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Rome

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Cantiere del Cipax

Centro interconfessionale per la pace

Un luogo di pace per ascoltare racconti, scambiare esperienze, costruire il futuro

Storia, spiritualità e vita quotidiana dei Cristiani d’Oriente

Attività 2007 2008

13 febbraio 2008

LE TRE ROME: ROMA, COSTANTINOPOLI, MOSCA

Luigi Sandri

Trascrizione non rivista dall’autore

La sera del 13 febbraio 2008, nella sede del Cipax a Roma, il giornalista Luigi Sandri parla su: ‘Le tre Rome’, ossia Roma, Costantinopoli, Mosca.
Nel suo ricco e variopinto linguaggio intrattiene il gruppo di amici del Cipax per quasi due ore, raccogliendo grande interesse e partecipazione. Dopo la sua lunga esposizione segue un dibattito con interventi anche di Paolo Dall’Oglio, il gesuita che ha una comunità in un monastero nel deserto della Siria.

L’altro giorno ho detto a un amico mio che dovevo parlare delle tre Roma e lui ha detto: “Ah, la Roma dei sette re di Roma, la Roma repubblicana e la Roma imperiale!”. Quindi le parole sono molto equivoche. Se voi andate sulla carta geografica vedete che esiste una Roma in Svezia, nell’Isola di Gottland, è un piccolo paesetto con un’abbazia cistercense; c’è una Rome nello stato di New York, 35.000 abitanti; ce n’è una in Georgia, con 35.000 abitanti, alla quale Mussolini ha regalato una lupa con Romolo e Remo sotto; e ce n’è una nel Queensland, in Australia. Quindi di Rome non c’è solo la vostra. Ma noi parliamo della vostra e delle altre due. Perché? Perché oggi c’è un contrasto teologico e storico grandissimo, anche se naturalmente non appare sul vostro amato TG5, ma c’è e pesa ed è nel background di molte questioni che si sentono, che il papa discute. Bisogna sapere perché, dietro ci sono 1.700 anni di storia da sapere. Per capire l’oggi di questi problemi bisogna sapere lo ieri.

Questo ieri comincia nel I Concilio di Costantinopoli, il II Ecumenico, del 381, perché il grosso problema delle Chiese, oltre a voler bene a Gesù, era ed è il potere. E hanno cominciato subito a discutere del potere. Perché? Perché quando Costantino fonda appunto Costantinopoli - e quindi l’impero è diviso praticamente in due, l’ala est e l’ala ovest - è chiaro che Costantinopoli (ex Bisanzio) cresce di importanza, perché lì c’è l’imperatore e quindi anche il vescovo di quella città cresce di importanza. E 60 anni dopo la fondazione di questa città, cioè nel 381, c’è il II Concilio Ecumenico che discute dello Spirito Santo, ma discute anche di un piccolo-grande problema: qual è il valore ecclesiale (traduco: il potere) della Seconda Roma? Perché Costantinopoli è la nea Romi, la Nuova Roma. Il titolo ufficiale del patriarca attuale di Costantinopoli è ‘arcivescovo della nuova Roma’.
Il Concilio di Costantinopoli, al canone III, dice: “Il vescovo di Costantinopoli avrà il primato d’onore (presbìa testinès, in greco) dopo il vescovo di Roma, perché tale città è la nuova Roma”. Questo inciso è decisivo per la storia delle chiese. Non dice: perché il primo vescovo di Costantinopoli, ex-Bisanzio, secondo la tradizione (ma non è vero) era Andrea, fratello di Pietro, ma perché è la capitale dell’impero e quindi un motivo politico porta a dire che come la prima è importante perché è la capitale dell’impero, la seconda è importante, sono pari, perché è capitale dell’impero. Questo è scritto nel Concilio.

