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Integrazione Del Supporto Decisionale Con Gli Strumenti Geocollaborativi

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Anno Accademico 2013/2014

INTEGRAZIONE DEL SUPPORTO DECISIONALE CON GLI STRUMENTI GEOCOLLABORATIVI

FATTORI MARCO FELLA ARMANDO LA ROSA GIOVANNI

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SOMMARIO
1. PREFAZIONE ………………………………….……………………………………3 2. INTRODUZIONE .............................…………………….………….......…………...4 3. PANORAMICA DEI MODELLI DI PROCESSO DECISIONALE...........................6 3.1. VISTA SEQUENZIALE …………………...................……...……………….... 6 3.2. VISTA DINAMICA ............................................................................................. 8 3.3. VISTA CONTINUA........................................................................................... 10 4. MODELLO CONCETTUALE E REQUISITI DI PROGETTAZIONE .................. 12 5. MAPPE ARGOMENTATIVE IN CSDM .................................................................16 5.1. Collegamento dei contributi di discussione agli oggetti geografici

..............................................................................................................................16 5.2. Mappe argomentative come strumenti gis collaborativi

..............................................................................................................................18

6. STRUMENTO SVILUPPATO...................................................................................21 6.1. Considerazioni sulla progettazione ......................................................................21 6.2. Supporto di visualizzazione e interazione ...........................................................23 6.3. Progettazione del processo sequenziale ...............................................................25 7. BENCHMARK ..........................................................................................................29 8. CONCLUSIONI .........................................................................................................30 9. UN CASO PRATICO D’ATTUALITA’ ...................................................................33 10. BIOBLIOGRAFIA ....................................................................................................39

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1. PREFAZIONE

Collaborative spatial decision making (CSDM) coinvolge molteplici Stakeholder che prendono decisioni strategiche basate su dati geospaziali. Gli ambienti CSDM implementano strumenti interattivi per la creazione di un modello spaziale in gruppo e per il supporto al processo decisionale. Tali ambienti includono metodi per carpire, catturare e manipolare le basi della conoscenza che supportano uno sviluppo individuale e collettivo di soluzioni alternative ai problemi spaziali. Altre capacità sono usate per gestire i modelli spaziali e supportare l’uso di metodi Multicriterio per valutare soluzioni alternative a problemi mal strutturati. Gli strumenti CSDM attuali a nostra disposizione hanno esplorato diversi modi per integrare i dati spaziali con la collaborazione, la distribuzione e la mobilità. Viene passata in rassegna una collezione di modelli decisionali utilizzando tre punti di vista: sequenziale, dinamico e continuo. Da questi si deriva un modello concettuale e una serie di requisiti necessari a integrare il supporto decisionale negli strumenti CSDM. Il modello concettuale evidenzia l’importanza delle diverse funzioni nei processi decisionali: rappresentare i problemi, trovare alternative e fare scelte (vista sequenziale); classificazione e comunicazione (visione dinamica); percezione, comprensione e proiezione (vista continua).

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2. INTRODUZIONE

DEFINIZIONE: CSDM E’ L’INTEGRAZIONE TRA I DATI GEOSPAZIALI, LA COLLABORAZIONE E IL PROCESSO DECISONALE

DEFINIZIONE: I DATI SPAZIALI, NOTI ANCHE COME DATI GEOSPAZIALI O TERRITORIALI, SONO INFORMAZIONI SU UN OGGETTO FISICO CHE PUÒ ESSERE RAPPRESENTATO DA VALORI NUMERICI IN UN SISTEMA DI COORDINATE GEOGRAFICHE.

IN GENERALE, I DATI GEOSPAZIALI RAPPRESENTANO LA POSIZIONE, LE DIMENSIONI E LA FORMA DI UN OGGETTO SUL PIANETA TERRA COME UN EDIFICIO, UN LAGO O UNA MONTAGNA. I DATI GEOSPAZIALI POSSONO ANCHE INCLUDERE ATTRIBUTI CHE FORNISCONO ULTERIORI INFORMAZIONI SUL SOGGETTO CHE VIENE RAPPRESENTATO. I SISTEMI INFORMATIVI GEOGRAFICI (GIS) O ALTRE APPLICAZIONI SOFTWARE SPECIALIZZATE POSSONO ESSERE UTILIZZATE PER ACCEDERE, VISUALIZZARE, MANIPOLARE E ANALIZZARE I DATI GEOSPAZIALI.

Fig. 1: Integrating, Information and Building Geographic Knowledge

Lo strumento sviluppato serve a sostenere un gruppo di stakeholder (portatori d’interesse), tra i quali progettisti urbani, architetti, sociologi, politici e amministratori pubblici, nello sviluppo collaborativo di piani urbanistici. Vengono coinvolti vari tipi di dati geograficamente correlati come ad esempio le infrastrutture, l’ambiente, il paesaggio, l’uso del suolo, la presenza umana e organizzativa, i dati economici e le statistiche sulla
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criminalità. E’ dipendente dal contesto, poiché durante il processo di esplorazione capita che gli stakeholder cambino. Da un lato il CSDM espande i sistemi informativi geografici (GIS) con nuovi modi per raccogliere dati spaziali, relazionarli con altri tipi di dati e visualizzare e analizzare tutti questi dati in accordo con il loro contesto geografico; dall’altro CSDM si basa su GIS con modelli e metodi decisionali, con il coordinamento tra le attività la collaborazione e nuovi tipi di dati di collaborazione come conferenze, chat, discussioni, trattative e scambi d’idee. Affrontiamo il CSDM usando la visione eclettica di Gray e Mandiwalla (1999), i quali adottano un atteggiamento abbastanza teorico affermando che il principale problema risiede in un gioco insufficiente tra informatica, scienza del comportamento, e scienza del management. Per esempio, una rigorosa attenzione sulla valutazione della tecnologia esistente, dimentica che gli strumenti informatici si stiano evolvendo continuamente. Il porre attenzione sugli strumenti di sviluppo non tiene conto della conoscenza accumulata sul comportamento di gruppo, la partecipazione e il processo decisionale. Il testo rimanente è organizzato con tre scopi consecutivi: 1. Esaminare i modelli esistenti, considerando differenti ipotesi circa la natura del processo decisionale; 2. Ricavare un modello concettuale in grado di integrare queste diverse visioni e individuare una serie di requisiti per lo sviluppo di strumenti CSDM; 3. Convalidare il modello concettuale in uno strumento innovativo di CSDM;

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3. PANORAMICA DEI MODELLI DI PROCESSO DECISIONALE

Organizziamo questa panoramica secondo tre prospettive complementari che identifichiamo nella ricerca letteraria: I. II. III. VISTA SEQUENZIALE, che caratterizza la natura progressiva dei processi decisionali; VISTA DINAMICA, che porta avanti il contesto dinamico del processo decisionale; VISTA CONTINUA, che pone l’accento sul processo decisionale come un’attività accoppiata dinamicamente;

3.1

VISTA SEQUENZIALE

Una prospettiva molto influente è la Teoria Soggettiva (attesa) (Ramsey 1931, Fishburn 1981). In pratica questa teoria ritiene che le persone razionali, di fronte ad una serie di alternative e risultati, iniziano definendo una funzione di utilità e quindi determinano quali scelte debbano essere prese. Questa teoria è la base per ciò che è stato designato approccio normativo al processo decisionale in condizioni d’incertezza (Fishburn 1981).

