:norma di chiusuraconsente il corretto funzionamento del sistema improntato alla trasparenza e all‘assolvimento di precisi oneri pubblicitarii anche qualora le peculiarità delle società di diritto straniero siano tali da non rendere possibile la qualificazione secondo uno dei tipi normativi interni).
“Ai terzi che hanno compiuto operazioni con le sede secondaria non può essere opposto che gli atti pubblicati ai sensi dei commi precedenti sono difformi da quelli pubblicati nello Stato ove è situata la sede principale.
Le società costituite all'estero sono altresì soggette, per quanto riguarda le sedi secondarie, alle disposizioni che regolano l'esercizio dell'impresa o che la subordinano all'osservanza di particolari condizioni.
Negli atti e nella corrispondenza delle sedi secondarie di società costituite all'estero devono essere contenute le indicazioni richieste dall'articolo 2250; devono essere altresì indicati l'ufficio del registro delle imprese presso la quale è iscritta la sede secondaria e il numero di iscrizione.”
L’art. 2509 bis c.c.,sopra citato,stabilisce inoltre la responsabilità personale illimitata e solidale per le obbligazioni assunte di chi agisce in nome della società,quando non siano ottemperati gli obblighi pubblicitari ora esposti.
La resp. riguarderà tutti i soggetti che abbiano negoziato,indipendentemente dal rapporto sulla base del quale abbiano agito.
L’ord. italiano non subordina al possesso di particolari requisiti concernenti la cittadinanza o la residenza la possibilità di costituire società su territorio della Repubblica, di acquisire partecipazioni in società già costituite o di assumervi il ruolo di amministratori. Le persone giuridiche e fisiche straniere sono dunque libere in linea di principio di operare in tal senso, alla sola condizione della reciprocità:se tale condizione sussiste,il socio straniero viene in tutto equiparato al socio italiano.
L’INTERNAZIONALIZZAZIONE DELLE IMPRESE ITALIANE. LE FUSIONI TRANSFRONTALIERE
Per l’imprenditore italiano che intenda internazionalizzare la propria attività, avviando contatti commerciali con l’estero, non ci sono limiti impeditivi.
L’imprenditore che intenda esercitare parte della propria attività in modo stabile all’estero dovrà richiedere alla Camere di Commercio del luogo in cui ha la sua sede, un codice identificativo e sarà inserito in un apposito Archivio. A ciò si aggiunge l’onere di tenere le scritture contabili necessarie all’operatività transfrontaliera.
Ci sono diverse modalità di avviare un processo di internazionalizzazione dell’impresa:
- la modalità più comune è l’apertura di filiali e succursali. Sono previsti in questi casi specifici oneri di’iscrizione nel registro delle impresa dove l’impresa in questione ha la sua sede principale.
Se il trasferimento della sede amministrativa o dell’oggetto principale dell’attività di una società straniera in Italia comporta ai sensi dell’art. 25, come visto, l’assoggettamento alla legge italiana,la stessa regola non vale a contrario quando ci sia spostamento all’estero della sede amministrativa o dell’oggetto principale dell’attività di una società costituita in Italia. Resta,cioè,applicabile il diritto italiano.
- altra possibile modalità è il trasferimento della sede legale o principale,senza mantenere sul territorio italiano né la sede dell’amministrazione né l’oggetto principale dell’attività esercitata,cessa,in questo caso,la subordinazione alla legge italiana. La legittimità e l’efficacia di detto trasferimento è subordinato alla conformità non solo alla legge dello Stato di appartenenza,ma anche a quella dello Stato di destinazione (art .25 3° comma,legge 218).,altrimenti potrebbe rendersi necessario lo scioglimento dell’ente nazionale e la sua successiva ricostituzione nel Paese di destinazione (vedi però in ambito comunitario le questioni di incompatibilità di questa soluzione con la liberà di stabilimento).
s.p.a.:mentre la decisione di trasferire la sede sociale nell’ambito del territorio nazionale può essere statutariamente attribuita all’organo amministrativo,la competenza per il trasferimento della sede all’estero appartiene obbligatoriamente all’assemblea straordinaria. L’adozione della relativa delibera legittima i soci che non vi abbiano preso parte ad esercitare il diritto di recesso per tutte o parte delle loro azioni.
- Altra modalità ancora è la fusione transfrontaliera.
L’ultimo comma dell’art. 25 della legge 218 stabilisce che i trasferimenti della sede statutaria in altro Stato e le fusioni di enti con sede in Stati diversi hanno efficacia soltanto se posti in essere conformemente alle leggi di detti Stati interessati. Dunque,perché l’operazione possa essere perfezionata occorre che tutti gli ordinamenti coinvolti prevedano compiutamente l’istituto. Ogni società sarà tenuta a rispettare le norme del proprio ordinamento di appartenenza (applicazione distributiva della legge),fatti salvi quegli aspetti procedimentali per cui si richieda un’attività comune delle società interessate,per i quali troveranno cumulativamente applicazione tutte le lex societatis coinvolte. È da notare in proposito che ordinamenti quali ad esempio la Germania o l’Austria non ammettono sostanzialmente fusioni che coinvolgano società di diritto straniero(solo “fusioni interne“). La legge vieta ad una società tedesca di fondersi con una società straniera,sia nel caso in cui la risultante della fusione sia una società “straniera”,avente sede cioè in un Paese diverso dalla Germani,sia nel caso opposto. Altri Paesi,come ad esempio il Regno Unito,non contemplano istituti completamente assimilabili alla fusione.
Per quanto attiene l’ambito comunitario,i divieti di fusione tra società con sede in Stati differenti così come le restrizioni procedurali a queste operazioni espongono le legislazioni che li prevedono alla declaratoria di illegittimità per contrasto con il diritto comunitario ed in particolare con la libertà di stabilimento (fatta salava la possibilità di introdurre limiti in conformità all’art. 46 TCE per ragioni imperative di interesse generale, sempre che siano rispettai i 4 requisiti di non discriminatorietà, giustificazione di interesse generale, idoneità e proporzionalità). In questo senso si muove la sent. Sevic pronunciata dalla CdG nel 2005 (vedi oltre).
Del procedimento di fusione transfrontaliera si occupa oggi specificatamente,in ambito comunitario,la direttiva 56/2005,almeno per quanto concerne le società di capitali; rimangono escluse dall’ambito di operatività della direttiva le società di persone e le società aventi ad oggetto l’investimento collettivo di capitali raccolti presso il pubblico. È rimesso agli Stati membri stabilire l’applicabilità o meno della legge di recepimento alle società cooperative. Vengono stabilite le regole per una procedura uniforme .
In applicazione del Regolamento 2175/2001 inoltre la fusione di due società aventi sede in Stati membri differenti può condurre alla costituzione di una Società Europea.
IL PROCESSO DI ARMONIZZAZIONE DEL DIRITTO SOCIETARIO EUROPEO
INTRODUZIONE
L’armonizzazione del diritto societario europeo rientra nel più ampio progetto di realizzare un mercato unico tra gli Stati membri dell’Unione Europea ed è finalizzato a favorire il raggiungimento degli obiettivi che sono alla base della creazione delle istituzioni comunitarie ed in particolare la libertà di stabilimento degli operatori commerciali.
Con il processo di armonizzazione le istituzioni comunitarie intendono mettere in armonia le discipline predisposte negli Stati membri,inducendo questi ultimi ad introdurre nei propri ordinamenti delle regole operazionali che conducano ad un medesimo risultato:si tratta di un processo che ben si distingue dunque dall’uniformazione (che è stata,invece,ad esempio scelta per rendere conformi e dunque confrontabili i conti consolidati delle società quotate che, a partire dal 2005, devono essere redatti nel rispetto dei Principi contabili internazionali → Regolamento 1606 del 2002).
Il processo di armonizzazione viene realizzato essenzialmente in due modi :
1. attraverso la revisione delle regole già esistenti nei diversi ordinamenti,al fine di limare le diversità e di avvicinare le soluzioni
2. attraverso la proposta di un nuovo modello base unitario
LA BASE GIURIDICA PER L’ARMONIZZAZIONE DEL DIRITTO SOCIETARIO
Il presupposto normativo degli interventi di armonizzazione tra le normative nazionali in materia societaria può essere individuato :
- negli articoli 43 e 48 TCE che danno riconoscimento alla libertà di stabilimento “alle società costituite conformemente alla legislazione di uno Stato membro e aventi le sede sociale,l’amministrazione centrale o il centro di attività principale all’interno della Comunità”
Tel libertà si sostanzia: -nella possibilità di trasferire la sede sociale in uno Stato membro diverso da quello di origine -nella possibilità di aprire agenzie,succursali o filiali in uno o più Stati membri
La armonizzazione delle legislazioni societarie sarebbe funzionale per la piena ed effettiva realizzazione della libertà di stabilimento.
- nell’art. 44 TCE che stabilisce che per realizzare la libertà di stabilimento in una determinata attività, il Consiglio, in conformità della procedura di cui all'art. 251 e previa consultazione del Comitato economico e sociale, delibera mediante direttive. In particolare l’art. 44 precisa nel proseguio che il Consiglio e la Commissione in particolare si occupano di coordinare, nella necessaria misura e al fine di renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società a mente dell'art. 48 per proteggere gli interessi tanto dei soci come dei terzi.
- nell’art. 94,relativo alla materia del riavvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri che abbiano un'incidenza diretta sull'instaurazione o sul funzionamento del mercato comune, in base al quale il Consiglio deve stabilire direttive a ciò funzionali.
- nell’art. 293 che sancisce un vero e proprio obbligo degli Stati membri a contrarre per garantire il reciproco riconoscimento delle società a mente dell’art. 48, il mantenimento della personalità giuridica in caso di trasferimento della sede da un Paese ad un altro e la possibilità di fusione di società soggette a legislazioni nazionali diverse.
Lo strumento delle convenzioni internazionali così predisposto non ha incontrato in realtà nella prassi applicativa particolare successo. Va segnalata la Convenzione del 1968 sul reciproco riconoscimento delle società e persone giuridiche,mai entrata in vigore per la mancata ratifica dell’Olanda. Altro settore in cui è tentata la strada della Convenzione,senza successo,è quello delle fusioni transfrontaliere tra società di capitali.
Lo strumento utilizzato per raggiungere l’obiettivo dell’armonizzazione è la direttiva(strumento che vincola lo Stato membro per quanto riguarda il risultato,ma non i mezzi per raggiungerlo). Così, a partire dagli anni ’60 sono state emanate diverse direttive di armonizzazione del diritto societario. In particolare sono state emanate:
- Prima Direttiva Societaria:pubblicità degli atti societari,validità degli obblighi assunti dagli amministratori,nullità delle società di capitali
- Seconda Direttiva:costituzione della società per azioni,salvaguardia e modifiche del capitale sociale
- Terza e Sesta Direttiva:fusione e scissione delle società per azioni
- Quarta e Settima direttiva:bilancio annuale di alcuni tipi di società e di bilancio consolidato dei gruppi di società
- Ottava direttiva:abilitazione dei soggetti incaricato per legge al controllo dei documenti contabili
- Decima direttiva:fusioni transfrontaliere
- Undicesima direttiva:pubblicità delle succursali create in uno Stato membro da taluni tipi di società soggette al diritto di un latro Stato
- Dodicesima direttiva:società a responsabilità limitata con un unico socio
- Tredicesima direttiva:offerte pubbliche d’acquisto
Analizziamole singolarmente.
1. La Prima Direttiva Societaria (151/‘68) si occupa come anticipato di(società per azioni,società in accomandita per azioni e società a resp. limitata):
- pubblicità degli atti societari (sezione I)
- validità degli obblighi assunti in nome della società dagli amministratori (sezione II)
- nullità della società (sezione III)
• La sezione I è stata di recente modificata con direttiva 58/2003. La modifica è stata adottata in seguito alle raccomandazioni avanzate all’interno del programma SLIM (Simplification of the Legislation on the Internal Market). Essa ha riguardato in particolare 3 questioni:
- necessità di introdurre un sistema di pubblicità elettronico da affiancare al sistema tradizionale al fine di garantire l’accesso alle informazioni su scala europea
- necessità di autorizzare le società di capitali al deposito e alla diffusione su base volontaria degli atti e delle indicazioni obbligatorie anche in altre lingue ufficiali. Le traduzioni dovrebbero far fede nei confronti dei terzi che agiscono in buona fede.
- adeguamento del contenuto della direttiva del 1968 rispetto alle direttive intervenute successivamente specie in materia contabile
La Prima direttiva specifica qual è il contenuto minimo dell’obbligo pubblicitario a cui sono tenute le società di capitali. A ciascuno Stato membro spetterà decidere se optare per la realizzazione di
- un sistema di registrazione a livello centrale
- un sistema di registrazione decentrato
La pubblicità è garantita attraverso la pubblicazione nel bollettino nazionale designato da ciascuno Stato membro del documento integrale o di un suo estratto o attraverso la comunicazione del suo avvenuto deposito. Dopo una vacatio di 15 giorni la società potrà opporre ai terzi gli atti pubblicati. A questo obblighi pubblicitari si aggiunge l’obbligo di indicare nella corrispondenza le informazioni necessarie per individuare il registro delle imprese di riferimento per quell’ente.
Agli Stati spetta stabilire le sanzioni adeguate da comminare per l’omessa pubblicità e per la mancanza delle indicazioni necessarie nei documenti commerciali.
È evidente come il contenuto di questa direttiva sia ormai entrato a far parte del nostro ordinamento tanto da apparirci del tutto scontato:ma ciò non toglie che nel 1968 si trattò di una vera svolta.
• La sezione II si occupa della validità degli obblighi assunti in nome della società, prima e dopo la sua incorporazione. o Viene innanzitutto presa in considerazione l’ipotesi in cui siano stati compiuti degli atti in nome di una società in formazione(società che ancora non abbia acquisito la personalità giuridica):la direttiva stabilisce che se successivamente all’incorporazione la società non assume su di sè gli obblighi derivati da tali atti,allora ne risponderanno personalmente,in maniera illimitata e solidale coloro che abbiano agito in suo nome, salvo convenzioni contrarie. o Viene in secondo luogo presa in considerazione l’ipotesi in cui siano stati compiuti degli atti in nome di una società da parte dei soggetti a cui è attribuito il potere di rappresentare la società e la cui nomina sia stata pubblicizzata. Ogni irregolarità nel procedimento di nomina non è opponibile ai terzi in buona fede una volta che siano state adempiute le formalità previste dalla legge per la pubblicità della nomina stessa a meno che la società provi che i terzi fossero a conoscenza di tali irregolarità. A ciò si aggiunga che le limitazioni al potere di rappresentanza hanno un valore esclusivamente endosocietario e non sono opponibili ai terzi nemmeno quando risultino dallo statuto (nel nostro ordinamento si prevede,tuttavia,in questi casi l’exceptio doli per cui la limitazione è opponibile ai terzi se questi abbiano intenzionalmente agito a danno della società). La direttiva,poi,stabilisce che gli atti dei rappresentati obbligano la società verso i terzi anche qualora siano estranei all’oggetto sociale a meno che non eccedano i limiti che la legge conferisce a detti organi.
• La sezione III si occupa di nullità della società. La direttiva contiene un elenco tassativo delle cause di nullità delle società di capitali. Tale elenco non può essere ampliato dal legislatore nazionale (nulla vieta però che venga ridotto,come fatto dal nostro legislatore). Sono cause di nullità: o mancanza dell’atto costitutivo o mancata osservanza delle regole relative al controllo preventivo o alla forma di atto pubblico o oggetto sociale illecito o contrario all’ordine pubblico o mancanza, nell’atto costitutivo o nello statuto,di alcune indicazione fondamentali (denominazione sociale,conferimenti,capitale sociale,oggetto sociale) o inosservanza delle norme nazionali in tema di liberazione dei conferimenti o incapacità di tutti i soci fondatori
La sent. che dichiara la nullità può essere opposta ai terzi solo una colta che le sia stata data pubblicità nelle modalità prescritte. I terzi possono impugnare la sent.,mediante opposizione, entro 6 mesi dalla data di pubblicazione.
Le cause di nullità non comportano l’immediata estinzione della società:si aprirà una procedura di liquidazione (si vuole garantire che gli obblighi assunti dalla società o nei confronti della società vengano pregiudicati):pr. della conversione delle cause di nullità in cause di liquidazione della società.