Il Concilio di Calcedonia (451) – Calcedonia oggi non c’è, ma se voi andate a Istanbul c’è il mare, il Bosforo e di là, a un chilometro e mezzo, c’è la riviera asiatica piena di case, una zona si chiama ‘Kadicòi’, che è l’antica Calcedonia. Di quella antica non c‘è niente, però stava là.
Ebbene, questo Concilio che discute com’è fatto Cristo, una persona, due nature ecc. parla anche di questa questione della prima e della seconda Roma e nel famosissimo canone 28 di Calcedonia afferma: “Anche noi, come fece il Concilio di Costantinopoli (381) approviamo e prendiamo la stessa decisione riguardo ai privilegi della santissima chiesa di Costantinopoli, poiché questa città è la nuova Roma, onorata dalla presenza dell’imperatore e del senato”. E’ chiaro: un motivo politico.
I papi di Roma non hanno mai riconosciuto il canone 28 del Concilio di Calcedonia perché insidiava il potere papale, ma per tutti questo canone è parola conciliare come tutto il resto.

Si dà il caso che i primi sette concili ecumenici – l’ultimo è il II di Nicea (787) – ex professo, cioè direttamente, non hanno mai discusso fino in fondo il problema del papato. E questo è un problema, perché, non essendo discusso, ciascuno da quei concili trae delle conseguenze. Per esempio nella stessa Calcedonia, quando leggono una lettera di papa Leone I, Leone Magno, sul problema teologico, dicono – così si racconta - i Padri: “Petrus locutus est per Leonem”, “Pietro ha parlato attraverso Leone”. Quindi c’era un grande rispetto per la prima Roma naturalmente; e così accadrà due concili dopo: “Petrus locutus est per Agatonem” (il papa Agatone), però nella sostanza non si è mai discusso fino in fondo e quindi è rimasto vago che cos’è il potere del vescovo di Roma secondo i Concili.
Qui si parla di ‘primo nell’onore’ (ataxìa in greco). Onore che cosa vuol dire? Vuol dire che se c’è un’assemblea per primo viene il vescovo di Roma, per secondo viene il vescovo di Costantinopoli, poi viene il vescovo di Antiochia, poi viene il vescovo di Alessandria, poi il vescovo di Gerusalemme, cioè i cinque patriarchi.

In Oriente, a cominciare dal VI secolo, nasce la teoria della ‘pentarchìa’, cioè cinque patriarchi. Secondo loro la chiesa di quel tempo, est e ovest, che era praticamente nel Mediterraneo, grosso modo (poi comincia ad andare a nord, arriva in Inghilterra e in Irlanda), è retta da cinque patriarchi, uno patriarca occidentale (Roma), gli altri quattro patriarchi orientali. Tutti insieme fanno la pentarchia e non è immaginabile un Concilio senza la presenza di questi patriarchi, il primo dei quali nell’onore è il papa, ma non può essere da solo. Nell’ortodossia (poi parleremo dell’ortodossia) l’idea che un vescovo (Roma compresa) possa da solo, in linea di principio, decidere, è assurda teologicamente, è come dire un circolo quadrato, è inconcepibile, non esiste, perché la Chiesa è sempre insieme.

Stante le controversie politiche, comincia tra Occidente e Oriente una crescente tensione. Perché tutto ciò ha evidentemente uno sfondo politico, non è che c’entri molto il Vangelo. Il Vangelo è estraneo a tutto ciò, il Vangelo è il grande nemico delle Chiese, questo è evidente. Mica solo i comunisti sono nemici della Chiesa, lo è anche il Vangelo, perché qui non c’è mai. Hanno fatto le Crociate su questo, non è uno scherzo.
Dunque comincia tra Occidente e Oriente una crescente tensione che nei tempi moderni il Padre Congar, grande teologo, ha chiamato ‘estraniamento’, e cioè l’Est, soprattutto Costantinopoli (che essendo la sede dell’imperatore diventa sempre più importante) e l’Ovest, Roma (che poi cade in mano ai barbari) sono lontane nel modo di pensare. Allora non c’era il telefonino. Certe differenze teologiche, certe sensibilità sono come dei sassolini che col passare del tempo fanno dei muri che non si riesce più a superare.

La ciliegina sulla torta della tensione arriva quando il Papato decide di allearsi con i Franchi. (VIII secolo), che voleva dire andare contro i Bizantini. Questo per l’Oriente è stato di fatto la fine, anche se la fine effettiva verrà un po’ dopo; però questa idea che il papato, cioè la prima Roma, volta le spalle alla seconda Roma, la tradisce e si allea coi barbari è la fine.