Fig. 2: Esempio di funzione di utilità

Altre teorie seguono quest’approccio normativo. Per esempio, il processo analitico gerarchico (AHP) (Saaty 2008) raccomanda di disgregare i problemi in gruppi di elementi decisionali; raccogliere i dati riguardanti questi elementi; stimare il peso relativo degli elementi di decisione e infine aggregare i pesi relativi agli elementi per ottenere una serie di valutazioni (RATING) per le alternative.
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Fig. 3: processo analitico gerarchico AHP

Simon (1987, 1997) ha criticato l'approccio normativo per la sua perfetta razionalità nella massimizzazione dell’utilità, enfatizzando che nelle organizzazioni del mondo reale, gli individui non si trovano nelle condizioni ideali necessarie per inquadrare i problemi, definire i criteri e valutare le alternative in modo sistematico. Ciò avviene perché i problemi sono complessi, i processi di valutazione devono affrontare molteplici vincoli e le soluzioni sono spesso politicamente influenzate. Per questo motivo Simon ha proposto il modello del “PROBLEM SOLVING”, che suddivide il processo decisionale in tre fasi: A. Rappresentazione del problema (INTELLIGENCE); B. Analisi delle alternative (DESIGN); C. Scelte finali (CHOICES); Due concetti fondamentali necessari a comprendere il Modello del Problem Solving sono le euristiche e la nozione di “satisficing”. Le Euristiche spiegano perché i decisori, spesso divergono dall'approccio normativo, semplificando la ricerca di alternative attraverso compromessi e regole. La nozione di satisficing spiega invece perché i decisori spesso non aspirano a massimizzare l'utilità ma cercano solo di soddisfare condizioni ragionevoli per le loro soluzioni. Molte altre teorie chiariscono ulteriormente le attività svolte in ciascuno delle fasi di Simon. Ad esempio, il modello “Cooperative Decision Making” (Wong 1994) introduce l'importanza di negoziazione dei conflitti quando si analizzano le alternative. Il modello Participatory Decision Making (Kaner 1996) sottolinea che i decisori dovrebbero lavorare in un modo divergente mentre rappresentano i problemi ma che dovrebbero convergere al momento delle scelte.

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Portando avanti il contesto geografico del processo decisionale, si nota che i dati spaziali possono supportare qualsiasi attività svolta in una qualsiasi delle tre fasi discusse sopra, anche se le relazioni tra i dati spaziali e la rappresentazione del problema sembrano più forte, poiché questa fase rileva la raccolta e l'analisi dei dati.

Fig. 4: Sequential View

3.2

VISTA DINAMICA

La vista dinamica sfida i modelli discussi in precedenza partendo dal presupposto che molto spesso i problemi hanno una natura dinamica che proibisce un approccio sequenziale. Quest’argomento è sottolineato dalla teoria “Recognition Primed Decision Making” (Klein, 2008). La caratteristica più distintiva della RPDM riguarda la forte dipendenza della Decision Making dal tempo, dall’incertezza, dagli obiettivi non chiaramente definiti, dalle minacce vitali ed economiche e da altre condizioni esterne che influenzano le persone in ambienti naturalistici. DEFINIZIONE: RPDM è il modello attraverso il quale le persone prendono decisioni veloci ed effettive in situazioni complesse. Il decisore genera un possibile corso degli eventi, comparandolo con i vincoli imposti dalla situazione e sceglie il primo corso che non viene rifiutato. APPLICAZIONE: RPDM è molto rilevante per i leader delle organizzazioni che sono affiliate con servizi di emergenza come ad esempio i vigili del fuoco, unità di ricerca e salvataggio, polizia e altre.
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Quest’approccio, invece di cercare di definire come le decisioni devono essere strutturate, cerca di capire come le decisioni sono effettivamente realizzate. L’RPDM pone l’accento su tre parti fondamentali del processo decisionale: sperimentare la situazione, riconoscere e classificare, e reagire alla situazione. L’azione gioca un ruolo molto significativo in questo modello perché è considerata una strategia fondamentale che mira a comprendere meglio la situazione del problema mentre evolve nel tempo. Partendo da un quadro di riferimento completamente differente, ma anche adottando una prospettiva dinamica del processo decisionale, troviamo la “Soft System Methodology” (Checkland e Poulter 2006). L’SSM propone un approccio concettuale al processo decisionale basato sulla ricerca in corso d’opera, dove i problemi più difficili non possono essere completamente risolti perché non sono pienamente compresi, invece sono iterativamente situati, modellati, discussi, ospitati e poi messi in atto nel “multiple trial and search cycles”. Come con l'RPDM, l'SSM sottolinea l'azione, come driver fondamentale per il processo decisionale invece dell’analisi e della struttura.

Infine osserviamo che il contesto geografico può essere collegato alla fase di riconoscimento, poiché i dati spaziali possono contribuire a migliorare il collocamento del problema nel loro ambiente.

Fig. 5: Dynamic View

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3.3

VISTA CONTINUA

Il processo decisionale dovrebbe essere considerato come un insieme di attività influenzate da funzioni individuali e collaborative quasi invisibili (Fisher e Dourish 2004). Uno dei primi modelli che affronta la vista continua è il modello Stimulus- OrganismResponse (Card e altri, 1983). Esso considera gli esseri umani come macchine di elaborazione delle informazioni, dove eventi, fanno scattare attività cognitive, seguite da azioni fisiche, che a loro volta originano nuovi eventi. In questo modello, il processo decisionale è uno sforzo sequenziale sistematicamente regolato attraverso informazioni di feedback. Il modello Stimulus- Organism- Response è stato molto influente, ma non è più accettato da tutti. Proposte più recenti considerano gli esseri umani come sistemi di elaborazione delle informazioni, in cui le relazioni tra gli eventi, le azioni e le risposte diventano molto più complesse (Yamanaka e Kawakami 2011). In particolare, il Contestual Control Model (COCOM) (Hollnagel e Woods 2005) suggerisce che gli eventi e le azioni siano accoppiati dinamicamente in un continuum di determinazione permanente del contesto e pianificazione delle azioni. Come tale, il processo decisionale dovrebbe essere visto come continuo piuttosto che discreto. Un altro approccio che esplora la complessità degli esseri umani come sistemi di elaborazione delle informazioni è la teoria della Sense Making (Weick e altri, 2005). Questa teoria mette in evidenza che il processo decisionale dipenda dalle percezioni equivoche e dalle distorsioni cognitive dei sensemakers. In particolare, la teoria della “Sense Making” definisce due funzioni, attuazione e conservazione (enactment and retention), che influenzano come gli individui decidano di far notare certi aspetti di un problema e non altri. La funzione di conservazione è particolarmente rilevante perché rileva che le visioni passate della situazione influenzano le future visioni. La funzione di attuazione è collegata con ciò che le persone decidono di estrarre dalle informazioni disponibili. Nel complesso, si osserva che il flusso continuo di attività cognitive è permanentemente sostenuto da azioni e informazioni di feedback. In realtà, i modelli recensiti accennano che la nozione di retroazione può essere molto restrittiva. Per esempio, la “Sensemaking theory” ritiene che l’attuazione sia influenzata da una miscela di attenzione, lotta per la prontezza, riflessione, apprendimento dagli errori, percezione del passato (Weick, 2001). Forse la migliore idea in grado di spiegare questi fenomeni cognitivi è la consapevolezza della situazione (Endsley e altri 2003): la percezione degli elementi nell'ambiente, la comprensione della situazione attuale, e la proiezione dello stato futuro.