2. La Seconda Direttiva Societaria (direttiva 91/‘77) si occupa come detto di(destinata alle sole società per azioni):
- costituzione della società per azioni e conferimenti
- salvaguardia del capitale sociale minimo:divieto di sottoscrizione di azioni proprie e limiti all’acquisto di azioni proprie;limiti ai prestiti per l’acquisto di azioni proprie;limiti alla sottoscrizione e all’acquisto di azioni proprie tramite società controllate
- modifiche del capitale sociale(aumento e riduzione)
L’ambito applicativo della direttiva in esame riguarda le sole s.p.a. e può essere ulteriormente limitato dagli Stati membri che possono decidere di non renderla applicabile alle società cooperative nella forma di s.p.a. e alle società di investimento a capitale varabile (SICAV).
Vanno segnalati due importanti interventi di modifica rispetto all’assetto originario della direttiva:
- direttiva 101/92 che ha introdotto la disciplina della sottoscrizione/acquisto di azioni proprie tramite società controllate
- direttiva 68/2006 che ha modificato le procedure per le operazioni sul capitale, rendendole più snelle e ha eliminato alcuni superflui oneri pubblicitari
Per quanto attiene alla costituzione delle s.p.a. la direttiva prescrive una fondamentale condizione:sottoscrizione di un capitale minimo che gli Stati membri non possono fissare a meno di 25,000 euro (nel nostro ordinamento è fissato a 120.000).
Non si prevede un numero minimo di soci.
Viene stabilito quali sono i contenuti minimi dell’atto costitutivo.
Quanto alla forma,se gli Stati membri non prevedono un controllo preventivo di natura amministrativa o giudiziaria,l’atto costitutivo e le successive modifiche devono rivestire la forma dell’atto pubblico.
Per quanto attiene ai conferimenti il legislatore comunitario stabilisce che il capitale sottoscritto può essere costituito unicamente da elementi suscettibili di validazione economica e precisa inoltre che tra questi non possono essere ricompresi impegni di esecuzione e lavori o di prestazione di servizi.
La disciplina si divide a seconda del tipo di conferimento:
- per le azioni emesse a fronte di conferimenti in contanti la direttiva richiede che esse siano liberate in misura non inferiore al 25% del capitale nominale
- per le azioni emesse a fronte di conferimenti in natura la direttiva richiedere che esse siano interamente liberate entro 5 anni dalla costituzione della società. È prevista per questi ultimi conferimenti una procedura di valutazione da parte di esperti indipendenti designati o autorizzati dall’autorità giudiziaria o amministrativa. La direttiva attribuisce agli Stati membri la facoltà di non richiedere la redazione della relazione di valutazione degli esperti se il 90% del valore nominale di tutte le azioni è emesso come corrispettivo di conferimenti non in contanti effettuati da una società (a certe condizioni tra cui la pubblicazione di questa decisone presa da chi ha sottoscritto l’atto costitutivo). La direttiva 68/2006 ha introdotto altre possibilità in cui gli Stati membri possono prevedere l’esenzione dall’obbligo di redazione della relazione: o La prima ipotesi ricorre quando i conferimenti non in contanti hanno ad oggetto dei valori mobiliari (cioè valori, esclusi gli strumenti di pagamento,che possono essere negoziati nel mercato dei capitali),valutati al prezzo medio ponderato al quale sono stati negoziati su uno o più mercati regolamentati durante un periodo sufficiente. o La seconda ipotesi riguarda qualsiasi conferimento non in denaro ad esclusione dei valori mobiliari il cui valore equo sia stato valutato da un esperto indipendente in una data non anteriore a 6 mesi rispetto alla data del conferimento. o La terza ipotesi riguarda il caso in cui il conferimento non in denaro riguardi attività il cui valore equo si ricavi dai conti obbligatori relativi all’esercizio precedente.
Vi è la previsione di un obbligo di informazione e di pubblicità del procedimento di valutazione dei conferimenti non in contanti.
Per quel che riguarda l’acquisto di azioni proprie la direttiva introduce diverse limitazioni in tutela degli azionisti e dei creditori,in ragione degli evidenti rischi di compromissione del capitale sociale che essa presenta.
La direttiva 68/2006 ha per altro recentemente rivisitato queste regole,nel senso di rendere l’operazione più flessibile:una modifica molto importante è la cancellazione del limite quantitativo sull’acquisto pari al 10% del capitale nominale (per quanto si prevede che un limite possa essere stabilito dagli Stati,ma tale limite non può essere inferiore al 10% del capitale sociale). È in ogni caso sempre necessaria l’autorizzazione dell’assemblea. L’operazione potrà essere effettuata esclusivamente attraverso l’utilizzo delle riserve disponibili e degli utili distribuibili. L’operazione inoltre può riguardare solamente azioni interamente liberate. Le azioni acquistate in violazione delle regole stabilite dalla direttiva devono essere trasferite entro 1 anno o altrimenti annullate.
Per quanto riguarda,invece,la sottoscrizione di azioni proprie di nuova emissione la direttiva pone un divieto assoluto.
Per quel che riguarda invece l’anticipazione di fondi ovvero la concessione di prestiti o garanzie per l’acquisto di azioni proprie la direttiva 68/2006 ha modificato la precedente situazione,che constava in un divieto assoluto,introducendo la possibilità di procedervi,entro certi limiti quantitativi.
Le operazioni di anticipazione di fondi e di concessione di prestiti o di garanzie avvengono su iniziativa e sotto la resp. degli amm.,a condizioni di mercato equo,tenendo conto della solvibilità del terzo. Le operazioni devono essere approvate dall’assemblea sulla base di una relazione presentata dagli amm.
L’esposizione finanziaria della società non può superare l’ammontare degli utili distribuibili e delle riserve disponibili. Questo limite non è previsto nel caso di operazioni effettuate per l’acquisto di azioni da parte o per il personale della società o di società collegata, né nel caso in cui le operazioni siano effettuate da banche e società di investimenti.
Per quel che riguarda la sottoscrizione e l’acquisto di azioni attraverso società controllate si è già anticipato come in materia sia intervenuta la direttiva 101/‘92,al fine di evitare l’elusione della disciplina relativa all’acquisto e alla sottoscrizione di azioni proprie attraverso il ricorso ad una società controllata.
Veniamo ora all’ultimo aspetto preso in considerazione dalla Seconda direttiva, e cioè le modifiche del capitale sociale.
Per quel che riguarda l’aumento, la direttiva prende in considerazione il solo aumento a pagamento,no quello gratuito.
Non si disciplina,per altro,quali siano le condizioni per poter procedere a questa operazione ma solamente la procedura da seguire. Si stabilisce come competente a deliberare l’aumento del capitale sociale a pagamento sia l’assemblea. La stessa assemblea o lo statuto,per altro,possono prevedere che l’aumento venga disposto da un altro organo,ma la delega non può protrarsi per oltre 5 anni e può coprire solo un aumento entro un massimo prestabilito.
L’aumento del capitale sociale può essere scindibile o meno:in mancanza di una previsione contraria la direttiva stabilisce che la regola sia quella dell’inscindibilità (per cui la delibera perde efficacia se il capitale non viene interamente sottoscritto).
A fronte della decisone della società di aumentare il capitale sociale,ai soci viene riconosciuto il diritto di opzione sulle azioni di nuova emissione. Vale per quel concerne i conferimenti la disciplina vista per la costituzione,salvo il fatto che per i conferimenti in denaro l’eventuale sovrapprezzo dovrà essere versato interamente.
Per quel che riguarda la riduzione del capitale sociale si distinguono le 2 ipotesi di riduzione per perdite e 1 di riduzione reale (che avviene svincolando le risorse superflue che vengono distribuite ai soci ovvero liberando i soci dai versamenti ancora dovuti). Nel caso di riduzione reale si prevede in garanzia dei terzi creditori il diritto di ottenere una garanzia.
A queste tre ipotesi la direttiva affianca poi 3 ipotesi speciali di riduzione, attribuendo agli Stati membri la facoltà di prevedere al loro interno una disciplina di queste ipotesi:
- ammortamento del capitale sociale sottoscritto senza riduzione:consiste nel rimborso del valore nominale delle azioni senza che venga ridotto il capitale nominale. Ciò potrà avvenire solo a mezzo di somme liberamente distribuibili. I soci le cui azioni sono state ammortizzare conservano la loro posizione nella società e il loro diritto (ad eccezione di quello al rimborso del conferimento)
- riduzione di capitale mediante ritiro forzato delle azioni che vengono acquistate dalla società o da persona che agisce in nome proprio,ma per conto della stessa società. Se non si tratta di azioni interamente liberate si applicheranno anche in questo caso le disposizioni in favore dei creditori previste per la riduzione reale.
- emissione di azioni riscattabili:questa categoria di azioni si caratterizza per il fatto di prevedere il diritto potestativo al loro riacquisto in favore della società emittente quando detto diritto venga esercitato si avrà una riduzione del capitale sociale. Il riscatto potrà avere ad oggetto solo azioni riscattabili interamente liberate e potrà essere effettuato esclusivamente con le somme liberamente distribuibili o con i proventi di una nuova emissione effettuata per tale riscatto. Tale operazione è oggetto di pubblicità.
3. Veniamo ora all’esame dell’Undicesima direttiva (direttiva 666/‘89) che tratta della pubblicità delle succursali create in uno Stato membro soggette al diritto di un altro Stato.
Occorre fare una preliminare distinzione tra il concetto di filale e quello di succursale:
- filiale:è una società autonoma con responsabilità giuridica propria indipendente da quella della società madre. La società madre non è responsabile delle obbligazioni contratte dalla filiale e non può quindi essere perseguita per i debiti di quest’ultima.
- succursale:è una sede di esercizio della società principale,priva di personalità giuridica, che non ha né creditori né debitori propri,dal momento che delle obbligazioni da essa contratte risponde ed è responsabile direttamente la sola società principale.
La presente direttiva ha il fine di evitare ogni possibile elusione degli obblighi pubblicitari da parte della succursale.
Per le succursali di società soggette alla legislazione di un altro Stato membro la direttiva dispone l’obbligo di effettuare la pubblicità dei seguenti atti e di fornire le seguenti informazioni :
- indirizzo della succursale
- indicazione delle attività della succursale
- il registro presso cui è costituito il fascicolo della società principale
- denominazione e tipo della società principale e della succursale
- nomina e cessazione dalle funzioni, generalità delle persone che hanno la rappresentanza della società principale
- scioglimento della società principale
- eventuale sottoposizione a procedure di fallimento della società principale
- documenti contabili
- chiusura della succursale
Lo Stato membro in cui è creata la succursale può prevedere delle altre pubblicità. In caso di divergenza tra pubblicità fatta presso la succursale e pubblicità fatta presso la società la prima prevale per le operazioni effettuate dalla succursale,a tutela dei terzi che instaurino rapporti commerciali con la succursale.
Una disciplina parzialmente diversa è prevista per le succursali di società di Paesi terzi:si prevedono obblighi pubblicitari più accentuati (in considerazione del fatto che le società che li hanno creati non sono soggette alle direttive di armonizzazione CE).
4. Analizziamo ora la Quarta Direttiva Societaria (660/‘78). Essa si occupa dei conti annuali di taluni tipi di società ed in particolare delle società di capitali (dal 1990 le misure sono state estese anche alla s.n.c. e alla s.a.s.). L’obiettivo perseguito dal legislatore comunitario è quello dell’armonizzazione delle disposizioni nazionali riguardanti la struttura ed il contenuto dei conti annuali,i metodi di valutazione e la pubblicità di questo documento al fine di rendere possibile per gli investitoti e in generale per i terzi il confronto delle informazioni fornite con il bilancio.
Viene stabilito il principio per cui i conti annuali devono essere redatti con chiarezza al fine di fornire un quadro fede della situazione patrimoniale e di quella finanziaria nonché del risultato economico della società.
Strutturalmente il legislatore comunitario prevede che i conti annuali vengano redatti seguendo lo schema da lui indicato:
1. stato patrimoniale rappresenta la situazione economico-finanziaria della società al termine di ogni esercizio. La direttiva fornisce 2 modelli alternativi per la redazione di questa prima parte, attribuendo agli Stati membri la facoltà di introdurne solo uno o entrambi nel proprio ord.;se lo Stato membro li prevede entrambi,alle società può essere lasciata la scelta su quale utilizzare:
a. schema a sezioni contrapposte:contrapposizione delle voci dell’attivo a quelle del passivo senza la rilevazione di risultati intermedipatrimonio netto:differenza tra il totale delle attività e il totale delle passività
b. schema scalare:voci dell’attivo vengono presentate l’una di seguito all’altra,ma alcune di esse incorporano talune voci del passivo;vengono poi sottratte le altre voci del passivo. Ciò consente di avere dei risultati parziali:patrimonio netto è determinato dalla somma algebrica dei singoli risultati parziali
Gli Stati membri possono prevedere la possibilità di redigere lo stato patrimoniale in forma abbreviata se le società non superano determinati criteri.
2. conto profitti e perdite fornisce un prospetto contabile dei profitti conseguiti e delle perdite subite nel corso dell’esercizio. Vengono anche qui proposti due schemi di redazione:
a. schema a sezioni contrapposte
b. schema in forma scalare
Inoltre,vengono predisposti due criteri di classificazione delle voci contabili
c. il primo mette in evidenza la natura delle voci
d. il secondo mette in luce la loro destinazione
Gli Stati membri possono prevedere che le società redigano un conto profitti e perdite in forma abbreviata.
3. allegato è un documento contabile di supporto per la lettura e l’interpretazione delle due parti precedenti:svolge una duplice funzione illustrativa ed informativa. Il suo contenuto è specificatamente disciplinato.
Accanto a questo documenti contabili la società deve redigere una relazione sulla gestione con cui si deve fornire un quadro fedele dell’andamento degli affari e della situazione della società. In particolare,nella relazione andranno evidenziati i fatti di rilevo successivi alla chiusura dell’esercizio,l’evoluzione prevedibile della società,le attività in materia di ricerca e di sviluppo svolte.
Per la redazione dei documenti contabili dovranno essere seguite precise regole di valutazione.
Vengono dettati alcuni principi cardine:
- principio di continuazione dell’attività:si presume che la società continui le proprie attività;l’attività della società viene vista in un contesto dinamico e proiettato nel futuro
- principio di continuità:tra un esercizio e l’altro dovranno essere adottati gli stessi criteri di valutazione
- principio di prudenza:ai fini dell’iscrizione in bilancio degli elementi attivi del patrimonio derivanti dalla realizzazione di utili,rilevano solo quelle componenti positive di reddito che si siano effettivamente realizzate in virtù del “criterio della certezza”;le componenti negative del reddito seguono il “criterio della probabilità”del loro manifestarsi:loro iscrizione in bilancio avviene anche nel caso in cui vi sia incertezza circa la loro effettiva realizzazione e relativa incidenza sul patrimonio sociale,conformemente al pr. di prudenza
- principio di competenza, per cui la rilevazione nel conto profitti e perdite non avviene sulla base della loro manifestazione finanziaria (pagamento degli oneri,incasso dei proventi),bensì in base al fatto che il fatto da cui sorge l’obbligazione o il diritto di pagamento si sia verificato durante quell’esercizio
- principio di analiticità delle valutazioni, per cui si fa divieto di operare compensazioni sia tra le poste dell’attivo e del passivo dello stato patrimoniale sia tra profitti e perdite del conto economico
Questi pr. possono essere derogati solo in circostanze eccezionali.
Accanto ai principi vengono dettate specifiche regole per la valutazione delle diverse poste: per quel che riguarda l’iscrizione nello stato patrimoniale delle immobilizzazioni si detta la regola del costo storico (costo di acquisto), salvo rettifica in caso di riduzione durevole del valore della cosa. Per quel che riguarda le immobilizzazioni soggette come macchinari ed impianti ad obsolescenza si potrà procedere all’ammortamento. Diverse regole stanno alla base della valutazione del cosiddetto attivo circolante (principalmente scorte e crediti): si dovrà procedere in ogni esercizio ad una rettifica al ribasso del prezzo d’acquisto. Per quel che riguarda gli strumenti finanziari la direttiva prevede che gli Stati membri possano indicare il criterio di valutazione del valore equo (crf valore di mercato).
Sono previste delle norme per il controllo dei conti annuali. La direttiva stabilisce che i conti annuali siano sottoposti a revisione da parte di uno o più persone abilitate dagli Stati membri ad effettuare la revisione legale dei conti in base all’Ottava Direttiva. Gli Stati membri potranno, peraltro,esentare dall’obbligo di sottrarre a revisione i conti annuali di determinate società. L’attività dei revisori si conclude con la redazione di una relazione contente un giudizio:positivo, con riserve o negativo. C’è anche la possibilità di elaborare una dichiarazione di impossibilità di emettere giudizio. Alla fase di controllo segue la pubblicità dei conti annuali.