La fine-fine arriva col II Concilio di Nicea (787), che discute della famosa questione delle immagini. Ma dietro c’è un problema politico, perché gli imperatori e le imperatrici di Costantinopoli per un secolo e mezzo si sono alternati tra filo e contro le immagini. Nella casa reale questo aveva conseguenze teologiche e politiche, naturalmente. Per farla breve il Concilio di Nicea II afferma che è lecito venerare le immagini (la Madonna, le icone, gli angeli, i santi), ma non certo adorarle: l’adorazione è a Dio, la venerazione alla Madonna e ai Santi.

Dopo varie discussioni – perché gli imperatori cambiavano bandiera a seconda delle convenienze politiche – finalmente nell’843, la domenica di Quaresima, fanno a Costantinopoli la grande festa della ortodoxìa, la vera fede. Cos’è questa vera fede? La fede che diceva che secondo Nicea è lecito venerare le immagini. E hanno fatto una gloriosissima processione con icone, icone, icone, per dire ‘si può’. E quindi questa grande festa anche di popolo diventa la festa della ortodoxìa. E la parola ortodoxìa, vera fede, comincia un po’ per volta a qualificare i cristiani della parte est dell’impero. Gli ortodossi sono i cristiani della parte est. Voi siete latini, cattolici, cristiani della parte ovest.

Sia ben chiaro che la chiesa di là non è, come pensate voi, chissà che: è la chiesa una, santa, cattolica ed apostolica, dalla quale voi il 16 luglio 1054 vi siete separati. Nei vostri libri – andate a vedere i libri di terza media e del liceo – c’è scritto che nel 1054 la chiesa di là ‘si separò’. Ma questo lo dite voi. Se voi andate in Grecia e leggete i libri delle scuole leggete che il 16 luglio 1054 la Chiesa di Roma si separò dalla vera Chiesa. Avete capite? Perché qui c’è l’idea che voi siete sempre il centro. Ma questo lo pensate voi, andate a chiederlo di là.
Questo è importante. Sembra tutto ovvio, ma non è ovvio niente. E’ una visione della storia: voi pensate così, loro pensano cosà. Non voglio dire chi ha ragione e chi ha torto, ma bisogna sapere che loro pensano che voi, cioè i latini, si sono separati dalla vera Chiesa.
E questa separazione arriva il 16 luglio, quando il cardinale Umberto da Silvacandida depone sull’altare di Santa Sofia, a Costantinopoli, la bolla di scomunica al patriarca Michele Cellulario per cose assurde, per esempio se i preti potevano o non potevano avere la barba. Era un pretesto, la ragione era politica. Ma siccome allora non c’era il telefonino, il cardinale depose questa scomunica quando Papa Leone era morto. Non lo sapeva, ma era morto.

La vera divisione, sentita veramente come tale dal popolo, perché è la gente poi che conta, avviene un secolo e mezzo dopo, nell’aprile del 1204 quando, durante la IV crociata, quando i veneziani, i pisani, nell’andare a ‘liberare’ Gerusalemme dai cosiddetti ‘infedeli’ (i mussulmani sono fedeli, ma loro li chiamavano infedeli), dissero: “Già che siamo sulla strada (andavano in nave), fermiamoci un momentino a Costantinopoli”. E i crociati saccheggiano Costantinopoli. Questa storia di questo saccheggio è tuttora viva nell’immaginario dei greci. Perché cosa fecero i crociati? Entrarono coi cavalli nelle chiese, a pisciare dentro, per disprezzo dei greci che nel 1054 si erano separati; rubarono un sacco di statue (tante cose che stanno a Venezia le hanno portate via i crociati nel 1204). Cioè fu una cosa a livello popolare tremenda, che fece capire chi sono i latini: i latini sono questi barbari feroci.
E quindi la divisione che prima era a livello di preti e di vescovi, divenne a livello di popolo: un odio teologico profondo contro i latini che sono gli usurpatori. E non fu uno scherzo. Pensate che i crociati installarono a Costantinopoli un regno, facendo scappare l’imperatore, che fece il suo imperino a Nicea e per 60 anni i crociati avevano il regno a Costantinopoli e i bizantini a Nicea. Solo dopo 60 anni riescono a recuperare Costantinopoli, a riprendere in mano il potere e a cacciare i crociati.
Questo fatto, che naturalmente è politico, economico, sociale e anche culturale è rimasto nella memoria dei popoli dell’Oriente come una ferita insanabile.