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DEFINIZIONE: CONSAPEVOLEZZA DELLA SITUAZIONE (Situation Awareness, SA) (Wickens, 2008): Endsley la definisce informalmente e intuitivamente come “knowing what’s going on”, cioè la conoscenza di ciò che sta succedendo; più formalmente come “la percezione degli elementi nell’ambiente entro un volume spazio-temporale, la comprensione del loro significato e la proiezione del loro status, nel prossimo futuro”. Endsley disegna l’attenta distinzione tra i tre livelli della SA definiti come percezione, comprensione e proiezione. Esempio: Un controllore di traffico aereo potrebbe prima percepire un cambiamento nella traiettoria, poi comprendere che questo significa che gli aerei sono ora in una traiettoria convergente, e alla fine capisce il momento esatto nel quale potrebbe accadere il conflitto (cioè lo scontro tra gli aerei) e quanto serio sarà.

Osserviamo che il contesto geografico è correlato con la vista continua in diversi modi. In primo luogo, i dati spaziali forniscono spunti importanti per la consapevolezza delle situazioni, per esempio evidenziando importanti caratteristiche del mondo fisico. In secondo luogo, gli strumenti CSDM possono supportare la memoria degli elementi delle informazioni manipolati dagli utenti. Infine, strumenti CSDM possono stimolare l'accoppiamento dinamico attraverso la visualizzazione dinamica dei dati.

Fig. 6: Continuous view

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4. MODELLO

CONCETTUALE PROGETTAZIONE

E

REQUISITI

DI

Sulla base della discussione precedente si vuole proporre una visione integrata del processo decisionale. Lo schema integra i principali elementi concettuali che si sono discussi nella sezione precedente.

Fig. 7: Conceptual Model

Poiché la maggior parte dei concetti sono collegati ad attività, si sono adottati i diagrammi dei casi d’uso (Use Case Diagram)1 per modellare le loro relazioni.
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Un caso d’uso è un insieme di scenari(sequenze di azioni) che hanno in comune uno scopo finale (obiettivo) per un utente (attore). Il diagramma dei casi d’uso è la rappresentazione grafica dei casi d’uso. Relazioni del diagramma: Associazione (----) :congiunge gli attori con i casi d’uso a cui essi partecipano; Inclusione () indica che la funzione rappresentata dal caso d’uso alla base della freccia include completamente la funzione rappresentata da quello alla punta. Si può esprimere questa relazione anche con il verbo “usa”. Estensione () indica che la funzione rappresentata dal caso d’uso alla base della freccia può essere impiegata nel contesto della funzione rappresentata da quello alla punta, ovvero ne rappresenta una sorta di arricchimento. N.B.: Le relazioni di estensione e inclusione rappresentano concetti piuttosto vicini, ma l’orientamento delle frecce nei due casi si può descrivere come “opposto”. La sottile differenza fra i due stereotipi è la seguente: «include» indica un frammento che viene sempre eseguito durante l’esecuzione del caso d'uso alla base della freccia; «extend» indica un frammento che può essere eseguito in determinate circostanze del caso d’uso alla punta della freccia.

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Definiamo il processo decisionale come comprendente un’attività principale, il processo decisionale sequenziale, che riflette l'importanza generalmente attribuita alla vista sequenziale. Quest’attività comprende tre sotto-attività:

• rappresentare il problema: (diversi attori suggeriscono che questo tipo di attività deve essere realizzata in un modo divergente);

• Trovare alternative: (non si trovano indicazioni dalla letteratura scientifica che indica in che modo questo tipo di attività deve essere compiuta); • fare delle scelte: (Diversi autori suggeriscono una modalità convergente per questo tipo di attività); Poi consideriamo due estensioni per l'attività decisionale: il processo decisionale dinamico e continuo. Noi li consideriamo come estensioni perché hanno applicabilità più limitata rispetto alla vista sequenziale. Infatti, il primo affronta situazioni in cui la decisione è vincolata da fattori dinamici come la mancanza di tempo, mentre il secondo affronta casi in cui sono necessari continui aggiustamenti al processo decisionale, come ad esempio nelle attività di comando e controllo. Il caso d’uso della decision making dinamica comprende le seguenti attività: • Riconoscimento: capire la situazione problematica attraverso l'esperienza e la conoscenza. Qui si distinguono due sotto-attività principali menzionate nei modelli discussi: classificare, cioè organizzare le informazioni in base alle caratteristiche più importanti; comunicare, affrontando le interazioni necessarie tra i decisori per capire la situazione.

• Azione: come detto in precedenza, le azioni stimolano una comprensione attiva dell’ambiente e quindi dovrebbe essere considerata come una strategia decisionale. E infine definiamo un’attività principale per il caso d’uso del decision making continuo: • Consapevolezza della situazione- fondata su tre sottoattività:

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il mantenimento di un resoconto permanente dei dati rilevanti alla situazione del problema; la percezione dei loro rapporti con l'ambiente; la comprensione della loro possibile evoluzione nel tempo attraverso tentativi ed errori.

R1.a Gli strumenti CSDM dovrebbero contestualizzare i dati geospaziali, con informazioni che si riferiscono alle fasi decisionali in cui tali dati sono prodotti e utilizzati. Come abbiamo visto, prendere decisioni comprende tre fasi: rappresentare il problema, trovare le alternative e fare delle scelte. Tutte queste fasi implicano la creazione e la gestione di dati geospaziali in diversi modi e con diversi scopi. Noi proponiamo che gli strumenti CSDM dovrebbero esplicitare la sequenza naturale del processo decisionale e le loro attività corrispondenti, istituendo il collegamento tra i dati e le fasi in cui i dati sono prodotti e utilizzati. Naturalmente, questo dovrebbe essere realizzato in modo non prescrittivo, mantenendo la capacità dei decisori di progettare il processo decisionale in accordo con i propri obiettivi e traguardi. Fondamentalmente, questo requisito suggerisce l’estensione dei dati geospaziali con una vista strutturata del processo decisionale.

R1.b Gli strumenti CSDM dovrebbero sostenere la progettazione sequenziale del processo decisionale. Questo requisito corrisponde a un'estensione del precedente. Se il processo di decisione può essere progettato in tanti modi diversi, allora gli strumenti CSDM dovrebbero consentire agli utenti di progettare in modo esplicito il processo. In questo modo i dati e la gestione dei processi saranno effettivamente integrati.

R2.a Gli strumenti CSDM dovrebbero sostenere il riconoscimento dinamico del problema attraverso funzionalità di classificazione dei dati territoriali. La Classificazione delle caratteristiche salienti della situazione del problema è una caratteristica principale della vista dinamica del processo decisionale. Tali strumenti possono combinare caratteristiche orientate alla geografia e ai problemi nei dati geospaziali. R2.b Gli strumenti CSDM dovrebbero sostenere il riconoscimento dinamico del problema attraverso la combinazione dei dati territoriali con le informazioni orientate alla comunicazione.

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Un'altra caratteristica saliente della vista dinamica è l'interazione tra i decisori nel discutere, accogliere le prospettive, analizzare i fattori influenti, e delineare le azioni per superare la situazione problematica. Gli strumenti CSDM potrebbero combinare i dati spaziali con questa informazione orientata alla comunicazione.