5. La Settima Direttiva Societaria (349/‘83) si occupa di conti consolidati dei gruppi;tali conti forniscono un quadro della situazione patrimoniale e finanziaria nonché dei risultati economici dell’insieme delle imprese. Una proposta di Settima direttiva era stata avanzata dalla Commissione già nel 1976: essa ruotava attorno al concetto di direzione unitaria,di derivazione tedesca. Visti i numerosi parrei contrari la proposta è stata del tutto riformulata.
Il nuovo testo ruota non più attorno all’idea di direzione unitaria(pr. tedesco) quanto piuttosto attorno all’enumerazione delle condizioni di possibile controllo di un’impresa madre su una o più imprese figlie(pr. inglese).
Si dice area di consolidamento l’insieme delle imprese la cui situazione patrimoniale deve essere rappresentata nei conti di consolidamento. Ex art. 1 della direttiva tali condizioni ricorrono quando l’impresa madre:
- ha la maggioranza dei voti nell’impresa figlia
- ha il diritto di nomina e revoca dei membri dell’organo amministrativo o di controllo dell’impresa figlia e ne è al contempo azionista
- ha il diritto di esercitare un’influenza dominate sull’impresa figlia di cui è azionista in virtù di un contratto stipulato con tale impresa
- è azionista dell’impresa figlia ed in base ad un accordo con altri azionisti controlla da sola la maggioranza dei diritti di voto dell’impresa figlia
Il consolidamento dei conti deve essere realizzato al verificarsi delle condizioni sopraelencate a prescindere dal luogo in cui è posta la sede delle imprese interessate, ed in ogni caso quando l’impresa madre o anche una delle imprese figlie sono organizzate nella forma di società di capitali. A tal fine,”ogni impresa figlia di impresa figlia è considerata come impresa figlia dell‘impresa madre”.
Il legislatore comunitario ha,peraltro,attribuito agli Stati membri la facoltà di imporre alle imprese soggette al proprio diritto la redazione dei conti consolidati anche in assenza delle condizioni indicate nell’art. 1, purché si possa riscontrare tra tali imprese una direzione unitaria.
Sono previste ipotesi in cui gli Stati membri possono escludere l’obbligo di consolidamento dei conti tra cui il fatto che la società madre non è organizzata nella forma di società di capitali.
I conti consolidati comprendono lo stato patrimoniale,il conto profitto e perdite e l’allegato cui va aggiunta una relazione sulla gestione. I conti consolidati devono fornire un quadro fedele della situazione patrimoniale,di quella finanziaria nonché del risultato economico dell’insieme delle imprese incluse nel consolidamento.
Ai conti consolidati si applica la medesima disciplina prevista per i conti annuali per quel che riguarda gli schemi di redazione,il contenuto e i criteri di valutazione. I conti annuali confluiscono nei corrispondenti conti consolidati.
Sono però enunciati alcuni principi particolari:
-pr. di continuità:modalità di consolidamento non possono essere modificate da un esercizio ad un altro
-pr. dell’unicità dell’impresa:conti consolidati devono rappresentare la situazione patrimoniale,economica e finanziaria delle imprese incluse nel consolidamento come se fossero un’unica impresa;comporta che vengono eliminati i debiti e i crediti tra le imprese incluse nel consolidamento,così come gli oneri e i proventi relativi ad operazioni effettuate tra le imprese incluse nel consolidamento.
-pr. della contestualità:impone che i conti consolidati siano redatti alla stessa data dei conti annuali dell’impresa madre;si vuole evitare che asimmetrie temporali nelle redazione dei conti consolidati potessero compromettere la trasparenza
-pr. dell’adeguatezza dei conti consolidati:qualora nel corso dell’esercizio si sia verificata una variazione nella composizione delle imprese consolidate i conti consolidati dovranno fornire informazioni che rendano significativo il confronto con i conti consolidati successivi.
I conti consolidati devono essere controllati da soggetti abilitati ad eseguire il controllo legale;una volta approvati,formano oggetto di pubblicità.
6. Veniamo ora all’esame dell’Ottava Direttiva (253/‘84) relativa all’abilitazione dei soggetti incaricati per legge al controllo dei documenti contabili. Si tratta di una direttiva che può essere letta come corollario alla Quarta e alla Settima. Essa contiene la previsione dei requisiti minimi riguardo alla qualificazione professionale e all’indipendenza dei soggetti incaricato della revisione dei conti. L’Ottava direttiva recentemente è stata abrogata e sostituita dall’Ottava Direttiva Aggiornata (43/2006).
L’Ottava Direttiva in buona sostanza stabiliva che:il controllo legale dei conti annuali e,nei gruppi,dei conti consolidati deve essere esercitato da persone abilitate da un’autorità designata agli Stati membri(persone fisiche che rispondono almeno ai requisiti di idoneità professionale,di onorabilità e di indipendenza;esistono anche società di revisione). L’autorità designata deve verificare le conoscenze teoriche tramite un esame di abilitazione. È necessario per l’esercizio dell’attività di revisione il requisito dell’indipendenza. L’attività andrà svolta con la diligenza professionale ed in caso contrario scatterà la responsabilità degli stessi, disciplinata dai legislatori nazionali.
Numerosi erano i problemi connessi all’applicazione di questa disciplina.
Mancava una nozione chiara e univoca di revisione legale dei conti;mancava una convergenza tra gli esami di abilitazione nei diversi ordinamenti dell’UE;mancava una definizione del requisito dell’indipendenza che era conseguentemente inteso diversamente negli Stati membri. Problemi,infine,suscitava anche il regime della responsabilità civile dei revisori data la divergenza delle discipline nazionali.
Sulla base delle proposte di un Comitato istituito dalla Commissione nel 1998 sono state successivamente adottate due raccomandazioni,la prima riguardante “i requisiti minimi per il controllo della qualità della revisione legale dei conti nell’UE”,la seconda riguardante “l’indipendenza dei revisori legali dei conti”.
In seguito agli scandali finanziari di inizio millennio la Commissione ha quindi lanciato un paino d’azione in 10 punti sulla revisione legale dei conti. Il primo punto prevedeva la presentazione di una proposta di direttiva che modifichi e aggiorni l’Ottava. A ciò ha fatto seguito nel 2006 la sopra richiamata Ottava direttiva aggiornata. In essa innanzitutto si trova una definizione di revisione legale dei conti:revisione dei conti prescritta dalla normativa comunitaria ed in particolare dalla Quarta e dalla Settima Direttiva Societaria.
La direttiva in esame distingue quindi tra la figura del revisore legale e quella delle imprese di revisione contabile:
- revisore legale:persone fisiche abilitate ad esercitare il controllo legale dei conti dalle autorità competenti di uno Stato membro
- imprese di revisione contabile:persone fisiche o gli enti abilitati dalle autorità competenti di uno Stato membro. Connessa è la definizione di responsabile che è il soggetto designato dall’impresa di revisione per un determinato incarico;per responsabile si intende anche il revisore che firma la relazione di revisione.
La revisione legale dei conti può essere effettuata solo da revisori o da imprese di revisione abilitate dallo Stato membro che impone la revisione.
Un revisore per ottenere l’abilitazione dall’autorità competente dello Stato deve superare un esame di idoneità professionale nelle materie indicate dalla stessa direttiva;deve,inoltre, rispondere a determinati requisiti di onorabilità;se questa viene meno,l‘abilitazione deve essere revocata.
Gli Stati membri devono assicurare che i revisori siano tenuti a partecipare a programmi adeguati di formazione continua per mantenere conoscenze teoriche e capacità elevate (mancato rispetto di tale obbligo deve essere sanzionato).
In materia di reciproco riconoscimento,si prevede che per l’abilitazione di revisori già abilitati in uno Stato membro,le autorità degli altri Stati membri possono richiedere al massimo il superamento di una prova attitudinale vertente solo sulla conoscenza delle leggi e delle regolamentazioni dello Stato membro in oggetto,nella misura in cui tale conoscenza sia rilevante per le revisioni legali dei conti.
Gli Stati membri devono assicurare che i revisori e le imprese di revisione abilitati siano iscritti in un apposito albo dei soggetti abilitati alla revisione accessibile al pubblico.
I revisori legali e le imprese di revisione sono tenuti al rispetto di principi di deontologia professionale:funzione di interesse pubblico,integrità,obiettività,competenza e diligenza professionale.
Gli Stati membri assicurano l’indipendenza del revisore e dell’impresa di revisione rispetto all’ente i cui conti sono sottoposti alla loro revisione:la revisione dei conti non può,cioè,essere effettuata qualora tra ente e revisore o impresa di revisione ci sia una relazione (di affari,di lavoro,di latro genere). Il corrispettivo per l’attività di revisione non può essere determinato dalla prestazione di servizi aggiuntivi da parte dell’ente a cui in conti sono sottoposti in revisione e non può essere subordinato a nessuna condizione. Il revisore o l’impresa di revisione sono tenuti alla riservatezza e al segreto professionale rispetto alle informazioni a cui hanno accesso in funzione del loro ruolo.
I revisori legali e le imprese di revisione contabile devono eseguire le revisioni conformemente ai pr. di revisione internazionale:Stati membri possono applicare un pr. di revisione nazionale fintantoché la Commissione non abbia adottato un pr. di revisione internazionale.
Nello svolgimento della revisione dei conti consolidati gli Stati membri assicurano la piena resp. del revisore del gruppo per la relazione di revisione.
Quando la revisione dei conti è fatta da un’impresa di revisione,la relazione di revisione è firmata almeno dai revisori che l’hanno effettuata per conto dell’impresa. Gli Stati membri sono tenuti ad organizzare un sistema di controllo della qualità della revisione legale e devono altresì assicurare la presenza di sistemi di indagine e sanzione per i casi di violazione degli obblighi inerenti la revisione. Le sanzioni irrogate sono rese pubbliche e devono poter includere la revoca dell’abilitazione.
Gli Stati devono,inoltre,prevedere un sistema di controllo pubblico a cui siano soggetti i revisori e le imprese di revisione diretto da persone esterne alla professione di revisione che verifichi l’abilitazione e l’iscrizione all’albo dei revisori e delle imprese di revisione,la formazione continua,il controllo di qualità,i sistemi di indagine e sanzione.
Quanto alla responsabilità dei revisori il tema non viene risolto dalla direttiva che rimette alla Commissione la presentazione di una relazione (relazione che è stata proposta nell’ottobre 2006 e a cui è seguito il lancio di una pubblica consultazione in materia).
7. Passiamo all’esame della Terza Direttiva Societaria (855/‘79) in tema di fusione delle società per azioni aventi la sede legale nello stesso Stato membro. La direttiva ha come scopo la tutela dei soci,dei creditori,del lavoratori e dei terzi coinvolti in un’operazione di fusione internasocietà per azioni appartenenti ad un medesimo ord. L’ambito di applicazione è ristretto alle sole s.p.a. e gli Stati membri possono ulteriormente restringerne l’applicabilità escludendo le società cooperative organizzate nella forma di s.p.a.
La direttiva prende in considerazione 2 modalità di fusione:
- per incorporazione
- mediante costituzione di una nuova società
In entrambi i casi si assiste all’estinzione senza liquidazione delle società coinvolte nell’operazione e al trasferimento del loro patrimonio alla società incorporante. I soci delle società che si fondono divengono soci della società incorporante.
Il procedimento si articola in più fasi. Si pare con la predisposizione di un progetto di fusione, redatto per iscritto da ciascun organo amministrativo delle società partecipanti. La direttiva stabilisce il contenuto minimo del progetto,le forme di pubblicità e di controllo cui è sottoposto tale progetto.
Ad esso si accompagna una relazione degli amministratori sulla fusione(in cui vengono descritte le ragioni che giustificano il progetto e il rapporto di cambio delle azioni ivi proposto). Relazione e progetto sono esaminati da esperti indipendenti designati da un’autorità giudiziaria o amministrativa:essi predispongono una relazione in cui prendono posizione sulla congruità del rapporto di cambio.
La fusione viene deliberata dall’assemblea generale di ciascuna società interessata. Almeno un mese prima della data di convocazione dell’assemblea gli azionisti hanno il diritto di prendere visone presso la sede sociale dei documenti di cui sopra, oltre che dei conti annuali e delle relazioni sulla gestione degli ultimi tre esercizi.
Il verbale della delibera assembleare deve farsi per atto pubblico a meno che gli Stati membri prevedano un controllo preventivo di legittimità o un controllo che verta su tutti gli atti necessari alla fusione.
A tutela dei lavoratori di ciascuna società partecipante alla fusione la Terza direttiva rinvia a quanto disposto nella direttiva del 1977 numero 187 che garantisce il mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese,di stabilimenti o di parti di stabilimenti. In estrema sintesi:il trasferimento non costituisce un motivo di licenziamento valido,a meno che non ricorrano legittime ragioni di carattere economico,tecnico,organizzativo ovvero il licenziamento riguardi categorie di lavoratori non soggette alla protezione contro il licenziamento. Si prevede,inoltre,che diritti ed obblighi risultanti dal contratto di lavoro preesistente vengano trasferiti al cessionario (cioè alla società incorporante).
A tutela dei creditori innanzitutto la Terza Direttiva enuncia una regola generale per cui gli Stati membri devono predisporre un adeguato sistema di tutela degli interessi dei creditori delle società partecipanti alla fusione. Tale tutela si concretizza nel riconoscimento del diritto ad ottenere adeguate garanzie.
La nullità della fusione può essere dichiarata solo entro 6 mesi dalla data in cui la stessa è divenuta efficace.
8. La Sesta Direttiva Societaria (891/‘82) si occupa di scissione delle società per azioni aventi la propria sede sociale nel medesimo Stato membro. Essa viene emanata a completamento della Terza Direttiva, a cui vengono fatti più richiami. Come per la fusione i procedimenti di scissione disciplinati dalla direttiva sono 2:
a. scissione per incorporazione
b. scissione mediante costituzione di nuove società
Quale che sia il procedimento adottato gli effetti della scissione sono:
- trasferimento del patrimonio di una società a favore di almeno due società, in base alle parti loro attribuite nel progetto di scissione
- estinzione della società scissa
- azionisti della società scissa divengono azionisti delle società beneficiarie
Il procedimento si articola in maniera assai simile al procedimento di fusione:si apre con la presentazione da parte dell’organo amministrativo delle società coinvolte di un progetto in cui tra l’altro sarà indicata l’esatta ripartizione degli elementi del patrimonio attivo e passivo da trasferire a ciascuna delle società beneficiarie,nonché la ripartizione tra gli azionisti della società scissa delle azioni delle società beneficiarie ed il criterio su cui tale ripartizione si fonda.
9. Passiamo ora all’esame della Direttiva 56/2005,in materia di fusione transfrontaliera. Il suo ambito di applicazione è più amplio di quello della Terza e della Sesta direttiva:si estende, infatti,alle fusioni transfrontaliere che coinvolgono ogni tipo di società di capitali. Per fusione transfrontaliera si intende la fusione di società costituite in conformità alla legge di uno Stato membro e aventi la sede sociale,l’amministrazione centrale o il centro dell’attività principale nell’UE,a condizione che almeno due di esse siano soggette alla legislazione di Stati membri diversi. Esulano dall’applicazione della direttiva le fusioni che coinvolgono una società avente per oggetto l’investimento collettivo di capitali raccolti presso il pubblico. Gli Stati possono,inoltre,escludere l’applicabilità della disciplina rispetto alle società cooperative anche se costituite nella forma di società per azioni.
Il procedimento di fusione transfrontaliera si apre con il progetto comune di fusine,redatto dall’organo amministrativo di ciascuna società partecipante. Il progetto,tra l’altro,dovrà indicare quali siano le probabili ripercussioni della fusione sui lavoratori,nonché le modalità di coinvolgimento degli stessi nelle decisioni prese dalla società in conseguenza della fusione. La relazione sulla fusione,redatta assieme al progetto,dovrà essere messa a disposizione degli azionisti e dei rappresentanti dei lavoratori almeno un mese prima della convocazione dell’assemblea.
Un aspetto caratterizzante la disciplina della fusione transfrontaliera riguarda il particolare controllo dell’operazione effettuato da parte dell’autorità pubblica;tale controllo si sostanzia:
- nel rilascio di un certificato preliminare alla fusione,da parte di un notaio,in ciascuno Stato membro interessato,attestante il regolare adempimento delle formalità preliminari
- nel controllo di legittimità della fusione transfrontaliera effettuato da un organo giurisdizionale,da un notaio o da un’autorità competente,designato da ciascuno Stato membro. Tale documento legittima il rispetto della disciplina sulla partecipazione dei lavoratori e l’approvazione in tutte le società partecipanti del progetto.