In tale contesto, nel 1274 (quindi siamo un po’ dopo la cacciata dei crociati da Costantinopoli) cercano di rimettere insieme i cocci di questa chiesa divisa e al II Concilio di Lione (il I è del 1245) fanno l’unione, cioè firmano per l’unione.
Perché? Perché il problema è di nuovo politico: Costantinopoli teme l’arrivo dei Turchi. I Turchi, a cominciare dal 1071, cominciano ad ondate ad invadere l’Anatolia. I Turchi non vengono dall’Arabia, vengono dalla Mongolia, dalla Siberia, quindi sono un popolo che non ha nulla a che fare con gli Arabi, solo che poi diventano mussulmani. Questi Turchi un po’ alla volta arrivano e gli imperatori di Bisanzio si rendono conto che prima o poi se non fanno una grande alleanza con l’Occidente, saranno sommersi dall’arrivo dei Turchi. Per questa ragione cercano a Lione la pace: “Lasciamo perdere le storie teologiche, facciamo la pace. Voi ci date una mano…”. Quindi firmano la pace, che dopo due giorni già scompare. Quindi il Concilio di Lione firmato è dimenticato.

Due secoli dopo, al Concilio di Firenze il 6 luglio 1439, nella basilica di Santa Maria del Fiore, con la bolla ’Laetentur coeli’, firmano di nuovo la pace e i bizantini riconoscono il papato. C’era anche l’imperatore. Perché? Perché i Turchi ormai sono sotto le porte. Cioè i Turchi hanno fatto una politica favolosa, dal loro punto di vista: hanno fatto come coi carciofi: prima un pezzo, poi un altro pezzo… cioè hanno circondato Costantinopoli e ormai era chiaro che arrivavano. E allora l‘imperatore di Bisanzio e anche il patriarca, volevano che gli occidentali facessero una crociata contro i Turchi. Questo è il prezzo del Concilio di Firenze, non è la teologia. I furbi latini si fan firmare la resa teologica dei bizantini, ma la crociata non la fanno: “non abbiamo tempo, non abbiamo soldi… “.

Così succede che i Turchi si avvicinano, si avvicinano e il 29 maggio 1453 prendono Costantinopoli e mettono fine al millenario impero romano d’oriente. Traditi dai latini, i bizantini da soli non possono farcela, i Turchi entrano e Santa Sofia diventa moschea.
Io spero sempre, arriverà il giorno in cui San Pietro diventa una moschea. Perché così voi capirete cos’è l’umiliazione ecclesiale che loro hanno subito e che tuttora è nella carne dell’ortodossia: la più grande basilica del mondo cristiano non è San Pietro, è Santa Sofia, è stata moschea e adesso è museo. E’ una cosa indicibile per loro, eppure è accaduto. Quindi non si pensi che il potere che voi avete oggi, che i vari Ruini ecc.hanno, sarà eterno. Chissà, perché anche lì pensavano che fosse eterno. Non conosciamo il futuro.

In questo contesto entra la Santa Russia. E adesso dobbiamo fare un piccolo flashback. Secondo la tradizione, nel 988 missionari provenienti da Costantinopoli - venivano su e attraverso i fiumi (il Dniepr, i Dniester) entravano in quella che sarà poi l’Unione Sovietica. Ebbene, si racconta che nel 988 il principe Vladìmir di Kiev si fa battezzare. Racconta la leggenda che era un principe saggio (erano pagani, si capisce, avevano i loro dei) e voleva trovare la più bella religione per convertirsi, e per trovarla manda messi di qua e di là. Finalmente tornano quelli che sono andati a Costantinopoli e gli dicono: “O Principe, abbiamo visto il paradiso in terra” e gli raccontano lo splendore meraviglioso della liturgia bizantina, che è una liturgia regale, perché hanno portato nella chiesa gli onori dell’imperatore, quindi solennissima. Così Vladimir si fa battezzare e come si usava allora tutti dovevano farsi battezzare. Quindi diventa cristiana la Rus, che è il nucleo della futura Russia. La Rus è la parte meridionale dell’Ucraina, la culla della futura Roma che verrà dopo.