R.3 Gli strumenti CSDM dovrebbero sfruttare la gestione dei dati geospaziali per costruire la consapevolezza della situazione. Commenti, perturbazioni e cambiamenti ecologici sono necessari per impegnare i decisori in un flusso continuo di consapevolezza della situazione e di azione; e i dati spaziali dovrebbero fornire il contesto adeguato per questa realizzazione. La dimensione collaborativa dei processi decisionali richiede che tutto il gruppo dei decisori abbia la consapevolezza della situazione. Poiché i processi decisionali coinvolgono anche la gestione dei dati, come detto sopra, è ragionevole ritenere che la gestione dei dati debba fornire gli stimoli necessari per costruire la consapevolezza della situazione. Abbiamo già indicato che la consapevolezza della situazione implica la percezione degli elementi nell'ambiente, la comprensione della situazione attuale, e la proiezione dello stato futuro. I dati spaziali dovrebbero sostenere questi diversi tipi di consapevolezza. Gli strumenti CSDM sono in grado di fornire indicazioni sugli oggetti presenti nell'ambiente, chi interagisce con quegli oggetti e ciò che i partecipanti stanno realmente facendo, così sostenendo la percezione. La comprensione della situazione attuale richiede integrare questi segnali con un'interpretazione più ampia del processo decisionale. Cioè, la tecnologia dovrebbe essere in grado di contestualizzare i dati geospaziali alle attività decisionali sequenziali che sono state compiute lungo il processo. Infine, la capacità di proiettare lo stato futuro può anche essere supportata da dati spaziali. Per esempio, possono essere usati per conservare commenti e note su come il processo decisionale si è svolto e ciò che è il risultato previsto.

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5. MAPPE ARGOMENTATIVE IN CSDM
La collaborazione comporta quasi imperativamente l'argomentazione, che è lo scambio di opinioni personali su determinati argomenti, in particolare utilizzando il ragionamento logico. L'argomentazione è spesso strutturata in discussioni o dibattiti, con il contributo di singoli partecipanti che rispondono a vicenda. In situazioni di decisionali geospaziali, la maggior parte dei contributi di discussione conterrà riferimenti geografici. Ad esempio, nella pianificazione urbana, argomenti a favore o contro un nuovo edificio potrebbero contenere riferimenti a posizione dell'edificio, e di edifici o strade vicine. Un riferimento geografico comune che contribuisce ai dibattiti pubblici è la posizione di origine del partecipante. Le Mappe Argomentative sono state sviluppate da Rinner (1999b, 2001) come un concetto di discussione geograficamente referenziato supportato informaticamente dalla visualizzazione cartografica e dalla funzionalità di query (nel senso che si puo' “interrogare la mappa“). Modelli formali per i dibattiti sono stati sviluppati negli anni 1950 e 1970, e in seguito sono stati implementati in strumenti software graficamente orientati. Di seguito vengono prima fatte delle considerazioni teoriche per collegare i contributi di discussione agli oggetti geografici per poi discutere le mappe argomentative risultanti dal punto di vista del GIS collaborativo. 5.1 COLLEGAMENTO DEI CONTRIBUTI DI DISCUSSIONE AGLI OGGETTI GEOGRAFICI La capacità di un sistema d’informazione geografico (GIS) è la rappresentazione dei fenomeni geografici attraverso dati spaziali, temporali, e attributi. Ad esempio, la temperatura misurata può essere collegata alla posizione in cui è stata verificata grazie al fatto che è memorizzata come un valore numerico in una cella della griglia. La densità di popolazione calcolata può essere legata alla zona geografica in cui si è verificata grazie al fatto che è memorizzata come un valore numerico in una tabella di attributi. I valori degli attributi- sia metrici, ordinali o nominali (ad esempio nomi di luogo) - sono fortemente legati al loro riferimento geografico. Nei modelli di dati geografici orientati agli oggetti, i valori degli attributi sarebbero persino integrati completamente con oggetti geografici. Quando gli oggetti di riferimento geografici cessano di esistere, anche i valori degli attributi periscono. Per quanto riguarda la mappatura argomentativa, siamo interessati a un accoppiamento più flessibile di oggetti informativi indipendenti ai riferimenti geografici.

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Un primo approccio per collegare oggetti informativi di spazio è stato introdotto da Laurini & Milleret-Raffort (1990) con il concetto delle Ipermappe. Le Ipermappe sono definite come "iperdocumenti multimediali con accesso basato su coordinate". In questo caso, gli oggetti informativi di tipo geografico sono "iperdocumenti" definiti come brevi unità semantiche che sono interconnesse tra loro da link di riferimento. Le discussioni strutturate sono costituite da argomenti espressi da diversi stakeholder. Interpretiamo ogni argomento registrato come un oggetto d’informazione individuale e indipendente, che ha un’impronta geografica implicita. Una delle principali idee della mappatura argomentativa è quella di consentire agli utenti di rendere esplicito il riferimento geografico per i contributi di discussione selezionando uno o più oggetti su una mappa. Rinner (1997a) suggerisce un’Ipermappa cooperativa in cui le mappe sono utilizzate per inserire/recuperare messaggi su/da un forum di discussione. Rinner (1997b) propone l'uso di simboli di annotazione per visualizzare l'esistenza di messaggi di discussione che si riferiscono alla posizione nelle mappe. Il termine "Mappe Argomentative", abbreviato in "argumap", è coniato da Rinner (1999a) per descrivere un indice cartografico per dibattiti sulla pianificazione. Inoltre, la navigazione, la partecipazione, e l'esplorazione sono state introdotte come categorie funzionali per l'utilizzo delle argumap. Infine, Rinner stabilisce un modello concettuale di discussioni di tipo geografico. La Figura 8 mostra una versione semplificata del modello argumap. Il modello rappresenta una discussione costituita da messaggi che a loro volta contengono argomenti come elementi atomici della discussione. Una mappa è modellata come un insieme di oggetti geografici. Quando una discussione è collegata a una mappa, saranno stabiliti riferimenti espliciti a livello di argomenti e oggetti geografici (trasformandoli in oggetti di riferimento geografici).

Figura 8: modello di mappa argomentativa (modificato da Rinner 1999b) 17

Il modello in figura rappresenta anche le cardinalità mediante il simbolo della stella per un numero illimitato di elementi coinvolti in una relazione. In particolare, vi è una relazione many-to-many tra gli argomenti e gli oggetti geografici, cioè l'argomento di un partecipante a una discussione può fare riferimento a diversi oggetti geografici, e un oggetto geografico può essere referenziato da vari argomenti di diversi partecipanti.