La direttiva prevede che la partecipazione dei lavoratori nella società nascente dalla fusione transfrontaliera sia regolata secondo la legge dello Stato in cui ha sede la nuova società risultante. Si deroga a tale principio se la legislazione applicabile alla società derivante dalla fusione non prevede un livello di partecipazione almeno identico a quello attuato nelle società che partecipano alla fusione in base alla legislazione ad esse applicabile;quando almeno una delle società partecipanti ha un numero di lavoratori superiore a 5000 ed è gestita in regime di partecipazione dei lavoratori. In questi casi la partecipazione dei lavoratori sarà disciplinata secondo le modalità previste nella disciplina della Società Europea introdotti con Regolamento 2157/2001.
10. Prendiamo ora in esame la Dodicesima Direttiva (667/‘98) che si occupa di società a responsabilità limitata con un unico socio. La necessità di intervenire in questo settore derivava da un duplice ordine di fattori:
1) c’era un cospicuo numero di Stati all’interno dell’Unione all’interno dei quali era stata aperta la possibilità di costituire società a responsabilità limitata con un unico socio , mentre vi erano altri Stati membri,tra cui l’Italia,dove a certe condizioni veniva sanzionato il venir meno anche temporaneo della pluralità di soci.
2) c’era la tendenza,anche laddove il fenomeno della società unipersonale fosse vietato,di costituire società a responsabilità limitata per godere del benefico della limitazione del rischio,facendo ricorso a prestanomi che rivestivano la qualità di soci solamente all’apparenza.
La direttiva riguarda espressamente la sola società a responsabilità limitata. Ma,si ammette nella stessa direttiva anche la s.p.a. unipersonale.
Si è in presenza di una società unipersonale:
- quando essa sia sta costituita da un unico socio
- quando le quote si siano concentrate nelle mani di un unico socio
Se la società è unipersonale sin dalla costituzione non sono previsti specifici obblighi pubblicitari. Se,invece,la società diventa successivamente unipersonale bisognerà renderne edotti i terzi mediante l’indicazione della natura unipersonale della società nonché dell’identità dell’unico socio nel fascicolo tenuto presso il registro delle imprese.
Per quanto attiene ai poteri del socio unico,egli esercita tutti quei poteri che sono demandati all’assemblea dei soci. Le sue decisioni devono essere scritte a verbale o redatte per iscritto.
Lo stesso vale per i contratti stipulati tra il socio unico e la società.
Una delle questioni lasciate aperte dalla direttiva riguarda l’ipotesi di abuso della società a resp. unipersonale.
11. Per concludere trattiamo della Tredicesima Direttiva (25/2004) in tema di offerte pubbliche di acquisto. Si tratta di una materia in cui le istituzioni europee hanno trovato grandi problemi di armonizzazione. La direttiva in esame contiene una disciplina minimale comune e riconosce agli Stati membri di non applicare taluni articoli,ma non le disposizioni dettate in tutela dei diritti degli azionisti,dei dipendenti e dei terzi comunque interessati all’offerta.
Nella direttiva si trova la definizione di offerta pubblica di acquisto:un’offerta rivolta ai possessori dei titoli di una società per acquistare la totalità o una parte di tali titoli.
Tutti i possessori di titoli oggetto dell’offerta che rientrano nella stessa categoria devono beneficiare di un trattamento equivalente. I possessori dei titoli devono disporre di un lasso di tempo sufficiente e delle informazioni necessarie per decidere consapevolmente se aderire o meno all’offerta. Allo scopo l’offerente deve redigere un documento di offerta contenete una serie di dati,che sarà trasmesso,prima della pubblicazione,per controllo,all’autorità di vigilanza. Il tempo per accettare l’offerta non può essere inferiore a 2 né superiore a 10 settimane dalla data di pubblicazione dell’offerta. Gli Stato membri istituiscono un’autorità competente a vigilare sull’offerta:l’autorità di vigilanza che deve esercitare le proprie funzioni in maniera imparziale ed indipendente rispetto alle parti coinvolte.
Se una persona acquisisce il controllo di una società,gli altri possessori di titoli devono essere tutelati:la posizione degli azionisti di minoranza viene garantita attraverso l’obbligo per l’azionista di controllo di provvedere ad un’offerta pubblica d’acquisto. Si parla di OPA obbligatoria. Il prezzo di acquisto dovrà essere un prezzo equo (tale intendendosi il prezzo massimo pagato per gli stessi titoli dall’offerente in un periodo determinato dagli Stati compreso tra i 6 e i 12 mesi precedenti). Se nel periodo di validità dell’offerta l’offerente acquista titoli a un prezzo superiore a quello dell’offerta,allora il prezzo dell’offerta dovrà essere corretto. L’obbligo di promuovere un’offerta pubblica di acquisito non sorge quando il controllo consegue ad un’offerta volontaria rivolta a tutti i possessori per la totalità dei titoli posseduti.
Gli Stati membri devono garantire che l’organo amministrativo della società emittente venga autorizzato dall’assemblea prima di intraprendere misure difensive che possano contrastare con gli obiettivi di un’OPA (passività rule). In particolare,essi non potranno procedere,senza autorizzazione assembleare,all’emissione di nuove azioni,per impedire all’offerente l’acquisto del controllo della società.
Inoltre,al fine di impedire che gli azionisti di maggioranza ostacolino eventuali offerte volte all’acquisto del controllo della società mediante la previsione di clausole statutarie o contrattuali che limitano il trasferimento delle azioni,la direttiva prevede la neutralizzazione di tali clausole (breakthrough rule).
La direttiva prevede che,se in seguito ad un’OPA totalitaria,l’offerente entri in possesso di titoli che rappresentano non meno del 90% del capitale con diritto di voto,allora gli Stati potranno introdurre in capo allo stesso un diritto (squueze out) ad esigere dai possessori dei restanti titoli di vendergli tali titoli ad un giusto prezzo.
Il processo di armonizzazione ha incontrato talora degli ostacoli;in alcuni casi delle proposte di direttiva sono rimaste senza successo. In particolare questo è il caso di:
1. proposta di una Quinta direttiva societaria in materia di struttura della società per azioni e sui poteri ed obblighi degli organi sociali(causa:impossibilità di raggiungere un accordo politico; disciplina di ispirazione:tedesca)
2. proposta di una Nona direttiva in materia di gestione dei gruppi aventi come controllata una s.p.a.(di ispirazione germanica)
IL DIRITTO COMUNITARIO DI STABILIMENTO DELLE SOCIETA’:LA CdG E LA COMPETIZIONE TRA ORDINAMENTI NEL DIRITTO SOCIETARIO EUROPEO
L’obiettivo primario della CE è stato,sin dalla sua nascita,la creazione di un mercato comune: libertà di movimento delle persone,libertà di circolazione di merci,servizi e capitali e libertà di stabilimento.
Il combinato disposto degli artt. 43 e 48 del Trattato istitutivo CE stabilisce il diritto di libero stabilimento a favore delle persone fisiche e delle persone giuridiche:in particolare l’art. 48 estende alle persone giuridiche,innanzitutto alle società,il diritto riconosciuto all’art. 43 in capo alle persone fisiche aventi cittadinanza all’interno di uno degli Stati membri.
Il diritto di stabilimento genericamente inteso attribuisce ai suoi beneficiari la possibilità di circolare in uno Stato diverso da quello di origine. Se per le persone fisiche ciò si traduce in una libertà di movimento,per le persone giuridiche e per le società in primo luogo consisterà nella possibilità di trasferirsi rispetto allo Stato all’interno del quale la società si è costituita,per circolare all’interno dell’UE ed andare ad esercitare nei territori di un altro Stato attività economiche con carattere di stabilità e continuità. In questo,il diritto di stabilimento si differenzia rispetto al concetto di libera circolazione di servizi:quest’ultimo,infatti,si riferisce ad attività di carattere economico di natura occasionale,non sistematico;la libertà di stabilimento,invece,si riferisce ad attività economiche con carattere di stabilità,in primo luogo l’attività d’impresa (tra i cui requisiti c’è appunto proprio la professionalità).
Il diritto di stabilimento si differenzia poi anche dal principio della libera circolazione dei lavoratori,che fa riferimento all’esercizio di attività a carattere salariato,quando invece il principio di libertà di stabilimento si riferisce ad attività non salariate(attività d’impresa).
Il diritto di stabilimento si esplica secondo 2 modalità, che convenzionalmente possiamo indicare come:
- diritto di stabilimento primario o a titolo principale:consiste nella possibilità che le persone giuridiche(in primo luogo le società)hanno di trasferire la sede in uno Stato differente da quello di origine. Dunque,la capacità di spostare la sede principale dallo Stato dell’incorporazione ad uno Stato diverso.
- diritto di stabilimento secondario:consiste per le persone giuridiche ed innanzitutto per le società nella possibilità di procedere all’apertura in uno Stato diverso da quello d’origine,in cui per altro viene mantenuta la sede legale,di sedi secondarie (agenzie, filiali o succursali). Quando facciamo riferimento a queste nozioni è bene richiamare una precisa nozione normativa,la nozione di succursale comunitaria:un’articolazione organizzativa sprovvista di personalità giuridica che effettua direttamente parte dell’attività d’impresa ed è diretta da un soggetto o da un organo espressamente incaricato dell’esercizio in sede locale sia esso o meno il componente di un organo della società a carattere principale.
Si tratta di due profili diversi che insieme compongono la libertà di movimento all’interno del territorio dell’UE.
Qual è il problema? Che le libertà riconosciute dal Trattato ai cittadini degli Stati membri e ai soggetti giuridici ad essi equiparati si pongono in una posizione sovraordinata rispetto alle legislazioni nazionali. La legislazione degli Stati membri dovrà,in altre parole,cedere di fronte ai principi stabiliti dai trattati comunitari:questi principi impongono agli Stati membri di non adottare disposizioni nazionali in contrasto con essi e nel contempo di abolire o disapplicare tutte le disposizioni interne che potrebbero contraddirli. Tuttavia,l’art. 46 TCE prevede che le prescrizioni relative al campo in questione(quello sulla libertà di stabilimento) e le misure adottate in virtù di queste ultime lasciano impregiudicata l’applicabilità di disposizioni legislative, regolamentari e amministrative di ciascun singolo Stato membro,che prevedano un regime particolare per i cittadini stranieri e che siano giustificate da motivi di:
- ordine pubblico
- pubblica sicurezza
- sanità pubblica
Si stabilisce,dunque,la regola in base alla quale se sussistono i motivi indicati,le legislazioni dei singoli Stati nazionali possono introdurre restrizioni alla libertà di stabilimento ed in particolare misure che prevedano un regime particolare per gli stranieri.
In quanto norma derogatoria rispetto alle libertà fondamentali l’art. 46 è stato interpretato dalla Corte di Giustizia in maniera restrittiva,alla stregua di norma eccezionale. In base alla giurisprudenza consolidata della Corte le disposizioni nazionali che possono in qualche modo circoscrivere l’esplicarsi della libertà di stabilimento,per essere legittime,devono rispondere a 4 requisiti:
a) devono essere non discriminatorie,applicabili allo stesso modo a cittadini e stranieri. Quest’interpretazione è tanto restrittiva da porsi addirittura in contraddizione con quanto affermato dallo stesso art. 46, che introdurrebbe la possibilità di trattamenti particolari per gli stranieri
b) devono essere dettate da motivi imperativi di ordine pubblico. Sussiste un motivo impartivo di interesse pubblico quando sussiste una minaccia grave ed effettiva ad un interesse fondamentale della collettività interessata. Si precisa che tra questi interessi non rientrano le convenienze di carattere economiche
c) devono essere idonee a garantire il raggiungimento dell’obiettivo perseguito;devono avere un certo tasso di concretezza;non possono essere norme generiche nelle quali ad es. si ripeta banalmente e pedissequamente la formulazione dell’art. 46. Si dovrà individuare uno specifico interesse minacciato e rispetto a quel concreto obiettivo individuare una misura puntuale.
d) devono essere proporzionali,commisurate a quanto ritenuto necessario per il raggiungimento dello scopo al quale sono destinate
Ciò detto passiamo ad analizzare più specificatamente l’evoluzione giurisprudenziale della Corte di Giustizia nell’interpretazione della libertà di stabilimento. Il richiamo all’art. 46 è importante. La questione sarà: può la libertà di stabilimento,e se sì in che misura,essere circoscritta dalle normative nazionali? Qual è il limite oltre il quale non possono spingersi le legislazioni interne? Il problema della compatibilità tra ordinamenti interni e diritto di stabilimento riguarda tanto le norme materiali e sostanziali,quanto le norme di diritto internazionale privato(norme formali appartenenti all’ordinamento nazionale che rinviano all’ordinamento applicabile).
La prima sent. che andiamo ad analizzare è una sent. del 1988: il caso Daily Mail General Trust private limeted Company vs The Queen.
In questa pronuncia,la Corte ha negato alla società il diritto di trasferire la propria sede amm. in un Paese dell’Unione considerando legittima la restrizione alla libertà di stabilimento posta dallo Stato di costituzione.
Si trattava di una società a responsabilità limitata costituita in Inghilterra. Questa società intendeva esercitare il proprio diritto di stabilimento a carattere primario per trasferire la propria sede amm. nei Paesi Bassi con l’obiettivo di beneficiare di una favorevole legislazione fiscale. L’obiettivo era quello di sottrarsi al regime fiscale inglese per beneficiare delle migliori condizioni tributarie offerte da un altro paese. Tuttavia,in Inghilterra esisteva una norma che imponeva alle società interne di ottenere,per poter trasferire all’estero la propria sede amministrativa, un’autorizzazione da parte del Ministero delle Finanze. La ragione è di carattere fiscale:è evidente che il cambiamo della sede amm. comporta la perdita della capacità impositiva dello Stato. Si tratta di una disposizione che sicuramente comporta una restrizione alla libertà di stabilimento.
È questa restrizione legittima?
La società si rivolge,di fronte al diniego dell’autorizzazione da parte del Ministro,al tribunale,che, ravvisando la presenza di un problema di compatibilità tra ordinamento interno e diritto comunitario,rinviò in via pregiudiziale la questione alla CdG.
Il punto focale della legislazione è quello relativo alla regolamentazione dei rapporti tra una società e lo Stato di costituzione della stessa. Può detto Stato limitare o impedire del tutto l’emigrazione delle proprie società? Può detto Stato limitate il diritto di stabilimento primario delle stesse?
Sul punto la CdG dà ragione al Ministero delle Finanze inglesi partendo da una valutazione di questo tipo:le società e le persone giuridiche in particolare sono il prodotto delle norme che le riconoscono sussistono solo per effetto della legislazione che ne riconosce l’esistenza. Sono un’entità fittizia,a differenza delle persone fisiche,un costrutto giuridico e non una realtà pregiuridica.
Partendo da questo concetto si deve riconoscere che i singoli ordinamenti nazionali siano legittimati,una volta che abbiano determinato i requisiti per attribuire la personalità giuridica,a determinare anche le condizioni in presenza delle quali esse possono abbandonare lo Stato di costituzione. Dunque,quando si tratta di regolamentare il trasferimento di una società dallo Stato di origine ad un altro la soluzione non va ricercata nel d.comunitario bensì nel diritto interno dello stesso Stato d’origine che è libero di stabilire le condizioni di legittimazione o impedimento rispetto a questo trasferimento.
Questa sent. mantiene una sua validità,nonostante il trascorrere del tempo,da un certo punto di vista. Da un altro punto di vista,invece,essa è stata ampiamente superata dalle successive pronunce. Si deve tener conto che questa sent. si occupa solo ed esclusivamente del diritto di stabilimento primario che,per altro,considera solo da un punto di vista,cioè dal punto di vista del rapporto tra Stato di origine e società (non tiene conto dello Stato di destinazione). Il giudice ritiene che con questo rapporto il diritto comunitario nulla abbia a che vedere:proprio in questo aspetto la sentenza sarà superata. Non avrebbe senso,infatti,interpretare(come effettivamente è stato),in maniera ampia,il diritto di stabilimento rispetto allo Stato di destinazione se poi si legge in maniera così restrittiva lo stesso diritto rispetto allo Stato di provenienza.
La successiva sentenza che prendiamo in esame è il caso Centros, così denominata dal nome della società coinvolta. Si tratta di una sent. del 1999, con la quale la Corte di Giustizia riconosce espressamente il diritto di tutte le società costituite in uno qualsiasi degli Stati membri di aprire succursali o filiali in un altro Stato membro per esercitarvi il complesso delle proprie attività, contestualmente limitando il potere dello Stato di arrivo di introdurre limitazioni/restrizioni al fondamentale diritto di stabilimento previsto dal Trattato.