Nel 1240 i mongoli Tartari invadono la Rus. Il metropolita di Kiev con tantissime persone scappa, perché i Tartari hanno fatto delle distruzioni tremende e finiscono ad un certo punto a Vladimir, che è una città ad est di Mosca e poi arriva a Mosca.
Mosca era stata fondata nel 1147 (quindi è una città giovane) da Yuri Galgaruchi, cioè ‘Giorgio Lunga Mano’. Però in brevissimo tempo questa città nata dal niente diventa più importante e sfida Novgorod, a Nord, perché è al centro, un sacco di fiumi passano di lì. Insomma cresce di importanza politica e militare e quindi anche il vescovo, cioè il metropolita di Mosca, cresce di importanza. Ma è interessante sapere che il metropolita di Mosca aveva il titolo di metropolita di Kiev. Come quando i Papi stavano ad Avignone si chiamavano ‘vescovo di Roma’ ma stavano ad Avignone, così lui si chiamava ‘vescovo di Kiev’ ma stava a Mosca.

Ebbene, al Concilio di Firenze (1439) c’era il metropolita di Kiev che stava a Mosca, Isidoro, e anche lui firma la pace col papato. Torna a Mosca e dice: “Ah, fratelli, che meraviglia! Abbiamo fatto la pace col Papato!”. La gente sente questa cosa: “Come, hai fato la pace con questi eretici?”. Prendono le forche, gli corrono dietro e lui per salvarsi la vita deve scappare.
E nasce una questione interessante dal punto di vista teologico: che il popolo dice che quello che hanno fatto a Firenze i vescovi ortodossi è stato un tradimento dell’ortodossia e quindi noi popolo, che siamo il custode della vera fede, diciamo che quella pace col Papato è sbagliata e dunque respingiamo il Concilio di Firenze. E in pochissimi anni il Concilio di Firenze viene respinto da tutta l’ortodossia, compresi i vescovi che l’avevano firmato. Per cui questo Concilio che sembrava segnasse la fine di questa dolorosa e tragica divisione, diventa un piccolo incidente dimenticato e la divisione tra Est e Ovest continua come se nulla fosse.
E intanto Mosca cresce. Il Granduca di Mosca cresce e diventa Zar, che vuol dire ‘Cesare’, ‘imperatore’.

In tale contesto un patriarca di Costantinopoli, che era sotto il giogo turco ottomano, fa un giro in Ucraina e in Russia per raccogliere soldi, per lui che è povero. La grande gloria è finita. Arriva anche a Mosca a chiedere soldi e glieli danno, ma non gratis. Questo povero patriarca, volente o nolente deve accettare che il metropolita di Kiev che stava a Mosca diventa patriarca.
Siamo nel 1589: l’arcivescovo di Mosca (il metropolita di Kiev) diventa patriarca di Mosca e di tutta la Rus. Questo è un grande fatto.