5.2

MAPPE ARGOMENTATIVE COME STRUMENTI GIS COLLABORATIVI

Il GIS collaborativo guarda ai metodi e ai processi che supportano gruppi di stakeholder nei problem-solving e nei decision-making geografici. Le Mappe argomentative hanno proprio la funzione di sostenere gli elementi discorsivi nel decision-making geografico, fornendo un accesso visivo ai dibattiti georeferenziati. Il modello di argumap descritto nella sezione precedente, consente una varietà di funzioni per esplorare, interrogare e analizzare lo stato di una discussione, nonché per partecipare attivamente al dibattito. La maggior parte di queste funzioni si basa sulle "relazioni geo-argomentative" tra gli argomenti e gli oggetti geografici nel modello. Ci sono due forme fondamentali di relazioni geo-argomentative: relazioni argomentative tra gli oggetti geografici, e le relazioni spaziali tra gli argomenti. Ad esempio, se un geo-oggetto fa riferimento a un argomento, e una risposta a quest’argomentazione si riferisce a un altro geo-oggetto, i due geo-oggetti entrano in un rapporto argomentativo. Dal punto di vista di un partecipante alla discussione, i due oggetti sono legati l’uno all’altro, anche se non erano spazialmente correlati. Allo stesso modo, due argomenti apparentemente non correlati potrebbero essere correlati attraverso il loro riferimento spaziale, se si riferiscono a due geo-oggetti spazialmente correlati. Ad esempio, due punti distinti di discussione potrebbero fare riferimento a due geo-oggetti vicini e, quindi, si potrebbe rivelare una relazione spaziale tra essi. Una discussione ipotetica del controverso piano di estensione della Front Street della città di Toronto è utilizzata per illustrare ulteriormente l'uso delle relazioni geo-argomentative. In accordo con la Città di Toronto (documento non datato), l'estensione della Front Street "è stata una parte fondamentale del piano di trasporto per il nucleo centrale della città di Toronto per quasi venti anni. [...] La necessità dell'estensione è stata confermata in due recenti studi [...]. Tutti questi studi determinarono che la rete di trasporto che serve la città da ovest si stava avvicinando alla saturazione e quindi erano necessari dei miglioramenti; bisognava mettere in atto lo sviluppo proposto nelle aree del lungofiume e della ferrovia“. Gli argomenti a favore dell'estensione, che hanno un riferimento geografico mostrato in figura, includono la capacità limitata del Gardiner Expressway e la connessione utile di nuovi sviluppi lungo il territorio ferroviario. La critica del piano di estensione è riassunta in Lorinc (2005). Ad esempio, l'estensione della Front Street sarebbe passata in prossimità di villette a schiera di nuova costruzione lungo il territorio
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ferroviario piuttosto che servire edifici per uffici che sono stati originariamente previsti in quella posizione. Inoltre, l'estensione della Front Street e le strade parallele locali potrebbero ostacolare ulteriormente l'accesso alla storica Fort York e "uccidere una proposta fantasiosa per un ponte pedonale sulla ferrovia, che collega un sistema di parchi su King West con Garrison Common " (Lorinc 2005). Diversi argomenti che fanno riferimento alla ferrovia entrano in un rapporto spaziale tra di loro, anche se si verificano in diversi contesti del dibattito. Due spazi verdi separati sono indicati in un unico argomento creando un legame argomentativo tra questi due oggetti geografici. Questi sono solo due esempi delle implicazioni delle relazioni geoargomentative.

Fig. 9: piano di estensione della Front Street di Toronto

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Come sottolineano Rinner & Schmidt (1998), i sistemi di supporto alle decisioni spaziali multi-utenti hanno bisogno di gestire sia gli obiettivi di cooperazione e sia quelli di conflitto delle parti interessate. Le Mappe Argomentative affrontano questo problema sostenendo modelli argomentativi strutturati, come descritto sopra, che consentono ai discussori di esprimere punti di vista sia di sostegno che opposti.

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6.
6.1

STRUMENTO SVILUPPATO (P.Antunes, G.Zurita, N.Baloian, C.Sapateiro)
CONSIDERAZIONI SULLA PROGETTAZIONE

Le considerazioni di progettazione sono fortemente correlate con i requisiti descritti nella sezione precedente. Lo strumento di “e-planning” offre delle aree di lavoro che supportano la visualizzazione e l’interazione della mappa. La mappa può essere integrata con diversi elementi geograficamente correlati come schizzi, disegni e testi a mano libera condivisi dagli utenti. La mappa e gli elementi associati materializzano ciò che abbiamo indicato in termini generici riguardo ai dati geospaziali. Riflettendo il modello concettuale e i requisiti derivati, lo strumento di e-planning è stato strutturato attorno a tre diverse aree di lavoro: ideazione, discussione e pianificazione (IDEATION, DISCUSSION AND PLANNING WORKSPACES). Queste aree di lavoro esplicitano le tre fasi che abbiamo definito nella vista sequenziale del processo decisionale. Le Funzionalità dedicate supportano la progettazione del processo. Il componente responsabile di tale funzionalità è descritto più avanti. Definiamo che l'ideazione è divergente e la discussione e la pianificazione sono convergenti. Questo permette agli utenti un pensiero divergente durante la raccolta d’idee, ma richiede l’attenzione degli utenti mentre le processano e sviluppano un piano finale. Di conseguenza, gli utenti lavorano singolarmente sull’Ideation Workspace e condividono il contenuto del Discussion e del Planning Workspace. L’Ideation Workspace consente agli utenti di preparare le loro idee prima della loro condivisione con gli altri, che riduce il problema del free rider2, il blocco della produzione e il problema della valutazione della comprensione (Stroebe et al. 1992). Il Discussion Workspace serve a esplorare e raffinare le idee. Inizialmente mostra solo la mappa, ma permette di copiare i contenuti dall’ Ideation Workspace. In questo modo gli utenti possono condividere, organizzare e definire un insieme d’idee in base al loro contesto geografico.
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Il problema del free rider (free rider problem) si verifica quando un individuo, che non ha pagato per ottenere una o più informazioni, sfrutta quelle di altri operatori, che le hanno ottenute sostenendo il relativo costo. Il fenomeno del free rider ha luogo quando, all'interno di un gruppo di individui, si ha un membro che evita di dare il suo contributo al bene comune poiché ritiene che il gruppo possa funzionare ugualmente nonostante la sua astensione. Free Riding è un'espressione che prende il nome proprio dal comportamento di colui che sale sull'autobus senza comprare il biglietto. In italiano in generale "free-rider" è rendibile con scroccone e "free-riding" con scroccare (termine in uso già dal XVI secolo secondo il dizionario Sabatini - Coletti). Un esempio è quello di un gruppo di studenti che devono decidere se comprare un televisore per l'appartamento che condividono. Qualcuno potrebbe nascondere il desiderio di acquistare il televisore per evitare di pagarne il prezzo. Una volta acquistato, però, non sarebbe facile impedirgli di utilizzarlo. Lo stesso potrebbe avvenire nella decisione di costruire un ponte su un fiume.

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Il Planning Workspace è funzionalmente uguale al Discussion Workspace. È inizialmente vuoto e può essere popolato copiando il contenuto dal Discussion Workspace. Ciò che lo rende differente dal Discussion Workspace è che si affronta una fase diversa del processo decisionale, essendo destinato principalmente a sviluppare una rappresentazione finale delle decisioni prese dal gruppo, anche se può essere utilizzato per altri scopi analoghi.

Per esempio, se più di un’alternativa è generata nel DW, i partecipanti potranno esplicitamente classificare le alternative nel PW (RANKING). Ogni WorkSpace mostra in sottofondo una mappa scaricata da GoogleMaps sulla quale si possono trovare elementi visivi creati dagli utenti. Diverse icone (viste a fianco della fig. 12 ed anche della fig. 10) sono disponibili per accedere ad alcune funzionalità aggiuntive per la modifica degli elementi visivi, per cambiare il workspace attuale, e per altre funzioni come lo zoomin e zoom-out (vedi menu in Figg. 10 e 11). I decisori possono comunicare riguardo alla situazione del problema attraverso schizzi, disegni e scritture sui WorkSpace condivisi. Al momento non consideriamo altri tipi di dati come chat o la comunicazione vocale, soprattutto perché lo strumento è orientato ad una collaborazione faccia a faccia. La classificazione della funzione è basata su un database di elementi visivi correlati geograficamente. Questo database registra le modifiche apportate agli elementi visivi posti dai decisori sulla mappa visualizzata. Questo database supporta un controllo della versione al fine di consentire la revisione di come gli elementi sono stati creati e modificati nel tempo.