Siamo nell’ambito del diritto di stabilimento secondario e della regolamentazione del rapporto tra società e Paese di destinazione. La situazione era questa:una società,la Centros Limited(società a responsabilità limitata)costituita in Inghilterra da due coniugi danese,i coniugi Bride. La società era registrata in Inghilterra e Galles. La sede era presso una casa privata,un appartamento dove risiedeva un amico del Signor Bride:questa società era,quindi,quello che convenzionalmente si dice una Mail Box Company,cioè una società costituita in un certo luogo,ma che in questo luogo ha semplicemente la cassetta della posta o il server. I Signori Bride non avevano alcuna intenzione di esercitare la loro attività di import-export di vini:intendevano esercitarla in Danimarca. Conseguentemente avevano posto in essere le formalità necessarie all’apertura di una succursale in Danimarca(esercizio del diritto di stabilimento secondario). La Danimarca si era opposta:la Direzione Generale delle Società e del Commercio aveva rifiutato la registrazione della succursale opponendo ai soci che dal momento che questa società non aveva mai esercitato nessuna attività nel Regno Unito,la sua funzione era semplicemente quella di eludere l’applicazione della normativa danese in tema di costituzione delle società,assai più rigorosa dal punto di vista economico. Per costituire in Inghilterra una società a responsabilità limitata non occorre,infatti, sottoscrivere un capitale sociale minimo,nè occorre versare alcunchè. La Centros Aveva un capitale di 100 sterline e nemmeno un penny era stato versato nelle casse. La Danimarca ha ,invece,un regime più simile al nostro:è necessario un capitale minimo (200.000 corone), da sottoscrivere per intero e da versare per intero. A livello di finanziamenti,si capisce,la situazione è diversa. Il problema è:questo è esercizio fisiologico del diritto di stabilimento a carattere secondario è abuso dello stesso? La Centros, di fronte al diniego,impugna la decisione amministrativa davanti al tribunale danese. In primo grado la decisione della Direzione è confermata. In secondo grado invece,la Corte Suprema Danese sospende il giudizio e rimanda alla CdG la questione. Vengono in particolare formulate 2 domande:
- la libertà di stabilimento secondario comprende o meno la facoltà,per una società costituita secondo il diritto di uno Stato membro in cui ha e mantiene la propria sede sociale,di svolgere la propria attività economica esclusivamente nel Paese di apertura della succursale?
- quali misure possono essere adottate dal Paese di destinazione per prevenire e sanzionare eventuali comportamenti fraudolenti di una società costituita in altro Stato membro solo ed esclusivamente per sottrarsi alla disciplina più severa prevista dallo Stato ospitante?
La Corte alla prima domanda risponde che rientra pienamente e perfettamente nella libertà di stabilimento costituire una società in uno Stato,aprire una succursale in un altro ed esercitare l’intera attività economica esclusivamente nel secondo. Non c’è frode e non c’è abuso. La Corte accoglie un’interpretazione estremamente ampia del diritto di stabilimento. La Corte non nega in assoluto che ci possa essere abuso del diritto di stabilimento,ma afferma che in questo caso non si configura un abuso per il solo fatto di voler beneficiare di una legislazione meno rigorosa. La competizione normativa tra gli ordinamenti comunitari è possibile e legittima. I vari Paesi possono attrarre operatori economici anche attraverso l’elaborazione di una disciplina societaria più favorevole.
Quanto alla seconda questione,a Corte riconosce che gli Stati membri possano adottare misure volte ad impedire che soggetti giuridici,sfruttando le possibilità offerte dal Trattato,si avvalgano abusivamente o fraudolentemente del diritto comunitario al solo scopo di sottrarsi a disposizioni nazionali. Ribadisce,però,quanto detto relativamente all’interpretazione dell’art. 46 e cioè che le normative nazionali che restringono/ostacolano l’esercizio della libertà di stabilimento debbano, per essere legittime,soddisfare quattro requisiti (devono essere non discriminatorie,dettate da motivi imperativi di ordine pubblico,idonee a garantire il raggiungimento dell’obiettivo perseguito e proporzionali).
Nel caso di specie la Direzione Generale aveva invocato come giustificazione rispetto al diniego di registrazione la lotta alle frodi e la tutela dei creditori pubblici e privati. Secondo la CdG questo richiamo non poteva fungere da giustificazione alla restrizione. Ed infatti,anche se la Centros avesse in effetti svolto la sua attività anche nel Regno Unito nulla sarebbe cambiato per i creditori danesi. Per altro,i creditori erano nelle condizioni di conoscere che la società aveva sede in Inghilterra.
È una sent. importante che per la prima volta riconosce la prevalenza del diritto comunitario su quello nazionale. La soluzione è opposta a quella vista prima,Daily Mail,dove il diritto comunitario cedeva di fronte al diritto nazionale.
Come già accennato,questa sentenza è funzionale tra l’altro alla creazione di un “mercato delle regole” tra gli ordinamento europei:si crea,cioè,una possibile competizione tra gli ordinamenti nazionali dei singoli Paesi membri perché,come dice il professor Gargano parlando di shopping del diritto,è come trovarsi in un grande supermercato all’interno del quale gli operatori economici sono chiamati a scegliere la disciplina più conveniente. È un fenomeno molto evidente a livello di diritto commerciale internazionale:quando è stipulato un contratto le cui parti appartengono a Stati diversi le parti sono legittimate a scegliere il diritto applicabile che quasi mai è il diritto di uno dei due Paesi di provenienza e sovente è piuttosto un diritto terzo. A livello societario questo era vero fino alla Centros in ambito extraeuropeo visto che a livello comunitario la parola imperativa era armonizzazione (che è la realizzazione di condizioni di garanzia omogenee nei diversi Stati membri). Ma,con la sentenza Centros all’idea di armonizzazione si sovrappone quella di una possibile concorrenza tra gli ordinamenti degli Stati membri. Si può creare un vero e proprio mercato delle regole,in un fenomeno analogo a quello riscontrabile negli Stati Uniti,dove più del 60% delle società di grandi dimensioni ha sede nel Delaware,grazie alla legislazione di questo Stato particolarmente favorevole per vari aspetti (dalla disciplina del capitale sociale a quella del rapporto con i terzi).
Il terzo caso che prendiamo in considerazione è la sentenza Ubersering del 2001. La società in questione acquista nel 1990 un’area edificabile sita a Dusseldorf in Germania che intende utilizzare a fini professionali. Su quest’area insistono un’autorimessa e un motel. Nel 1992 la Ubersering affida alla NCC (Nording Consturction Company,una società a responsabilità limitata tedesca)la ristrutturazione dell’autorimessa e del motel:la stipula riguarda quindi un contratto di appalto. I lavori vengono eseguiti,ma quando la Ubersering va ad effettuare il collaudo ravvisa dei vizi in ordine alla corretta esecuzione dei lavori di tinteggiatura del motel. Nel 1994 tutte le quote della Ubersering vengono acquistate da due coniugi tedeschi:c’è un fenomeno di cessione. La società non cambia dal punto di vista di struttura e forma,semplicemente c’è un passaggio nella titolarità delle quote. La Ubersering richiede alla NCC la riparazione dei vizi e quindi la corretta esecuzione del contratto di appalto. Del tutto inutilmente poiché la NCC sostiene di aver correttamente eseguito i lavori.
Pertanto,la Ubersering nel 1996 conviene di fronte al Tribunale di primo grado (Landgericht) la NCC perché quest’ultima sia condannata al pagamento di una somma a titolo di risarcimento dei danni. Il Tribunale respinge il ricorso. La Ubersering appella di fronte all’Oberlandesgericht (Tribunale di secondo grado) che conferma la decisione. A questo punto la Ubersering presenta ricorso in Cassazione. La Suprema Corte tedesca ravvisa un possibile punto di contrasto con il diritto di stabilimento e quindi con il diritto comunitario:i giudici di appello avevano,infatti, dichiarato irricevibile il ricorso sostenendo che la Ubersering non avesse capacità giuridica,né capacità processuale. Sulla base della Civil Process Ordnung tedesca la legittimazione della persone giuridiche viene giudicata in base alla residenza:hanno capacità giuridica i soggetti con residenza nel territorio tedesco. Ma,l’ordinamento non poteva riconoscere la Ubersering come società tedesca perché essa rimaneva disciplinata secondo le regole di diritto olandese. D’altro canto,per effetto dell’acquisizione delle quote da parte di cittadini tedeschi era come se la Ubersering avesse trasferito la propria sede effettiva su territorio tedesco e il diritto tedesco non poteva allora riconoscerla nemmeno come società straniera olandese.
L’ordinamento tedesco adotta così come Austria e Francia la regola della lex fori. Dunque, l’ordinamento tedesco ragiona così:se c’è stato trasferimento delle quote è come se ci fosse stato trasferimento della sede effettiva e dunque la società dovrebbe essere disciplinata dal diritto tedesco. Nella situazione in cui si trovava la Ubersering risultava essere un ente del tutto privo di capacità processuale. La soluzione sarebbe dovuta essere,in conformità con la regola della lex fori, la sua ricostituzione su territorio tedesco secondo le regole proprie di diritto tedesco.
La Corte Suprema Tedesca solleva a questo punto la questione in via pregiudiziale di fronte alla Corte di Giustizia.
In particolare si chiede ai giudici di Strasburgo se il principio di libero stabilimento all’interno dell’UE sia o meno conciliabile con il criterio di collegamento della sede effettiva. Se,in altri termini,gli ordinamenti nazionali siano legittimati a mantenere il criterio internazional-privatistico della lex fori.
La Corte di Giustizia,in primo luogo,ravvisa la assoluta pertinenza rispetto al diritto di stabilimento. In effetti,i giudici tedeschi avevano richiamato anche un’altra norma del Trattato, l’art. 293 del TCE che stabilisce che gli Stati membri avvieranno tra loro per quanto occorra negoziati teso a garantire a favore dei loro cittadini una serie di cose (tra queste il reciproco riconoscimento delle società a mente dell’art. 48,2° comma; il mantenimento della personalità giuridica in caso di trasferimento della sede da un Paese ad un altro e la possibilità di fusione di società soggette a legislazioni nazionali diverse). La CdG ritiene,dunque,che non di questo si tratti, ma di piana applicazione dell’art. 43 e 48 TCE.
La sent. ribadisce l’orientamento della Daily Mail e della Centros. Gli Stati possono liberamente gestire il trasferimento all’estero della sede di società cerate nel loro territorio (limitazioni in uscita). Al contrario,le limitazioni al riconoscimento della personalità giuridiche poste dall’ordinamento del Paese di destinazione sono da considerarsi illegittimi ed in contrasto con il diritto di stabilimento.
La sent. afferma,dunque,definitivamente 2 principi:
- Il riconoscimento forzoso delle società straniere comunitarie:ogni ordinamento è tenuto a riconoscere le società costituite in altro Paese membro e dar loro piena capacità giuridica
- La perfetta legittimità del solo criterio internazional-privatistico del luogo di incorporazione come compatibile con il diritto di stabilimento.
L’ultima sentenza che esaminiamo,che non fa altro che ribadire l’orientamento preso nel caso Centros,è la sent. Inspire Art (2003)Private Company Limited by share. La società in questione era una società a responsabilità limitata costituita nel Regno Unito avente ad oggetto la compravendita di oggetti d’arte che operava esclusivamente nei Paesi Bassi mediante una succursale appositamente costituita ad Amsterdam. La possibilità di costituire società in Inghilterra per poi farle operare in altri Paesi sta diventando un business. L’ordinamento anglosassone è,infatti,particolarmente flessibile:non c’è alcun bisogno di mettere a disposizione della società un capitale iniziale minimo.
Il caso della Inspire Art è del tutto simile a quello della Centros. In Olanda il criterio adottato è quello del Paese di incorporazione. Poi,però,introduce una legge relativa alle società formalmente straniere a tenore della quale le società costituite conformemente ad un diritto diverso da quello olandese,che svolgano la loro attività esclusivamente in Olanda senza avere alcun legame effettivo con il Paese di costituzione,debbono qualificarsi come società formalmente straniere e sottostare ad un particolare trattamento giuridico. In particolare devono:
- pubblicizzare questa loro qualificazione nel registro delle imprese nazionale e menzionarla nella corrispondenza,integrando la denominazione o ragione sociale propria
- sottostare a delle regole relative alla soglia minima di capitale pari almeno al capitale minimo previsto per le società a responsabilità limitata olandesi;la tenuta della contabilità secondo i criteri olandesi.
In caso di inosservanza di queste prescrizioni gli amministratori della società assumevano la responsabilità illimitata e solidale per tutte le operazioni compiute nel periodo in cui le disposizioni previste non fossero state rispettate.
Nel caso di specie la Inspire Art era stata iscritta nel registro delle imprese olandese senza alcuna menzione della qualifica di società formalmente straniera. La Camera di Commercio olandese conseguentemente aveva chiesto alla medesima di integrare la sua iscrizione e la denominazione sociale. La Inspire Art aveva impugnato il provvedimento dinnanzi all’autorità giudiziaria olandese la quale,riconosciuta la possibile incompatibilità sollevava 2 questioni,in via pregiudiziale, davanti alla CdG:
- se gli artt. 43 e 48 TCE vietassero agli Stati membri di adottare norme nazionali che imponessero condizioni ulteriori ed aggiuntive allo stabilimento a titolo secondario di una società costituita conformemente al diritto di uno Stato membro e se questo divieto dovesse ritenersi operante anche nel caso in cui fosse evidente che la società si era costituita in un Paese diverso solamente per sfruttare i vantaggi normativi del Paese di incorporazione.
- se,nell’ipotesi in cui la normativa nazionale fosse incompatibile con le disposizione del trattato,essa potesse comunque trovare applicazione sulla base dell’art. 46 del TCE,cioè sulla base di motivi imperativi di interesse generale quali la tutela dell’ordine pubblico,della pubblica sicurezza,della sanità pubblica.
La CdG dichiara contrari alla libertà di stabilimento tutti gli obblighi imposti dalla legge olandese sulle società formalmente straniere,stabilendo l’incompatibilità con il d.comunitario di una norma interna che imponga a società costituite in un altro Paese membro dell’Unione obblighi ulteriori e discriminatori.
In particolare,la CdG sottolinea l’incompatibilità della legge olandese con l’Undicesima Direttiva nella parte in cui si occupava di dettare una specifica disciplina pubblicitaria per le società formalmente straniere. L’imposizione di obblighi ulteriori rispetto a quelli indicati all’art. 2 di suddetta direttiva doveva considerarsi illegittima.
Per quanto poi attiene al profilo sostanziale(regole relative alla soglia minima di capitale e alla tenuta della contabilità)e le regole relative alla sanzione della responsabilità illimitata la Corte indicava l’incompatibilità rispetto al principio di libertà di stabilimento e cioè proprio rispetto agli artt. 43 e 48. Viene così portato a compimento l’orientamento della sent. Centros,puntualizzando come siano del tutto irrilevanti i fini per i quali una società decide di costituirsi in un Paese piuttosto che in un altro. Non possono,cioè,essere sottoposte a valutazioni di merito le motivazioni che spingono gli operatori economici decidono di scegliere dove incardinare le proprie società. Non esiste una divisone tra società straniere e formalmente straniere. Qual è il limite? L’abuso di diritto. Ma,l’abuso di diritto non può essere valutato in astratto,semplicemente sulla base che una società si è costituita in un Paese e poi esercita esclusivamente in un latro Paese. L’abuso di diritto dovrà essere valutato in concreto,caso per caso.
Questo orientamento costituisce il massimo riconoscimento dell’autonomia statutaria:c’è una coincidenza della lex societatis con la lex loci incorporationis. La legge che regola le società coincide con la legge del luogo di incorporazione:il che corrisponde alla scelta statutaria dei soci. I privati sono,in altre parole,ammessi a scegliere quello che è il diritto da loro ritenuto più conveniente. Si va delineando una possibile concorrenza tra i Paesi comunitari. Sul fenomeno ci sono 2 diversi punti di vista:
- Secondo taluni,la concorrenza tra ordinamenti metterebbe capo a quella che in diritto comparato viene definita “corsa al rialzo” (race to the top):si verificherebbe una sorta di armonizzazione dal basso. La competizione tra ordinamenti potrebbe cioè portare gli ordinamenti a trovare un alienamento ai fini della sopravvivenza (cioè,per non far fuggire tutti gli operatori economici).
- Secondo altri,la concorrenza tra gli ordinamenti porterebbe ad una corsa verso il basso (race to the bottom). Molti ordinamenti sarebbero indotti a tralasciare la tutela dei diritti dei soci di minoranza,dei creditori,dei terzi,per creare invece norme sempre più in grado di tutelare gli azionisti forti e gli amministratori(questo attrarrebbe sicuramente più operatori economici che un diritto più garantista per i contraenti deboli).