Parliamo dello Zar. Perché lo Zar diventa Cesare? Qui c’entra anche la prima Roma. Perché quando la seconda Roma cade in mano agli ottomani, cercate di immaginare che cos’è stato lo shock per tutto l’Occidente, che sottobanco era felice di aver dato questo colpo ai bizantini, però si rendevano conto che cambiava il mondo, un impero millenario crollava. Allora succede che una nipote dell’ultimo imperatore di Costantinopoli, Zoe, sposa un granduca di Mosca e porta l’eredità di Costantinopoli. Quindi quando voi vedete lo stemma della Santa Russia è lo stemma di Costantinopoli, il quale ha preso da Roma, cioè c’è l’aquila che in un artiglio ha la croce nell’altro il mondo. Cioè le aquile romane sono passate da qui alla seconda Roma e dalla seconda Roma alla terza Roma. Cioè Mosca assume in sé l’eredità politica della prima Roma (che non ha più potere, perché il papato è eresia) e l’eredità politica e teologica della seconda Roma in mano ai turchi, che non conta più niente. Nasce così il famoso detto: la prima Roma è caduta nel papismo, che è un’eresia; la seconda Roma, Costantinopoli, è caduta in mano ai Turchi. La terza Roma, la nostra, è la colonna dell’ortodossia e non cadrà mai. Questa mentalità impregna cose che accadono oggi. Quindi per capire certe cose anche dell’attuale presidente Vladimir Putin, bisogna avere questo sguardo storico, altrimenti uno dice: “Ma che vuole quello?”. Ma come che cosa vuole? Ha la tua aquila! Là finirà per sempre, salvata e salvaguardata.

E allora questa Santa Russia che è l’erede cresce in potenza. Il Papato dice: “No, qui non può andare” e allora hanno pensato all’uniatismo. ‘Unìa’, parola greca, vuol dire un’unione forzata, spuria, non un’unione volontaria, di amore, libera. Cioè hanno pensato, il papato dei polacchi, ieri polacco-lituani, di insidiare l’ortodossia. E come? Staccando dalla chiesa ortodossa pezzi interi di chiesa, cioè spaccandola. Pezzi vuol dire 20, 50, 300 parrocchie, col parroco, con tutta la gente e coi vescovi. Immaginatevi la chiesa italiana che tutte le Marche o tutto l’Abruzzo o tutti i napoletani passano oggi sotto la giurisdizione di Costantinopoli. Capito? Lì la maggior parte dell’episcopato dell’Ucraina ha deciso di stare con Roma, dicendo (è interessante): “Noi mai abbiamo fatto un atto formale di adesione allo scisma del 1054, quindi noi non ci siamo mai separati da nessuno. Ristabiliamo lo status quo ante, che già c’era ma era un po’ oscurato. Quindi noi non tradiamo proprio nessuno. Insomma hanno fatto la pace ecclesiale. Siamo nel 1595. Di là quello era appena diventato patriarca. Bisogna tenere presente le date: quando hanno visto che quello che quello cresceva, bisognava dare la pugnalata.
E nel 1596, nel famoso sinodo di Brest-Litovsk, attuale Bielorussia, un sacco di gente approva l’unione con Roma. E questi, che diventano la Chiesa greco-cattolica ucraina, (greco, perché all’origine legata a Costantinopoli, ucraina perché sta là) sono chiamati dagli ortodossi ‘uniati’, cioè avete fatto il tradimento. Per gli ortodossi tutti gli uniati – ce ne sono anche altri tipi, in Medio Oriente, in Egitto, in India… - sono il cavallo di Troia inventato da Roma per colpire al cuore l’ortodossia distruggendola. Non siete riusciti a farci fuori e allora il Papato, i gesuiti (questa è l’accusa) avete inventato questo trucco dell’unione. Quindi li chiamano ‘uniati’. E’ una ferita che rimane tutt’oggi. Gli uniati ucraini non voglio essere chiamati così, loro si chiamano greco-cattolici ucraini. Quindi lo stesso nome dice due cose diverse e uguali. Ma se tu dici a uno di loro ‘uniate’ è un’offesa gravissima, è come dirgli ‘traditore’. Ma se parlate con gli altri dicono subito gli uniati. Quindi bisogna scrivere greco-cattolici/uniati, a seconda che ci si rivolga agli uni o agli altri. Altrimenti si fa un’offesa, mentre bisogna essere rispettosi della coscienza ecclesiale di ciascuno.