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Fig. 10: A sinistra, l’interfaccia del browser Safari in Ipad; a destra, l’interfaccia del browser Chrome in Mac Book

Gli utenti possono individualmente o collettivamente ciclare fra IW-DW-PW quando necessario o conveniente. Questo evita di avere un approccio prescrittivo al processo decisionale. La letteratura mostra che per certe decisioni semplici è necessaria solo la prima fase, e quindi e’ sufficiente solo l'IW. Decisioni più complesse possono richiedere l'uso di tutti i WorkSpace. Notiamo ancora che non vi è alcuna distinzione funzionale tra la DW e PW. I diversi usi sono più dipendenti dalla funzionalità implicita associata alla fase decisionale rispetto ai vincoli dello strumento. La consapevolezza delle situazioni è rivolta ai livelli di percezione, comprensione e proiezione. Al livello di percezione, lo strumento fornisce indicazioni visive su manipolazioni di elementi fatte nei WorkSpace condivisi, durante la creazione e la modifica di annotazioni e schizzi, e anche quando si modificano le loro proprietà come colore e spessore. I livelli di comprensione e proiezione sono correlati con il processo di progettazione e richiedono una discussione più dettagliata di come gli utenti possano progettare il processo decisionale (Sez. 6.3).

6.2

SUPPORTO DI VISUALIZZAZIONE E INTERAZIONE

Lo strumento di e-planning funziona sulla maggior parte dei Web browser (Chrome, Safari, Mozilla). L'accesso ad internet è necessario per lavorare con lo strumento. Poiché lo strumento mira a sostenere la geocollaboration, lo abbiamo sviluppato per operare con vari dispositivi mobili come notebook, tablet e smartphone. Questi dispositivi mobili consentono di usare il CSDM in loco, favorendo l'interazione faccia a faccia durante il processo decisionale e facilitando la consapevolezza della situazione attraverso la percezione, la comprensione e la proiezione del luogo fisico in cui il lavoro viene svolto.

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Fig. 11: A sinistra l’interfaccia di un utente di Iphone; a destra l’interfaccia di un utente di Ipad

Lo strumento può supportare anche altri ambienti di lavoro come avere gli utenti faccia a faccia in un unico luogo, sia utilizzando un dispositivo fisico unico attaccato ad una grande lavagna elettronica o avendo più dispositivi fisici proiettati su un grande schermo. L’interfaccia utente dello strumento è stata specificamente sviluppata per ospitare lavagne elettroniche che sostengono interazioni touch-screen, oltre alle tradizionali interazioni pointand-click. Un significativo sforzo di sviluppo è stato fatto per implementare gesti touchscreen su i browser Web tipici. Per descrivere in maggior dettaglio l'interazione degli utenti con lo strumento, s’illustra un semplice caso in cui cinque utenti stanno lavorando sulla pianificazione più adeguata per posizionare stand di noleggio biciclette e posti auto nel centro di Santiago de Chile. Quest’attività di pianificazione è stata istituita con lo scopo di testare l'adozione del trasporto ecologico nel centro della città. Di questi cinque utenti, due usano iPads, due usano MacBook portatili e uno utilizza un iPhone. Le figure 9 e 10 forniscono varie viste dell'interfaccia dello strumento su questi vari dispositivi. La parte sinistra di fig. 9 mostra lo strumento in esecuzione nel browser Safari dell'iPad. La parte sinistra di fig. 10 mostra lo strumento utilizzato in iPhone. La parte destra della fig. 9 mostra lo strumento utilizzato nel browser Chrome del MacBook. La parte destra
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della fig. 10 mostra lo strumento in esecuzione nel browser Safari dell'iPad. La Figura 9 mostra come lo strumento visualizzi le informazioni su chi stia attualmente partecipando alla sessione di lavoro (dall’ "Utente A" all’ "Utente D"). Quando un utente entra in una sessione di lavoro, lo strumento sincronizza automaticamente i workspace condivisi e dati spaziali associati.

Fig. 11: A sinistra varie funzioni disponibili per interagire con il workspace; a destra la figura mostra varie opzioni per gestire gli snapshot

6.3 PROGETTAZIONE DEL PROCESSO SEQUENZIALE

Come abbiamo visto, lo strumento supporta tre fasi decisionali, espresse come ideation, discussion e planning. Questo è reso esplicito attraverso ciò che designiamo mini-mappe (vedere le colonne di destra in ciascuna interfaccia mostrata nelle Fig. 10 e 11). Le mini-mappe hanno un duplice scopo: (1) consentono agli utenti di selezionare l'area di lavoro con la quale interagiscono, che serve allo stesso tempo per specificare in quale fase decisionale desiderano impegnarsi; (2) organizzano il processo decisionale come una sequenza di passi definiti entro queste fasi. Ogni passo corrisponde ad uno snapshot dello spazio e dei suoi oggetti visivi fatto a un determinato punto nel tempo. Sul lato destro delle interfacce di fig. 10, possiamo osservare diverse mini-mappe allineate verticalmente, organizzate in tre gruppi. Quelle superiori sono collegate all’ ideation workspace, mentre quelle successive sono legate rispettivamente al discussion e
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planning workspace. La mini-mappa di ideazione è mostrata in maggior dettaglio nell’ interfaccia mostrata sul lato destro di fig. 9. È anche possibile osservare due snapshot verticalmente allineati, che sono stati creati da un utente. Ogni volta che gli utenti interagiscono con i workspace, lo strumento registra gli eventi e li memorizza nel database come snapshot. Quando l'attività dell'utente su un workspace è sospesa per un periodo di tempo, o quando gli utenti si spostano tra i workspace, viene creato un nuovo snapshot. Gli utenti possono navigare tra gli snapshot, mantenendo in questo modo una visione sequenziale del loro lavoro. La Figura 9 mostra due utenti che aggiungono schizzi sulla mappa in modalità convergente (discussion workspace), anche se i dati non sono ancora stati sincronizzati dallo strumento, poiché l'interfaccia mostrata a sinistra visualizza uno stato precedente. Ciò si verifica perché lo strumento sincronizza snapshot, non i singoli schizzi, e ci vuole del tempo per la loro sincronizzazione. Oltre a dare una visione sequenziale delle attività degli utenti nel corso del tempo, le minimappe semplificano la selezione e la modifica di oggetti utilizzando snapshot. Le minimappe supportano lo scorrimento verticale, ma non usano le barre di scorrimento per risparmiare spazio. Le istantanee in una mini-mappa possono essere selezionate da un singolo tocco o clic del mouse. Le mini-mappe possono essere nascoste / mostrate con un'opzione di menu situato sul lato superiore sinistro della mini-mappa. Questo permette di guadagnare spazio per l'area di lavoro. La Figura 10 illustra come lo strumento concilia l'interfaccia utente per i vari dispositivi. In entrambi i casi la funzionalità e la proporzione delle voci di menu sono le stesse. Le azioni che non possono essere disponibili in alcuni dispositivi sono disponibili nelle opzioni di menu. Per esempio, spostare la mappa può essere fatto con un gesto e anche con le icone "frecce" mostrate in alto a sinistra della fig. 10 Lo stesso vale per la funzionalità di zoom, che può essere fatta sia con un gesto che utilizzando le icone "lente di ingrandimento". La combinazione di mini-mappe e di snapshot è quello che integra il processo decisionale con la gestione dei dati spaziali nello strumento di e-planning. Da un lato, le mini-mappe differenziano gli obiettivi degli utenti in base alle tre fasi decisionali. Dall’altra parte, le attività sono scomposte in slot successivi di costruzione di dati. Gli oggetti visivi possono essere copiati da un workspace ad un altro utilizzando le mini-mappe.Questa è una funzione fondamentale perché consente il riutilizzo di dati spaziali nel compiere diverse attività decisionali.
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Le operazioni di copia e incolla, come per la sincronizzazione dei dati, vengono eseguite ad un livello di dettaglio che considera gli snapshot, non oggetti individuali. Sia il workspace corrente che le mini-mappe possono servire come origine o destinazione delle operazioni di copia e incolla. Gli oggetti visivi copiati in questo modo preservano i loro riferimenti geografici originali. La figura 11 mostra a destra una vista ingrandita dell'interfaccia di iPhone. Essa mostra quattro icone sopra gli snapshot, che vengono utilizzate per copiare e incollare i dati in una mini-mappa. L'opzione "crea" genera esplicitamente un nuovo snapshot nella parte superiore della mini-mappa. L'opzione "cancella" elimina lo snapshot selezionato. Pertanto gli utenti possono condividere, organizzare e perfezionare le loro idee e commenti utilizzando le mini-mappe, gestendo il livello di dettaglio dei dati con gli snapshot. Considerando di nuovo la consapevolezza della situazione, si osserva che la navigazione tra le mini-mappe sostiene la comprensione riguardo quali attività sono state eseguite dagli utenti, e la navigazione tra gli snapshot supporta l’analisi retrospettiva e la proiezione di quelle attività. La parte sinistra di fig. 11 illustra diverse funzioni che consentono agli utenti di interagire con un workspace. Quello sullo sfondo mostra la funzione di scrittura attivata. Quello in primo piano mostra le opzioni per l'annotazione degli oggetti visivi georeferenziati. Gli oggetti visivi georeferenziati creati sulla mappa possono essere cancellati, clonati, spostati o annotati con testo, immagini e schizzi. Nella Fig. 10, a destra è stato appena annotato un oggetto. Le tabelle 3 e 4 riassumono come lo strumento sviluppato indirizzi i requisiti CSDM discussi.