In ogni caso,come già accennato,in Europa non si può certo parlare di effetto Delawear. Ciò non toglie che il mercato delle regole sia sicuramente oggi una realtà.
In linea con l’orientamento così espresso si colloca la recentissima sentenza Sevic del 2005,in cui si sottolinea come tra le modalità di esercizio del diritto di stabilimento debba annoverarsi anche l’ipotesi di fusione transfrontaliera.
La pronuncia prende le mosse da un caso avvenuto in Germania. La Sevic,società costituita in Germania,aveva stipulato con la Security Vision Concept,società costituita in Lussemburgo,un contratto di fusione consistente nello scioglimento senza liquidazione di quest’ultima e nel trasferimento di tutto il suo patrimonio alla Sevic che manteneva inalterata la propria denominazione sociale. Si trattava di una fusione transfrontaliera per incorporazione.
Il Tribunale di primo grado tedesco rifiutava l’iscrizione della fusione invocando la legge tedesca sulle trasformazioni di società che ammetteva unicamente le fusioni interne(soggetti aventi sede in Germania).
La Sevic impugnò il provvedimento di rifiuto dell’iscrizione davanti alla Corte d’Appello,la quale sospese il processo per sottoporre la questione in via pregiudiziale alla CdG.
La Corte affermò innanzitutto che le fusioni transfrontaliere beneficiano del regime della libertà di stabilimento in quanto misure che facilitano l’accesso in un altro Stato membro e lo svolgimento di attività economiche in tale Stato. La normativa tedesca,regolamentando in maniera diversa le operazioni di fusione a seconda che queste fossero concluse tra società nazionali ovvero tra una società nazionale ed una società con sede in un Paese comunitario differente,creava una chiara disparità di trattamento tra società costituendo così una violazione alla libertà di stabilimento. Tale restrizione potrebbe essere giustificata solo,coerentemente con l’art. 46,da ragioni imperative di interesse pubblico. La previsione di un divieto assoluto e preventivo,indipendente dagli eventuali pregiudizi o rischi connessi all’operazione non è giustificata.
La Corte con questa sentenza amplia,ancora una volta,il contenuto della libertà di stabilimento, prevedendo,come modalità di esercizio dello stesso,la fusione tra soggetti giuridici costituiti in Paesi comunitari diversi.
La sent. Sevic non affronta la questione del diritto applicabile alla società risultante dall’operazione di fusione;in materia è intervenuta successivamente la direttiva già esaminata del 2005. Tuttavia,la direttiva in esame presenta un ambito soggettivo di applicazione ristretto, limitato alle società di capitali. Per i soggetti che rimangono esclusi da questa disciplina,rispetto ai quali in ogni caso la fusione deve ritenersi ammissibile in base alla sentenza Sevic,si registra un vuoto normativo.
La sentenza Sevic lascia,inoltre,aperta anche un’altra questione. Essa sicuramente è applicabile alle fusioni “in entrata”. Ma sarà applicabile anche a quelle “in uscita” o sarà,invece,possibile che uno Stato vieti ad una società costituita sul proprio territorio di essere incorporata da una società straniera ? Se i limiti posti dallo Stato alle fusioni in uscita possono essere equiparati ai limiti posti dallo stesso a trasferimento della sede all’estero,allora è evidente che il caso trova soluzione nel principio enunciato dalla sentenza Daily Mail,in cui la Corte ritiene legittimi i divieti di trasferimento della sede all’estero posti dal Paese della lex societatis.
Qualora,come nel caso Sevic,i divieti siano posti dal Paese dell’incorporazione che innalza delle barriere alla fusione transfrontaliera “in entrata”,la Corte non potrà che far propri i pr. enunciati nei casi Centros,Ubersering ed Inspire Art secondo cui gli ostacoli alla libertà di stabilimento posti dal Paese di arrivo sono illegittimi,in quanto contrastino con il Trattato ed il diritto comunitario.
Rapporto tra libertà di stabilimento e diritto internazionale privato delle società
Queste decisioni della CdG,che estendono il contenuto e la portata della libertà di stabilimento, poggiano sul presupposto che tutti gli ordinamenti dell’UE abbiano un diritto societario ed un diritto internazionale privato equivalente;ma non è così e ciò costituisce un ostacolo all‘esercizio della libertà di stabilimento.
Non esiste a livello comunitario un pr. di connessione determinate la lex societatis unitario e condiviso:ciascuno Stato membro è libero di adottare il criterio che ritiene opportuno. I criteri possibili,come già visto,sono fondamentalmente 3:
- criterio del luogo di incorporazione o della sede formale(Paesi di common law e in generale quelli di derivazione o di influenza anglosassone):il diritto che regola la società va individuato con riferimento allo Stato in cui essa viene costituita,dunque all’ordinamento del Paese nel quale si è perfezionato il procedimento d’incorporazione,ovvero in cui si trova la sede statutaria
- criterio della sede effettiva(Germania,Francia,Austria,Belgio e Grecia):società soggiace alla legislazione dello Stato in cui essa ha la propria sede amministrativa effettiva,ovvero in cui si trovano gli organi deputati all’amministrazione e rappresentanza della società e in cui vengono adottate le decisioni gestorie ed organizzative
- criterio misto(Italia,Portogallo,Svizzera e Spagna)
Italia:art.25 l. 218/’95 la legge regolatrice delle società è individuata in base al luogo in cui si è perfezionato il procedimento di costituzione;ma,si applica la legge italiana se la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale della società sono situati in Italia.
Nella giurisprudenza antecedente al caso Centros,la CdG non ha mai espresso una preferenza per un determinato criterio di collegamento.
Il tema della compatibilità tra libertà di stabilimento e teoria della sede reale non è stato espressamente affrontato nemmeno nella sentenza Centros che ha semplicemente affermato con forma il principio della libertà di stabilimento secondario non limitabile dagli Stati membri. La sentenza Uberseering pone chiaramente alla ribalta il principio del luogo di incorporazione prospettando chiaramente l’incompatibilità tra teoria della sede reale e principi comunitari sullo stabilimento. La conseguenza naturale della teoria della sede,consistente nel fatto che una società che trasferisce all’estero la propria amministrazione perde la sua capacità e deve essere ricostituita ex novo nello Stato ospitante per poter ottenere il riconoscendo della propria personalità giuridica,è inconciliabile con la libertà di stabilimento.
Il quadro è stato completato dal caso Inspire Art con cui la Corte afferma che non solo la negazione del riconoscimento,ma anche l’imposizione di una qualsiasi norma nazionale dello Stato ospitante alle società costituite secondo il diritto di un altro Stato membro produce l’effetto di ostacolare la libertà di stabilimento.
Con tali affermazioni la Corte mostra di privilegiare nettamente la normativa dello Stato d’origine e di ritenere inconciliabile con la libertà di stabilimento la dottrina della sede effettiva.
La teoria della sede effettiva ne esce fortemente stravolta e ridimensionata. È principio assodato che uno Stato membro della Comunità non potrà invocare la teoria della sede al fine di negare il riconoscimento ed il diritto di libero stabilimento ad una società costituita conformemente alle disposizioni di un altro Stato membro.
La teoria della sede effettiva non scompare in ogni caso del tutto:essa troverà ancora applicazione nei rapporti tra uno Stato membro e un Paese non aderente all’Unione,nonché nei rapporti tra lo Stato che adotti il criterio della sede effettiva e le società costituite al suo interno;in quest’ultima ipotesi lo Stato,infatti,potrà continuare a richiedere una coincidenza tra sede statutaria e sede effettiva ed impedire dunque il trasferimento ( ci troviamo nel campo di applicazione della Daily Mail).
L’azione armonizzatrice realizzata dalla CdG e dalla concorrenza tra ordinamento,sebbene risulti positiva ed efficace,non può cioè prescindere da un intervento legislativo centrale a livello comunitario per assicurare la garanzia di interessi collettivi.
Passiamo ad un’altra questione:il mercato finanziario.
Abbiamo visto come rispetto a motivi di pubblico interesse la Corte di Giustizia legittimi interventi restrittivi della libertà di stabilimento(art. 46) a condizione che vengano rispettati i 4 requisiti.
Ma,cosa accade quando una società formatasi in un certo Paese decide di quotarsi sul mercato finanziario di un altro Paese e cioè vada a chiedere finanziamento ai risparmiatori in un altro Stato?
La quotazione di una società in un mercato regolamentato altro non è che l’offerta in sottoscrizione o in vendita delle proprie azioni. Ma,quando una società si quota sul mercato finanziario le regole che le si applicano sono regole che riguardano anche la sua organizzazione e il suo funzionamento interno (regole sull’informazione da fornire agli azionisti,le modalità con cui si devono svolgere le assemblee,le modalità con cui effettuare la revisione dei conti, …).
Il problema,quando una società straniera sbarca sul mercato finanziario di un Paese diverso da quello di incorporazione è:questa società ha diritto di mantenere integro il regolamento del Paese di provenienza o dovrà integrare detta disciplina? In che modo la legge del mercato finanziario può integrare quella della società? È un problema che ancora non ha trovato soluzione.
In Italia la regolamentazione fondamentale per le società quotate in borsa si trova nel decreto lgs. 58 del 1998 (Testo Unico della Finanza):riguardo alla questione di cui si sta trattando questo decreto (versione originaria) fornisce indicazioni contrastanti. La definizione di cui all’art. 1 di soggetti quotati parla di “soggetti italiani o esteri che emettono strumenti finanziari quotati nel mercato regolamentato italiano”. Ciò significa che le norme relative al mercato finanziario dovrebbero riguardare soggetti sia italiani che stranieri,se emettono strumenti finanziari quotati in Italia. Tuttavia,se si considera poi la disciplina relativa alle società quotate (art. 119 TUF) vediamo che essa si applica alle società italiane con azioni quotate in mercati italiani o di altri mercati comunitari,salvo poi stabilire,con disciplina modificata nel 2005-2006-2007,con l’art. 165 ter,che per quanto riguarda la disciplina relativa alla revisione dei conti l’applicazione riguarda le società italiane con azioni quotate sui mercati regolamentati,le società italiane emittenti strumenti finanziari diffusi tra il pubblico le quali controllino società aventi sede legale in Stati i cui ordinamento non garantiscono la trasparenza della costituzione,della situazione patrimoniale, della gestione,nonché le società italiane con azioni quotate in mercati regolamentati per i quali siano collegati a società estere e siano da queste controllate.
Insomma,rispetto al mercato finanziario si sovrappongono due segmenti:diritto dello stato di costituzione e diritto dello stato del mercato;occorre individuare i limiti nei quali la legge del mercato può integrare ed entro certi termini sovrapporsi alla legge del luogo di incorporazione. In quest’operazione una norma come l’art. 165 ter,che rispecchia alcune norme statunitensi,ha l’aspetto di norma unilaterali,che impone l’applicazione del diritto interno anche a società costituite in altri Paesi. Si tratta di un orientamento opposto rispetto a quello emerso sopra,in materia di diritto di stabilimento,quantomeno perché questo diritto vede coinvolto un interesse pubblico fondamentale:la tutela del risparmio,diritto che nel nostro ordinamento ha addirittura la dignità di precetto costituzionale.
LA SOCIETA’ EUROPEA
La Società Europea (SE) è una forma di società che può essere costituita sul territorio dell'Unione Europea, e che funziona sulla base di un regime di costituzione e di gestione unico, anziché sottoposto a normative nazionali differenti.
La Società Europea è regolata dal regolamento europeo 2157/2001 del 8 ottobre 2001. E’ stata inoltre recepita la direttiva che ha completato lo statuto della società europea per quanto riguarda il coinvolgimento dei lavoratori (Dir. CE 86/2001, recepita dal D.Lgs 188/2005).
CENNI STORICI
Nel 1966 veniva divulgato il lavoro elaborato dal gruppo Sanders,istituito dalla Commissione Europea che divenne la pietra angolare su cui si basò poche anni più tardi la prima proposta di regolamento avanzata dalla stessa Commissione riguardante lo statuto della “Società anonima Europea”(società disciplinata da una unica fonte,valida per tutti i Paesi membri della Comunità). Dopo circa 30 anni si arrivò ad una proposta di tipo societario condivisibile da tutte le nazioni europee con l’adozione del regolamento 2157/2001. Una delle questioni più scottanti era quella della partecipazione dei lavoratori alla gestione dell’impresa prevista come necessaria nella disciplina sociale di alcuni Paesi europei come la Germania. A tale difficoltà si è ovviato eliminando dal regolamento che istituiva la SE ogni norma al riguardo e delegando l’attuazione delle forma di coinvolgimento dei lavoratori alla direttiva 2001/1968,lasciando così la concreta attuazione di detti principi ai singoli diritti nazionali.
Nel Regolamento ci sono molti rinvii alle singole legislazioni e molte opzioni legislative lasciate agli Stati membri:ciò porterà alla presenza di SE disciplinate,parzialmente,da norme diverse.
FONTI DELLA SE (artt.9 e 10 del Regolamento e Considerando n.5)
L’art. 9 individua sia il diritto materiale direttamente applicabile alla SE,sia il criterio di collegamento cui occorre fare riferimento in caso di non applicabilità di queste disposizioni.
Si distingue tra
• materie regolate interamente dal Regolamento (tra cui si trovano norme inderogabili e norme derogabili dai singoli statuti)
• materie non regolate interamente dal Regolamento. In questo caso si applicano: o le disposizioni di legge adottate dagli Stati membri in applicazione di misure comunitarie concernenti specificatamente la SE o le disposizioni di legge degli Stati membri che si applicherebbero ad una s.p.a. costituita in conformità della legge dello Stato membro in cui la SE ha la sede sociale o le disposizioni dello statuto della SE
Nella ricostruzione della gerarchia delle fonti della SE si deve tenere conto degli accordi con le rappresentanze dei lavoratori con le quali si regola il coinvolgimento degli stessi in conformità alla direttiva n. 86 del 2001.
La fonte principale regolatrice della SE è il Regolamento stesso norme inderogabili,norme derogabili,norme che operano un rinvio ai singoli statuti della SE o ai vari legislatori nazionali:
-norme inderogabili:non possono essere derogate dalle singole legislazioni nazionali,ma unicamente da altre fonti comunitarie A livello secondario si trovano tutte le disposizioni statutarie che sono direttamente riconducibili al Regolamento purchè da quest’ultimo direttamente richiamate(possono prevalere come no sulle norme nazionali).
Ad un terzo livello si collocano le norme dettate dai singoli Stati e riguardanti specificamente le SE costituite all’interno del loro ordinamento:possono disciplinare le materie non regolamentate dallo statuto oppure quelle materie già dal Regolamento delegate all’autoregolamentazione statutaria.
Al quarto livello si devono collocare gli accordi di autonomia privata previsti specificamente per le SE dai singoli ordinamenti su espressa indicazione del Regolamento o della Direttiva(accordi riguardanti il coinvolgimento dei lavoratori).
Al quinto livello si trovano le singole leggi nazionali concernenti le società per azioni di diritto interno.
COSTITUZIONE DELLA SE
Il capitale è diviso in azioni e il capitale sociale non può essere inferiore a 120.000 euro;può essere inferiore nel caso in cui la Società svolga determinate attività per le quali lo stato in cui la SE ha sede richieda un capitale più elevato.
La SE acquista personalità giuridica con l'iscrizione nei registri delle imprese dello Stato in cui è stata costituita con la pubblicità nella Gazzetta Ufficiale della Comunità Europea in virtù di pubblicità informativa(denominazione sociale,numero,data,luogo,titolo della pubblicazione,sede sociale e settore di attività). La denominazione sociale deve contenere la sigla SE,acronimo esclusivo della Società Europee.
Per gli atti compiuti in nome della SE prima della sua iscrizione sono responsabili solidalmente e illimitatamente per le obbligazioni sociali le persone fisiche, giuridiche che li hanno compiuti. La sede sociale deve essere costituita in uno dei Paesi membri della UE.
Può essere trasferita in un altro Stato membro ed il trasferimento non dà luogo né allo scioglimento,né alla costituzione di un nuovo soggetto.
Il Regolamento ha escluso la possibilità di costituire una SE mediante la sottoscrizione diretta del capitale da parte dei singoli azionisti,ponendo come necessaria la preesistenza di una o più persone giuridiche,affinchè una SE possa essere costituita.
Le SE può essere costituita solo da società soggette al diritto di uno degli Stati della CE che hanno la loro sede e l’amministrazione all’interno della CE.