E in questo modo, mentre comincia questo gravissimo problema dell’uniatismo, cresce la Chiesa ortodossa russa con il suo patriarca.
Nel 1613 inizia la dinastia dei Romanof e va al potere nel 1700 Pietro il Grande, che dice: “A me questa Chiesa proprio non sta bene, perché vogliono il potere, vogliono condizionare. Allora la Chiesa faccia le sue devozioni, ma il potere è solo mio”.
All’inizio del ‘700 muore il patriarca Adriano e Pietro il Grande impedisce la nomina del successore. Io non ho mai trovato nessuno in Occidente che sappia e comprenda cosa vuol dire che la Santa Chiesa russa, che è la vera Chiesa, è stata due secoli senza patriarca, dal 1724 al 1917. Provate a immaginare cosa vuol dire questo. Perché dopo Pietro il Grande anche i suoi successori hanno detto: “No, niente più patriarca” per controllare meglio la Chiesa, che era retta da un piccolo sinodo dove c’era il rappresentante dello Zar che decideva tutto. Quindi questo ha provocato dei danni tremendi nella Santa Chiesa russa, perché c’era una interferenza costante, per due secoli.

Arriviamo al 1917. Voi sapete che nel febbraio 1917 c’è a Pietroburgo (che allora si chiamava Pietrogrado) la rivoluzione borghese, cioè in febbraio depongono lo zar Nicola II e pongono termine in questo modo alla dinastia. Questa rivoluzione borghese non è da confondere con l’altra. Nello stesso anno ci sono due rivoluzioni decisive, questa che pone termine alla dinastia. Intanto Lenin arriva. In questo contesto la notte tra il 24 e il 25 ottobre secondo il calendario di là (ma per voi era il 7 novembre) l’incrociatore Aurora nella rada a Pietrogrado spara colpi per avvisare che comincia la grande rivoluzione di ottobre, vittoriosa. Lenin va al potere e trasporta la capitale da Pietrogrado, che diventa Leningrado, a Mosca e comincia l’Unione Sovietica(?)..

Mentre questo succede (perché tutto è mescolato) nell’estate del ’17, quando c’è la prima rivoluzione e già si capisce che stanno arrivando gli altri e non si sa come va a finire, ne approfittano a Mosca per fare un grande Concilio nel quale ristabiliscono il patriarcato. Quindi dopo due secoli, in questo interregno, perché non c’è più lo Zar, ristabiliscono il patriarcato ed eleggono patriarca Tichon I.

Appena eletto patriarca arrivano al potere i comunisti bolscevichi. Guardate la storia è una cosa incredibile. E come vanno al potere, tra tante altre cose Lenin dice che: “Adesso dobbiamo aggiustare la Chiesa”. Chiama il patriarca e gli dice: “Voi dovete riconoscerci come potere legittimo”. Questi fanno resistenza. Guardate che dal ’17 per 4-5 anni sono morti migliaia di preti ortodossi e decine e decine di vescovi. Il metropolita di Pietroburgo, che poi diventerà Leningrado, Beniamin, viene mitragliato.
Leggo spesso sui giornali italiani che quando i comunisti sono andati al potere la Chiesa Russa s’è messa in ginocchio. E’ assolutamente falso, hanno opposto resistenza – a ragione o torto questa è un’altra questione – tantissima resistenza, non volevano.
Il patriarca Tichon in questo contesto cercava di barcamenarsi, naturalmente, che doveva fare? Ma siccome lui si barcamenava troppo, secondo il potere, lo prendono, lo incarcerano e lo strozzano. Il patriarca Tichon viene strozzato in carcere, tanto per essere chiari.
In questo contesto la Chiesa Russa è in una situazione tremenda.

Poco prima di morire il patriarca Tichon dice al patriarca di Costantinopoli Melezios: “Mi fai un piacere? La chiesa dell’Estonia me la prendi tu in cura, stante questa situazione? Grazie a Dio prima o poi finirà e la prenderò indietro”. E dà l’Estonia al patriarca di Costantinopoli.

Sempre in questo contesto, cioè tra gli anni ’20 e ’25, una parte di nobili e di vescovi russi fuggono in Occidente. Questo gruppo di vescovi che scappa prima a Costantinopoli, poi a Carlo… in Serbia, stabilisce la Chiesa Ortodossa Russa all’estero, cioè dice: “La chiesa ortodossa, la gerarchia rimasta là si è venduta ai comunisti. (Falso, ma comunque loro dicono così). Noi siamo la vera Chiesa che non si vende a nessuno (a parte il capitalismo, perché sarà poi così) e quindi noi all’estero siamo la vera Chiesa. E dalla Serbia attraversano l’oceano e pongono la sede di questa Chiesa Russa all’estero a Jordanville, vicino New York. E lì sta il capo (fino adesso) della Chiesa Ortodossa Russa all’estero.