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7. BENCHMARK
Sono stati effettuati alcuni test su come il sistema risponde quando c'è un sacco di attività di collaborazione. Questo è un problema critico per un sistema che implementa la sincronizzazione in tempo reale dei Workspace e dove le modifiche degli utenti, le immagini e le locazioni sulla mappa devono essere condivisi tra un gran numero di utenti in un lasso di tempo ragionevole. Per questo benchmark si è istituito un esperimento che consiste nell'invio da parte degli utenti di dati che rappresentano schizzi serializzati e indicazioni. Si è variata la dimensione dei dati, nonché il numero di utenti, e si è misurato il tempo trascorso dall’invio dei dati da parte dell’utente al server fino a raggiungere l'ultimo utente dopo essere stati distribuiti dal server. Gli esperimenti sono stati eseguiti per i messaggi con dimensioni di 0,5, 1,0, 2.0 e 4.0Kb. Questi sono i formati tipici per i messaggi generati dallo strumento di e-planning. Si è ripetuto l'esperimento con 1 fino a 25 utenti. I risultati sono mostrati in figura.

Fig. 12: Il grafico mostra il tempo richiesto per la sincronizzazione dei dati nello strumento di e-planning con numero variabile di utenti e quattro differenti dimensioni del messaggio

Come previsto, il tempo necessario per la sincronizzazione dei dati aumenta in modo significativo con il numero di utenti. Tuttavia, sembra che la dimensione del messaggio non influisca troppo sulla prestazione dello strumento quando il numero di utenti rimane sotto 20. Inoltre, per meno di 15, il tempo di risposta è in ogni caso inferiore a un secondo, che sembra più che accettabile per la sincronizzazione del lavoro distribuito nel nostro ambiente collaborativo. La letteratura riporta che per questo tipo di lavoro, gruppi di più di 10 persone sono piuttosto infrequenti (Fjermestad e Hiltz 1999). Possiamo quindi concludere che le prestazioni sono più che sufficienti.
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8. CONCLUSIONI
Il contributo principale di questo lavoro è una prospettiva integrata delle relazioni tra i dati spaziali e di supporto decisionale. Lo strumento sviluppato da Rinner et al. (2008) rende il processo decisionale esplicito, anche se ancora non supporta la progettazione del processo sequenziale (sequential process design). Mentre lo strumento di e-planning sviluppato nel Capitolo 6 fa un passo avanti analizzando i requisiti per il CSDM e proponendo un modello concettuale che integra i processi decisionali con il supporto di collaborazione e coi dati spaziali. Per l'elaborazione del modello concettuale, si è analizzato il processo decisionale da diverse angolazioni e sfondi teorici, sottolineando le diverse sfide poste dal processo decisionale sequenziale, dinamico e continuo. Il modello concettuale evidenzia che questi tre punti di vista complementari possono essere combinati: il processo decisionale sequenziale concerne la progettazione del processo attraverso attività dedicate (patterned); il processo decisionale dinamico porta avanti l'idea che tali attività comportino il riconoscimento e l'azione; il processo decisionale continuo evidenzia l'importanza della consapevolezza della situazione nel mantenere l’accoppiamento dinamico. Da questo punto di vista integrato, P.Antunes, G.Zurita, N.Baloian, C.Sapateiro hanno estratto una serie di funzioni critiche per il CSDM: (1) la rappresentazione del problema, la ricerca di alternative e la scelta di una di esse, che sono in relazione con la vista sequenziale; (2) la classificazione e la comunicazione, che sono in relazione con la vista dinamica ; (3) la percezione, la comprensione e la proiezione, che mettono a punto la nozione di consapevolezza della situazione. Tutti questi componenti devono interagire con i dati spaziali a sostegno del CSDM:  La percezione sottolinea una vista cognitiva sul processo decisionale. Essa porta avanti la necessità di trasmettere informazioni in modo da stimolare i decisori ad emanare funzioni cognitive necessarie per l'azione, come l'identificazione, l’interpretazione, la selezione, la definizione dei compiti, la pianificazione e l'esternalizzazione.  La comprensione e la proiezione vanno ancora più avanti nell'obiettivo di stimolare le interpretazioni più complesse per i dati spaziali generati dai decisori.  La classificazione concerne con il possesso di esperienze personali e organizzative conseguenti dal confronto tra eventi e azioni, interpretazioni, scelte, e altri costrutti. Si concepisce questo requisito come la necessità di conservare i dati spaziali in un'impalcatura coerente che promuova l'apprendimento e il richiamo.  La comunicazione porta avanti la visione che il processo decisionale sia un impegno collettivo e la conoscenza deve essere portata dagli individui alla squadra. Qui si evidenzia la necessità di integrare i dati spaziali con i dati orientati alla comunicazione.
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 La considerazione per le fasi decisionali evidenzia l'ipotesi che i decisori dovrebbero essere in grado di gestire l'insieme delle attività necessarie a raggiungere i loro obiettivi. Ciò indica che gli strumenti CSDM dovrebbero esplicitamente sostenere le fasi decisionali, pur evitando procedure prescritte. Nello strumento di eplanning, questa gestione flessibile è stata supportata con le mini-mappe e gli snapshot.  Un altro importante contributo di questo lavoro è il supporto alla progettazione del processo sequenziale. Si sono sviluppati workspace e snapshot per affrontare questa questione, considerando in particolare come implementare la gestione dei dati, che può essere piuttosto complessa in una situazione in cui i dati spaziali devono essere integrati con altri tipi di dati generati dalla tecnologia di collaborazione (collaboration technology). Tuttavia, è necessaria più ricerca per capire diverse sfide che sono emerse durante il lavoro sullo strumento. Una sfida è in relazione con l'integrazione di più forme diverse di comunicazione nello strumento, soprattutto la comunicazione vocale. Una funzionalità specifica dovrebbe essere sviluppata per integrare messaggi vocali sia nei workspace che negli snapshot senza molto sforzo supplementare da parte degli utenti. Un altro aspetto da considerare è che lo strumento, pur fornendo una visione sequenziale del processo decisionale attraverso snapshot, limita questa vista ad ogni workspace. Una visione sequenziale completa non è attualmente supportata e ulteriori ricerche sarebbero necessarie per capire il modo migliore per realizzare questo. Si nota in particolare che questo richiederebbe il miglioramento della progettazione del processo sequenziale per aiutare gli utenti a modellare e riflettere sul loro processo decisionale.