Gli amministratori devono redigere un progetto di trasferimento indicante la nuova sede sociale, le implicazioni per i lavoratori nonché i diritti eventualmente spettanti a tutela di azionisti e creditori. Dopo 2 mesi dalla pubblicazione del progetto,l’assemblea delibera sul trasferimento con le maggioranze previste per le modifiche statutarie. Al termine di questa procedura,un organo giurisdizionale o altra autorità competente rilascerà un certificato attestante la regolarità dell’esecuzione di tutti gli adempimenti. L’iscrizione nel registro del nuovo Paese potrà avvenire solo su presentazione dell’attestato. C’è un limite alla possibilità di trasferimento:ogni trasferimento di sede sociale deve coincidere necessariamente con il trasferimento anche della sede amministrativa.
Il regolamento prevede la possibilità che un SE si trasformi in una s.p.a. disciplinata dalla legge dello Stato in cui è situata la sua sede sociale,ma la trasformazione non è ammissibile prima del decorso di 2 anni dalla registrazione della SE.
In generale,la SE può essere costituita soltanto da società soggette al diritto di uno degli Stati della Comunità . E’ possibile che uno Stato membro preveda che una società,la cui amministrazione centrale non si trovi all’interno della Comunità,possa ugualmente partecipare alla costituzione di una SE,ma a condizione che questa società sia stata comunque costituita in base alla legge di uno Stato membro e che abbia la propria sede sociale nello stesso.
Ci sono 4 modi di costituzioni della SE:
• mediante fusione:
-fusione propria:costituzione di una società da parte di 2 o più società preesistenti;SE è la nuova società costituita;tutte le società preesistenti trasferiscono tutto il loro patrimonio universale alla nuova costituenda società della quale i vecchi azionisti diventeranno i nuovi azionisti.
-fusione per incorporazione:una società viene incorporata in un’altra;società incorporante assume la forma di SE contemporaneamente alla fusione;si ha il trasferimento universale di tutto il patrimonio giuridico dell’incorporata all’incorporante,la prima società si estingue e i soci della stessa diventano soci della incorporante.
La disciplina riprende il procedimento previsto nella Terza Direttiva Societaria.
Entrambe le società devono essere costituite in forma di SPA e devono avere la propria sede e amministrazione in Stati membri differenti. Gli organi di direzione e di controllo redigono un progetto di fusione;nel bollettino nazionale devono essere pubblicate il tipo,la denominazione sociale,la sede delle società che si fondono,nonché della SE,le indicazioni delle modalità di esercizio dei diritti riservati ai creditori ed ai soci di minoranza delle società.
Le assemblee generali di ciascuna società provvedono all'approvazione del progetto di fusione con la maggioranza dei 2/3 del capitale sociale rappresentato.
Il controllo di legittimità sulla fusione è effettuato per ciascuna società conformemente alla legislazione applicabile nei rispettivi Stati. Entro 6 mesi dal rilascio dovrà essere inviato l'attestato di regolarità proveniente dai diversi Paesi alla autorità competente per il controllo di legittimità finale della fusione nello Stato membro dove avrà sede la futura SE. La fusione e la costituzione hanno effetto dalla data in cui la Società europea è iscritta nel registro dello Stato membro;con l'iscrizione non può più essere pronunciata la nullità.
• costituzione di una SE affiliata:società di diritto commerciale o civile,comprese le società cooperative e le altre persone giuridiche contemplate dal diritto pubblico o privato ad eccezione delle società che non si prefiggono scopo di lucro,possono costituire,sottoscrivendo le azioni,una SE affiliata a condizione che almeno 2 di esse siano soggette alle leggi di Sati membri differenti ovvero che abbiano da almeno 2 anni un’affiliata soggetta alla legge di un altro Stato membro o abbiano una succursale sempre situata in un altro Stato.
Si tratta di 2 diverse possibilità:
-quella concernente 2 soggetti appartenenti a 2 ordinamenti diversi i quali possono costituire direttamente una SE affiliata
-quella di 2 soggetti che possono appartenere anche ad un medesimo Stato membro purchè entrambi gli enti abbiano costituito da almeno 2 anni un’affiliata o una succursale situata all’estero
Il capitale della costituenda SE sarà sottoscritto direttamente dai due soggetti promotori:la costituzione sarà regolata dalla legge del Paese in cui sarà stabilito che la SE abbia la propria sede sociale.
Una SE affiliata può essere costituita direttamente anche da una SE già esistente.
• trasformazione di una s.p.a. che da almeno 2 anni ha una affiliata in un altro Stato membro. E’ l’unica ipotesi un cui la SE non è un nuovo soggetto giuridico bensì solo una nuova veste organizzativa per una società già esistente.
• costituzione di una SE holding:modalità di costituzione i soci di due distinte società possono conferire una parte delle proprie azioni ( che attribuiscano almeno il 50% dei diritti di voto) ad una nuova costituenda società che diverrà la società controllante (holding) delle due originarie società che necessariamente continueranno ad esistere.
Non si ha alcuna trasformazione,fusione o modifica statutaria degli enti coinvolti.
Sono legittimate a costituire la SE Holding le s.p.a. e le s.r.l. costituite conformemente alle leggi di uno Stato membro perché soggette a leggi di due Stati membri differenti ovvero che abbiano da lamento due anni una affiliata o una succursale situata in un altro Stato membro. L’avvio del procedimento di costituzione è di competenza degli organi di direzione delle società coinvolte che redigono un progetto di costituzione indicando tra l’altro le conseguenze che possono derivare ad azionisti e lavoratori. Accanto al progetto di costituzione della SE dovrà essere redatta una relazione di esperti relativa alla congruità del rapporto di cambio delle azioni o delle quote. Il progetto dovrà essere approvato dall’assemblea generale di ciascuna delle società promotrici;dalla data della delibera i soci delle società hanno 3 mesi per informare i rispettivi organi amministrativi della loro intenzione di conferire le loro azioni nella costituenda SE. La SE potrà essere costituita solamente se gli azionisti provvederanno a conferire l’ammontare minimo delle azioni entro questo periodo;segue la pubblicità della costituzione. Gli azionisti avranno a questo punto un altro mese per poter comunicare l’intenzione di mettere le proprie azioni a disposizione per la costituzione della SE.
In questo ambito il legislatore comunitario è stato manchevole in merito alla protezione degli azionisti di minoranza:ciascun Stato membro può adottare disposizioni intese a garantire la tutela degli azionisti di minoranza contrari a detta operazione,dei creditori e dei lavoratori.
LA STRUTTURA DELLA SE
La SE può scegliere se adottare il sistema di governance monistico o dualistico.
• sistema dualistico:ci sono 3 organi ed abbiamo la distinzione di organo di direzione ed organo di vigilanza. o L’organismo assembleare non si pone come fonte diretta dell’amministrazione societaria. L'assemblea generale ha il potere di nominare il Consiglio di Sorveglianza che designa o revoca l'organo di amministrazione. o organo di vigilanza:controlla l'attività dell'organo direttivo,escluso ogni potere di gestione diretta della società;i membri sono nominati dall'assemblea;organo di vigilanza nomina l'organo di gestione e controlla la gestione dell'organo amministrativo. Deve essere informato dall’organo di direzione sull’andamento degli affari e sulla loro probabile evoluzione almeno ogni tre mesi, può chiedere ragguagli di qualsiasi genere necessari ai fini del controllo. Nessun soggetto può rivestire contemporaneamente la funzione di membro dell’organo di controllo e dell’organo di amministrazione. I singoli statuti possono attribuire al Comitato di vigilanza anche un ruolo di gestione più attivo,vincolando all’autorizzazione dello stesso il compimento di determinate operazioni gestorie. o organo di gestione:amministra la SE sotto la propria responsabilità
• sistema monistico:c'è solo l'organo di amministrazione che gestisce la SE. I membri sono nominati dall'assemblea generale.
L'organo di amministrazione si riunisce ogni 3 mesi per deliberare l'andamento degli affari e l'evoluzione degli affari.
Ogni membro dell’organi di amministrazione ha diritto di conoscere ogni informazione comunicata all'organo collegiale. Ogni Stato regolamenta la revoca,il conflitto di interessi,il potere rappresentativo.
Nel modello così delineato manca qualsiasi riferimento alle funzioni di controllo:è evidente che l’assemblea potrà esercitare una forte vigilanza sull’organo amministrativo.
Valgono,a prescindere dal sistema di amministrazione adottato,alcune regole generali:
• i membri degli organi della società non possono essere designati per un periodo superiore a 6 anni,salva la possibilità di essere nuovamente designati e salvo restrizioni statutarie
• i singoli statuti possono prevedere che una società possa essere membro di un organo
• il Regolamento dispone 2 divieti specifici alla possibilità di essere membri degli organi SE: o non ne possono fare parte coloro che,in base alla legge dello Stato membro della sede sociale della SE,ne sarebbero esclusi dal corrispondente organo delle s.p.a. interne o non ne possono fare parte coloro ai quali,a seguito di una decisione giudiziaria o amministrativa di uno Stato membro,sia stato interdetto di far parte di un organo corrispondente in uno qualsiasi degli stati membri
Per quanto concerne il funzionamento degli organi della SE,il quorum costitutivo è di almeno la metà dei membri e le decisioni sono prese a maggioranza prevalendo in caso di parità il voto del presidente.
I membri degli organi della SE sono tenuti a non divulgare,nemmeno dopo la cessazione delle funzioni,le informazioni in loro possesso riguardanti la società la cui divulgazione potrebbe arrecare pregiudizio agli interessi sociali,salvo i casi in cui la divulgazione sia richiesta o ammessa dalle disposizioni del diritto nazionale applicabile alle società per azioni o nel caso di pubblico interesse(divieto non sembra avere alcun limite temporale).
Per quanto riguarda le azioni di responsabilità riguardanti i membri dell’organo di vigilanza,di direzione o di amministrazione,il Regolamento rinvia alle singole legislazioni degli Stati membri.
L’assemblea generale dei soci non ha una competenza generale;deve essere convocata almeno una volta all’anno e può essere convocata in un qualsiasi momento dall’organo di direzione, dall’organo di amministrazione,dall’organo di vigilanza o da qualsiasi altro organo o dall’autorità competente conformemente alla legislazione nazionale dello Stato membro della sede sociale della SE applicabile alle s.p.a. La convocazione dell’assemblea deve avere il relativo ordine del gg. La assemblea delibera validamente con la maggioranza dei voti espressi,eccetto per alcune materie.
La sede sociale della SE può essere trasferita in un altro Stato membro senza che ciò dia luogo a scioglimento o a costituzione di un nuovo soggetto. Il trasferimento non è consentito se nei confronti della SE è stata avviata una procedura di scioglimento,liquidazione,insolvenza, sospensione dei pagamenti o altre procedure analoghe;in ogni caso,si tratta di un procedimento articolato. È necessario un progetto di trasferimento redatto dagli amministratori. L’organo di direzione o di amministrazione deve redigere una relazione dalla quale deve emergere la giustificazione e spiegazione riguardanti gli aspetti economici e giuridici del trasferimento,con indicazione delle conseguenze per gli azionisti,i creditori ed i lavoratori.
È l’assemblea che si deve pronunciare sul trasferimento letti i suddetti documenti. La decisione deve essere approvata con le maggioranze previste per le modifiche dello statuto.
Un organo giurisdizionale,un notaio o un’altra autorità competente rilascerà un certificato attestante la regolarità dell’esecuzione di tutti gli adempimenti che serve per l’iscrizione nel registro del nuovo Paese. Il nuovo registro notifica l’espletamento delle formalità al registro presso il quale la SE era precedentemente iscritta che provvede alla cancellazione.
Benchè una SE abbia trasferito la propria sede in un altro Stato membro,rispetto a qualsiasi controversia anteriore al trasferimento,la stessa è considerata ancora avente sede sociale nel vecchio Paese,anche se la chiamata in giudizio dovesse essere successiva all’istituzione della nuova sede.
Ogni trasferimento di sede sociale di una SE deve coincidere necessariamente con il trasferimento anche della sede amministrativa della società stessa.
La SE si può trasformare in una s.p.a. disciplinata dalla stessa legge dello Stato membro ove è situata la sede sociale:ciò non può avvenire prima che siano decorsi 2 anni dalla registrazione della SE e prima che siano stati approvati 2 conti annuali(devono verificarsi entrambi).
La trasformazione,che non dà luogo a scioglimento o a creazione di una nuova persona giuridica, deve essere preceduta da un progetto e da una relazione predisposte dall’organo di direzione o di amministrazione. È l’assemblea che si pronuncia sulla trasformazione.
Per quanto riguarda lo scioglimento,la liquidazione,l’insolvenza o la cessazione dei pagamenti e le procedure analoghe,la SE è soggetta alle disposizioni che sarebbero applicabili se essa fosse una s.p.a. costituita conformemente alla legge dello Stato membro in la SE ha sede sociale.
SOCIETA’ COOPERATIVE EUROPEE
Nel 2003 con Regolamento 1435/2003 è stata istituita la Società Cooperativa Europea(SCE),nuovo tipo di cooperativa distinto da quelli già esistenti nei diversi Stati e destinato ad affiancarsi ai tipi nazionali(introduce ab origine un nuovo tipo societario).
All’interno dell’UE si rinvengono modelli cooperativi tra loro assolutamente difformi:tipo mutualistico latino(es. Italia, Francia,Spagna,America del Sud),tipo rappresentato dallo scopo di promozione(es. Germania,Austria),tipo ispirato dalla regola del self help(es. Gran Bretagna).
Lo scopo del Regolamento è superare le difficoltà date da questi approcci sistematici differenti. Nella SCE vale il principio della preminenza della persona che si riflette in norme specifiche riguardanti le condizioni di ammissione e di esclusione dei soci e nella regola “una persona un voto”.
Regole base per il funzionamento della SCE sono:
• i soci devono essere anche clienti,dipendenti o fornitori della stessa società
• le attività della società devono essere finalizzate al reciproco vantaggio dei soci
• deve essere garantita la preservazione causale del capitale sociale;in caso di liquidazione l’attivo netto sarà devoluto ad un’altra entità cooperativa con finalità analoghe
La SCE è una società dotata di personalità giuridica con capitale non inferiore a 30.000 euro diviso in quote. Le quote dei soci non possono essere immesse a fronte di impegni riguardanti la prestazione di servizi. Lo statuto può prevedere che sia ammessa la categoria dei soci sovventori.
La SCE può essere costituita:
• da almeno 5 persone fisiche residenti in almeno 2 diversi Stati membri
• da almeno 5 perone fisiche e società,nonché da altre entità giuridiche di diritto pubblico o privato costituite conformemente alla legge di uno Stato membro e che abbiano la sede sociale in almeno 2 Stati membri diversi o siano soggette alla legge di almeno 2 Stati membri diversi
. da società e altre entità giuridiche di d.pubblico o privato costituite conformemente alla legge di uno Stato membro che siano soggette alla giurisdizione di almeno 2 Stati membri diversi
• mediante trasformazione di una cooperativa di uno Stato membro se ha da almeno due anni una affiliazione o una succursale in altro Stato membro
• mediante fusione di cooperative soggette alla legge di almeno due Stati membri diversi
Per quel che riguarda la struttura organizzativa è richiamato il disposto del regolamento SE.
LA COLLABORAZIONE TRANSFRONTALIERA TRA IMPRESE. IL GRUPPO EUROPEO DI INTERESSE ECONOMICO
Il GEIE è un Gruppo Europeo di Interesse Economico, figura creata nell'ordinamento europeo con il regolamento comunitario n.2137 del 25 luglio 1985[1].
Ha costituito fino all’avvento della SE l’unico strumento di cooperazione interstatuale nell’esercizio della attività di impresa,sia pure limitato a singoli progetti ed attività.
Si tratta di un contratto mediante il quale almeno 2 operatori economici (non necessariamente imprenditori) appartenenti ad almeno 2 diversi Stati dell’UE si accordano per una cooperazione nello svolgimento di una attività. Si differenzia dalla società dal momento che il suo scopo è quello di facilitare l’attività economica dei suoi membri(scopo mutualistico).
Il GEIE è una forma giuridica che favorisce l’ottimizzazione dell’attività delle singole imprese che ne sono parte,senza esplicare autonomamente attività d’impresa,ma compiendo attività ausiliarie.
Non è necessario che i soggetti che partecipano ad un GEIE siano imprenditori:l’istituto è potenzialmente fruibile da qualsiasi soggetto economicamente operante,a qualsiasi titolo, nell’ambito dell’UE.
Il Regolamento dà agli Stati membri la possibilità di prevedere un limite di 20 al numero dei membri del GEIE,eventualmente considerando ciascun membro dell’ente giuridico (diverso dalle società),ad esempio ciascun membro di una associazione,membro del GEIE. Il legislatore italiano per altro non si è avvalso di questa facoltà.