LA NOSTRA IDEA, A FRONTE DELLO STUDIO DELL’INTEGRAZIONE DEL SUPPPORTO DECISIONALE IN STRUMENTI GEOCOLLABORATIVI, IN PARTICOLARE DELLO STRUMENTO DI E-PLANNING SVILUPPATO DA P.ANTUNES, G.ZURITA, N.BALOIAN, C.SAPATEIRO, E’ QUELLA DI IMPLEMENTARE LO STESSO CON LE MAPPE ARGOMENTATIVE (ARGUMAP) DEFINITE DA RINNER. Tornando al dibattito di Front Street analizzato nel capitolo 5.2, esso può servire come sfondo per discutere i possibili ruoli delle mappe argomentative in un processo decisionale spaziale di gruppo. Si deduce che le mappe argomentative hanno un ruolo fondamentale da svolgere nelle prime fasi della decision-making di gruppo, quando il problema decisionale è incorniciato. Nei progetti di pianificazione urbanistica su larga scala con i loro molti attori politici, pianificatori, cittadini, industrie, gruppi di lobby, attivisti -, la collaborazione e la deliberazione si verificano in ciascuna di queste fasi, anche se nessun elemento partecipativo è prescritto. Questo rende le argumap uno strumento generico per andare avanti nel processo decisionale collaborativo dall'inizio alla fine. Proiettando il dibattito di Front Street ai nostri giorni, dopo l’invenzione di questo strumento di e-planning si potrebbero immaginare i Consiglieri della Citta’ di Toronto argomentare i
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loro punti di vista con il supporto dello strumento. Praticamente le MAPPE ARGOMENTATIVE dovrebbero essere poste nell’Ideation Workspace sullo sfondo delle mini-mappe e dei vari snapshot effettuati in corso d’opera mentre si sviluppa il proprio pensiero divergente. L’introduzione e l’utilizzo di tali argumap consentirebbe un miglior approccio alla condivisione delle idee nel Discussion Workspace; si avrebbe una migliore e più efficiente consapevolezza della situazione grazie al concetto stesso della Mappa Argomentativa di Rinner. Inoltre collegando una discussione (o opinione argomentata) ad uno snapshot, saranno stabiliti riferimenti espliciti a livello di argomenti e oggetti geografici. L’idea è quella che ogni utente dello strumento di e-planning realizzi una propria argomentazione a supporto dell’Ideation Workspace che rappresenta la prima fase della vista sequenziale, cioè l’individuazione del problema. Argomentando con schizzi, schemi e disegni sulla mappa dello strumento è come se si creasse una personale Argumap. L’obiettivo è quello di convergere ad un’unica mappa argomentativa nella successiva fase del Discussion Workspace, dove si analizzano le alternative ed eventualmente si crea un Ranking. Scelta l’alternativa migliore si passa alla progettazione nel Planning Workspace. Con l’introduzione delle mappe argomentative nello strumento di e-planning, secondo il nostro punto di vista, si andrebbero a colmare delle lacune riguardo al fatto che la vista sequenziale secondo P.Antunes, G.Zurita, N.Baloian, C.Sapateiro non sia attualmente supportata completamente. Secondo noi si andrebbe a migliorare la progettazione del processo sequenziale e si aiuterebbero gli utenti a modellare e riflettere sul loro processo decisionale.

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9. UNA SIMULAZIONE PRATICA D’ATTUALITA’
Il GIS collaborativo sta diventando uno strumento decisionale sempre più importante perché c’è un’alta domanda di suolo e, di contro le risorse di spazio nelle aree urbanizzate sono scarse, e anche a causa del fatto che i cittadini vogliono sempre più partecipazione nella pianificazione urbana e regionale. Nel fornire supporto informatico per le discussioni nella pianificazione territoriale, le mappe argomentative sono una componente importante del GIS collaborativo. É importante notare che il concetto di argumap non è specificamente progettato per un particolare gruppo di utenti. Si prevede che sia utile per le discussioni tra i professionisti di pianificazione, nonché per la partecipazione della comunità. Abbiamo inteso per Argumap il complesso costituito dalla geolocalizzazione sulla mappa comprensiva di schizzi, oggetti georeferenziati, immagini, street views, abbinata all’argomentazione attraverso schemi/testi. Abbiamo utilizzato lo strumento di e-planning per simulare e prendere una decisione in merito alla realizzazione di un nuovo stadio da parte della Società A.C. Milan nella zona territoriale di Milano. L’utente Armando sostiene il “RIAMMODERNAMENTO DI SAN SIRO”. Nel suo Ideation Workspace è presente una mini-mappa con annessi snapshot, nella quale viene geolocalizzata l’area grazie ad un oggetto georeferenziato. L’area in questione è appunto lo Stadio San Siro; come è mostrato nella figura 13 l’utente ha evidenziato la zona in blu.

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Cliccando sulla terza icona che appare sopra l’oggetto georeferenziato è possibile aprire gli argomenti a favore del processo decisionale dell’utente Armando. Lo stesso ha utilizzato appunto una argumap così come è stata concepita da Rinner.

Fig. 13 e 14: Ideation Workspace e mappa argomentativa dell’utente Armando 34

L’utente Marco sostiene il progetto “NUOVO STADIO ZONA EXPO”. Il procedimento seguito è stato analogo a quello dell’utente precedente, allegando una mappa argomentativa auto esplicativa nell’Ideation Workspace che potesse fungere da supporto al processo decisionale confermando le tesi a favore e fornendo le principali motivazioni per le quali lo stadio si dovesse fare nella futura zona Expo. Di seguito si è indicata ed evidenziata in rosso l’area nella quale dovrebbe nascere lo stadio in sostituzione dei padiglioni realizzati appositamente per l’esposizione universale, i quali verrebbero smantellati al termine della manifestazione.

Fig. 15 e 16: Ideation Workspace e Mappa Argomentativa dell’utente Marco

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L’utente Giovanni propone la creazione del “NUOVO STADIO in QUARTIERE BAGGIO”. Nelle figure vengono mostrate rispettivamente la posizione evidenziata dall’utente, sottolineata dalla presenza dell’oggetto georeferenziato, e lo schema argomentativo che supporta il processo decisionale nell’Ideation Workspace.

Fig. 17 e 18: Ideation Workspace e Mappa Argomentativa dell’utente Giovanni

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I tre punti di vista divergenti presentati da ogni utente nei rispettivi “Ideation Workspace” sono stati dibattuti e le idee sono state esplorate e raffinate fino ad arrivare nel “Discussion Workspace” alla scelta dell’alternativa proposta dall’utente Marco. In conclusione, questo è un esempio puramente indicativo di utilizzo dello strumento di eplanning presentato nella relazione implementato con il concetto di Mappa Argomentativa spiegato da Rinner. Infatti nel “Discussion Workspace” si creano le già citate relazioni many-to-many tra gli argomenti e gli oggetti geografici: cioè l'argomento di un partecipante a una discussione può fare riferimento a diversi oggetti geografici, e un oggetto geografico può essere referenziato da vari argomenti di diversi partecipanti. Ad esempio gli ogetti geografici “Cinema”, “Area Negozi”, “Museo” sono indicati nell' argomento “Sviluppo Multifunzionale” creando un legame argomentativo tra questi tre oggetti geografici. Questo è solo un esempio delle implicazioni delle relazioni geo-argomentative.

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