E’ interdetto l’utilizzo del GEIE per:
• la costituzione di holding,sia di fatto che finanziarie,che controllino le attività dei membri del gruppo in alcuni settori più delicati(finanze, personale, investimenti)
• la costituzione di collaborazioni tra imprese i cui lavoratori retribuiti siano complessivamente più di cinquecento
• la creazione di una forma indiretta di trasmissione di beni e ricchezze anche a titolo di prestito,tra i singoli membri del gruppo ed il management
• costituire a sua volta un GEIE(gruppo non potrà essere membro di un ulteriore GEIE)
Si desume che,al di fuori di queste 4 ipotesi,l’utilizzo della struttura del GEIE è del tutto ammissibile.
FONTI
Le fonti cui fare riferimento per l’individuazione della disciplina applicabile al GEIE sono molteplici: -Regolamento 2137/1985 -disposizioni nazionali di applicazione -assoluta importanza è attribuita alla volontà delle parti in sede di costituzione del GEIE
Il GEIE è regolato da:
• disciplina comunitaria inderogabile, nella quale pare corretto intendere inclusi pure i “considerando”
• disciplina comunitaria derogabile dall’autonomia statutaria
• disciplina comunitaria che rinvia alla disciplina nazionale
• disciplina nazionale in via suppletiva
• contratto costitutivo del gruppo
La scelta del legislatore italiano è stata improntata ad un’ottica di intervento minimale:semplice “risposta” alle richieste avanzate dal Regolamento.
Lo strumento usato dal legislatore comunitario è il Regolamento:scopo fornire uno strumento immediatamente a disposizione delle imprese che operano nella Comunità.
Si tratta di una figura giuridica proposta dall'UE avendo come riferimento il francese GIE (Group d'Interet Economique) con lo scopo di unire le conoscenze e le risorse di attori economici di almeno 2 Paesi appartenenti all'Unione. Nelle intenzioni dei legislatori europei,questo dovrebbe permettere a piccole e medie aziende di poter partecipare a progetti più grandi di quanto le loro dimensioni permetterebbero.
Il fine del GEIE non è quello di ottenere un profitto,per quanto questo non sia vietato,quanto piuttosto fornire un ausilio alle attività delle aziende europee che lo costituiscono.
L'attività del GEIE deve essere collegata all'attività economica dei propri soci e deve risultare a questa sussidiaria;non si può sostituire alle attività dei rispettivi membri,eccetto che per un limitato periodo di tempo. Allo stesso modo,il GEIE non ha la facoltà di generare profitti per se stesso ed i profitti che derivano dalla propria attività devono essere ridistribuiti equamente tra i rispettivi membri. Le perdite dovranno essere sempre coperte dai membri stessi e dunque non potrà mai essere approvato un bilancio con un esercizio in perdita. I profitti realizzati sono soggetti ad imposte per mezzo degli stessi membri del GEIE.
COSTITUZIONE DEL GEIE
Mentre la partecipazione al consorzio è subordinata alla titolarità della qualifica di imprenditore, tale necessità non è prevista per i soggetti tra i quali può essere stipulato un contratto di GEIE: istituto fruibile da qualunque soggetto economicamente operante,a qualsiasi titolo,nell’ambito dell’UE.
Il singolo Stato può limitare a 20 il numero dei membri del GEIE;singolo Stato può escludere o limitare,per ragioni di pubblico interesse,la partecipazione al GEIE di alcuni soggetti che sarebbero legittimati a farvi parte in base al Regolamento;di nessuna delle due facoltà si è avvalsa l’Italia.
È possibile dar vita ad un GEIE attraverso un contratto,deve essere stipulato per iscritto a pena di nullità(in Italia),che preveda: o nome,preceduto o seguito dall’espressione GEIE o indirizzo ufficiale all'interno della UE, o oggetto, o informazioni dei rispettivi soci (numero e luogo di iscrizione), o durata;se manca,il gruppo è da intendersi a tempo indeterminato.
Il contratto deve essere presentato per l’iscrizione entro 30 gg nel registro indicato dallo Stato membro in cui il GEIE avrà la sua sede legale(Italia:registro delle imprese nella cui circoscrizione il GEIE ha sede;scrittura privata autenticata;si tratta del deposito finalizzato alla iscrizione).
Agli oneri di iscrizione nel registro delle imprese si accompagnano,in forza della natura transnazionale dell’istituto,altri 2 oneri:
- pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana di tutti gli atti soggetti a deposito,a cura degli amministratori entro 30 gg dall‘iscrizione o dal deposito.
- per il momento genetico e per il momento estintivo sarà ulteriormente necessaria la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee,effettuata dagli amministratori entro 30 gg dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana
Con l’iscrizione il GEIE viene in esistenza ed assume la piena capacità giuridica (non personalità giuridica).
I membri del gruppo rispondono illimitatamente e solidalmente per li obbligazioni di quest’ultimo. -parziale temperamento di tale regola:creditori del gruppo possono fare valere i propri diritti nei confronti di un membro solo dopo avere richiesto al gruppo il pagamento ed esso non sia stato effettuato entro un congruo termine.
Tale resp. si estende ai 5 anni successivi la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana della chiusura della liquidazione del GEIE. Lo stesso termine vale nel caso dell’uscita dei singoli membri dal GEIE. Nel caso dell’ingresso di un nuovo membro,egli sarà responsabile anche per le obbligazioni sorte precedentemente al suo ingresso nel gruppo;è opponibile ai terzi,se pubblicata,la clausola che esoneri il nuovo membro dal pagamento dei debiti sorti anteriormente alla sua ammissione.
Per quanto concerne il profilo della nullità del gruppo,il Regolamento demanda l’individuazione delle cause al legislatore nazionale,predisponendo solo il procedimento da seguire nel caso in cui tali eventualità si verifichino. -Italia:mancanza della forma scritta nel contratto costitutivo
Regolamento:nullità deve essere pronunciata con decisione giudiziaria;nullità del gruppo comporta anche la sua messa in liquidazione;sent. di nullità è opponibile ai terzi dopo la sua iscrizione;presunzione assoluta di conoscenza opera solo al decorrere del 15° gg successivo alla pubblicazione della sent. nella Gazzetta Ufficiale.
È da notare che il contributo dei soci a beneficio del GEIE non assume necessariamente un carattere economico,è infatti prevista una apportazione in natura o consistente in beni intangibili, quali know-how o diritti di proprietà intellettuale. Inoltre,per la sua costituzione,non è necessario alcun capitale iniziale e le modalità attraverso quali può essere finanziato sono flessibili.
STRUTTURA
L’autonomia statutaria è pressochè sovrana nella individuazione del concreto modello interno di organizzazione.
Un GEIE è composto come minimo da 2 organi:
• membri:agiscono collettivamente,sono responsabili per lo sviluppo dell'oggetto sociale del gruppo e sono legittimati ad adottare tutte le decisioni necessarie a tale scopo. Ad ogni membro spetta,salva diversa,pattuizione un solo voto;non si può spingere sino all‘attribuzione,in capo ad un singolo membro,della maggioranza dei voti.
La regola di defalut stabilita dal legislatore comunitario o per le decisioni dei membri è l’unanimità. Detta regola può essere derogata,ma non in alcune materie: o modifica dell’oggetto del gruppo o modifica del numero dei voti attribuito a ciascun membro o modifica delle condizioni di adozione delle decisioni o proroga della durata del gruppo o modifica delle quote di contributo dei membri al gruppo
È bene notare che i soci del GEIE hanno responsabilità comune solidale per i debiti e le altre responsabilità del GEIE (sebbene la responsabilità di uno o più dei propri membri concernente uno specifico debito può essere limitata o esclusa).
• manager(amministratore o amministratori):si occupano dell'amministrazione e della rappresentanza del GEIE. Si può avere un amministratore unico o un consiglio di amministrazione. La nomina spetta al contratto ovvero ai membri. Quanto alle incompatibilità,valgono le regole dettate dalla legge loro applicabile,o dalla legge dello Stato in cui ha sede il GEIE,per la carica di amministratore di società. Il legislatore italiano ha previsto la possibilità che l’amministrazione del gruppo sia affidata ad una persona giuridica ed in questo caso sarà il legale rappresentante della stessa ad assumere le responsabilità civili e penali previste per l’amministratore persona fisica,restando ferma la responsabilità solidale della persona giuridica amministratrice.
La rappresentanza viene esercitata in maniera disgiuntiva:in presenza di più amministratori,ciascuno di essi,agendo a nome del gruppo,impegna il gruppo nei confronti dei terzi. Per quanto concerne il potere detenuto dai manager,il GEIE è vincolato da qualsiasi atto posto in essere dai propri manager in nome del gruppo,anche quando questo ricada al di fuori dell'ambito dell'oggetto sociale del GEIE.
È opponibile ai terzi solo la possibilità di inserire nel contratto la clausola che modifica il regime di rappresentanza da disgiuntiva a congiuntiva(pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale e 15 gg).
Per quel che riguarda lo scioglimento del vincolo relativamente al singolo membro si distinguono diversi casi:
- trasferimento della partecipazione:in astratto è ammesso il trasferimento della partecipazione inter vivos,rendendosi allo scopo però necessaria l’autorizzazione fornita dagli altri membri del gruppo all’unanimità. Per quel che riguarda le cessioni mortis causa,il Regolamento prevede che nessuno possa subentrare se non alle condizioni previste dal contratto e altrimenti con il consenso degli altri membri dato all’unanimità. Altrimenti,agli eredi non spetterà che la quota di liquidazione. Al membro del gruppo è data la possibilità di costituire una garanzia sulla propria partecipazione:è necessaria l‘autorizzazione degli altri membri del gruppo (regola dell‘unanimità è derogabile dal contratto). Il titolare della garanzia non può divenire membro del gruppo in forza della sola garanzia.
- recesso:sarà il contratto a stabilirne le condizioni.
- esclusione:si distinguono casi di esclusone facoltativa e casi di esclusine di diritto. L’esclusione facoltativa potrà essere pronunciata dal giudice su richiesta congiunta della maggioranza degli altri membri(regola derogabile dalle previsioni del contratto). Sono cause di esclusione di diritto(legislatore italiano),invece: o dichiarazione di fallimento del membro o ammissione del membro alla procedura di concordato preventivo o assoggettamento dello stesso alla liquidazione coatta amministrativa
Al momento dello scioglimento del vincolo relativamente al singolo membro(uscita del singolo membro dal gruppo),incombe sugli amministratori l’obbligo di notifica della situazione ai membri rimasti nel gruppo e il dovere di deposito degli atti presso il registro delle imprese e di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Rep. Italiana della mutata composizione del gruppo. Al membro uscente spettano diritti e obbligazioni,determinate in riferimento alla situazione del gruppo al momento in cui il membro cessa di farne parte.
Il GEIE,quando un membro cessi si farne parte,continua tra i restanti componenti secondo le condizioni previste dal contratto,ovvero,qualora esso nulla preveda,secondo quanto stabilito dai membri con decisione unanime.
Per quel che riguarda,invece,lo scioglimento del GEIE,ancora una volta distinguiamo tra:
- scioglimento facoltativo:è deciso all’unanimità dai membri(regola che può essere derogata se previsto dal contratto).
- scioglimento obbligatorio:i membri sono tenuti a decretare lo scioglimento in caso di: o decorso del termine fissato nel contratto o verificarsi di una causa di scioglimento prevista nel contratto o realizzazione dell’oggetto del gruppo,ovvero l’impossibilità di conseguirla
Sciolto il gruppo,spetta agli amministratori l’adempimento degli oneri pubblicitari;nel caso della loro inerzia,qualunque interessato è legittimato ad adempiere a tale compito.
Qualora entro 3 mesi dall’accadimento la decisone non sia ancora stata presa, qualunque membro potrà adire l’autorità giudiziaria al fine di ottenere una pronuncia giudiziaria di scioglimento.
Qualunque membro può,inoltre,chiedere al giudice lo scioglimento per giusta causa.
I membri hanno,infine,l’obbligo di decidere lo scioglimento del gruppo qualora si verifichi la non sussistenza delle condizioni di diversità nazionale di almeno 2 membri. In caso di inerzia chiunque sia interessato potrà adire l’autorità giudiziaria. Allo stesso modo chiunque sia interessato potrà richiedere al giudice lo scioglimento in caso di violazione delle prescrizioni in materia di attività interdette al gruppo(giudice tenuto a pronunciare lo scioglimento a meno che la situazione non possa essere regolarizzata e lo sia effettivamente prima della decisione di merito).
Lo scioglimento del gruppo comporta la sua messa in liquidazione che viene disciplinata dal nostro legislatore secondo le norme dettate per la società semplice.
È bene a questo punto sottolineare le differenze esistenti tra il GEIE e altre forme di cooperazione tra soggetti economici conosciute nel nostro sistema:
1. join ventures:si ricomprende sotto questa definizione qualunque fenomeno aggregativo avente ad oggetto la cooperazione interimprenditoriale;non è possibile un raffronto diretto tra GEIE e questa fattispecie a causa della grande diversità di contenuti.
2. associazioni temporanee di imprese:si tratta di un fenomeno aggregativi il più delle volte strutturato in maniera da servire alla realizzazione di non più di un progetto. Corollario di questa provvisorietà è la pressoché totale assenza di una struttura organizzativa. Inoltre, mentre nel GEIE è il gruppo stesso ad essere,in forza della capacità giuridica che gli è attribuita dal momento dell’iscrizione nel registro delle imprese, titolare dei rapporti con i terzi;nell’ATI il terzo contrae con l’impresa capofila,essendo i rapporti tra le imprese coassociate meramente interni. Nel GEIE i contraenti non devono essere imprenditori;nell’ ATI sì(GEIE possono svolgere anche attività non imprenditoriali).
3. consorzi:si tratta di un istituto sicuramente molto vicino con il GEIE con il quale condivide lo scopo mutualistico. Le differenze più radicali si collocano sul piano della responsabilità e della struttura. Nel consorzio la responsabilità dei membri è limitata a quanto apportato al fondo consortile. Per quanto attiene la struttura,nei consorzi non ci sono schemi rigidi(è previsto solamente un organo di tipo assembleare).
LEGISLAZIONE ITALIAN
In Italia,il Regolamento 2137/85 è stato assorbito ed integrato dal decreto legislativo n.240 del 23 luglio 1991. La soluzione proposta dal legislatore è stata quella di considerarla una società di persone anche se questa scelta è stata spesso criticata a causa della somiglianza dei GEIE alle cooperative.
GRUPPO EUROPEO DI COOPERAZIONE TERRITORIALE
Al fine di superare gli ostacoli che si incontrano nella cooperazione transfrontaliera,i gruppi europei di cooperazione territoriale (GECT) sono strumenti di cooperazione a livello comunitario i quali consentono di attuare progetti di cooperazione territoriale cofinanziati dalla Comunità ovvero di realizzare azioni di cooperazione territoriale su iniziativa degli Stati membri. La fonte di riferimento è il Regolamento n. 1082/2006 .
Il GECT ha lo scopo di agevolare e di promuovere la cooperazione transfrontaliera,transnazionale e interregionale tra i suoi membri. Il gruppo è composto da Stati membri,collettività regionali, collettività locali o organismi di diritto pubblico.
Il gruppo è dotato di personalità giuridica.
Le fonti di riferimento sono:
- regolamento istitutivo
- statuto del gruppo
- convenzione di cooperazione elaborata e approvata dai suoi membri
- in via analogica,il diritto nazionale dello Stato in cui il gruppo ha sede
La procedura di costituzione del gruppo prevede la necessità di comunicare l’intenzione di costituire il GECT a ciascuno degli Stati membri di cui i futuri membri del gruppo siano espressione:sarà necessario il consenso di tali enti statali. L’iscrizione nel registro pubblico ha valore costitutivo;seguirà la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’UE.
Nei limiti delle sue attribuzioni,il GECT agisce in nome e per conto dei suoi membri. Esso possiede a tal fine la capacità giuridica riconosciuta alle persone giuridiche dalle legislazioni nazionali.
Il gruppo dispone di almeno 2 organi:assemblea e direttore.
La disciplina della responsabilità prevede che essa sia di default illimitata a carico dei membri del gruppo ma che essi,qualora ne siano usciti,non siano tenuti all’adempimento delle obbligazioni del GECT per il periodo in cui ne facevano ancora parte(entrambe queste prescrizioni sono derogabili:possibilità di un gruppo a resp. limitata).
Il carattere eminentemente pubblico dell’istituto si mostra nel fatto che lo Stato di cui uno dei membri sia espressione può obbligare quest’ultimo a recedere dal GECT in caso la partecipazione non risponda più ad un interesse pubblico.