In tale contesto, nel 1927 i pochi metropoliti rimasti fanno il famoso ‘atto di fedeltà’ al potere sovietico, che è un atto politico, non teologico, che invece per la Chiesa Russa all’estero è proprio la resa senza condizioni, la conferma della loro affermazione che quelli si erano venduti.

Sapete che Stalin ha fatto le sue famose ‘purghe’ a ondate. Gli anni ’36-’38 per vari motivi furono un periodo terribile. Anche lì moltissimi – anche gente comune, comunisti, pensatori, ma ora parliamo delle Chiese. Con Gianni siamo stati alle isole Salakin nel Mar Bianco, mille chilometri sopra Pietroburgo, dove ci sono delle isole e i dissidenti, soprattutto i dissidenti religiosi, detti ‘controrivoluzionari’, li portavano là e la prigione era l’isola, perché di lì non si scappava. Appena arrivavano li mettevano in un grande monastero-fortezza fatto dai russi nel 1500 contro gli svedesi (i russi e gli svedesi hanno combattuto tante volte). Quando sotto Stalin arrivavano in nave i prigionieri, la prima notte li ammucchiavano nella grande chiesa del monastero. Sul grande altare avevano messo quattro cessi. E la mattina dopo dirottavano i prigionieri nelle isole, a lavorare la torba, nelle miniere… Erano liberi, tanto non potevano andare da nessuna parte. E lì molti preti ortodossi sono morti. Siamo andati a vedere in una collina lì vicino, dove portavano quelli che avevano fatto qualcosa per cui li consideravano pericolosi e li mitragliavano e andavano giù, così non spendevano per il funerale. Una cosa drammatica.

Torniamo a Mosca. Quello che rimane della gerarchia riconosce il potere sovietico. Sotto Stalin altre grandi purghe e sofferenze. E arriva la II Guerra mondiale. Il 22 giugno 1941 i nazisti invadono l’Unione Sovietica, comincia l’operazione Barbarossa. L’idea era a tenaglia: i paesi Baltici, l’Ucraina e la Bilorussia, … Quando Stalin si rende conto che rischiava di saltare tutto, perché i nazisti erano potentissimi, chiede ai pochi rimasti gerarchi della Chiesa Ortodossa russa di chiedere al popolo ortodosso (quindi riconosceva che la persecuzione era fallita) di unirsi all’Armata Rossa per combattere gli invasori. E loro fanno l’appello agli ortodossi che si uniscano all’Armata Rossa per contrastare l’invasione tedesca.
Per ringraziarli (vedete che la storia non è mai bianco e nero, è molto complicata) di questo atto di fedeltà alla patria, Stalin nel ’43 permette la nomina del patriarca. Quindi dal 1724 al 1917, senza. Dal 17 a 25 Tichon strozzato in carcere. Di nuovo senza. Arriviamo al ’43 e Stalin permette l’elezione. Quello sta su un anno e mezzo, muore e permette la successione. E così riprendono i patriarchi, cioè la ripresa è sotto Stalin.

Negli anni ’70 il patriarca di Costantinopoli ammette che ormai la Estonia fa parte del patriarcato di Mosca, perché voi sapete che all’inizio della II guerra mondiale l’Armata Rossa invade i paesi baltici, Estonia, Lettonia e Lituania, che diventano repubbliche sovietiche a tutti gli effetti.
Cosa succede a Tallin capitale dell’Estonia? L’arcivescovo ortodosso di Tallin (siamo nella II guerra mondiale) scappa nel paese libero più vicino, la Svezia, e a Stoccolma stabilisce la Chiesa Ortodossa Estone in esilio. Ma poi sapete la guerra come finisce e l’Estonia diventa, dal punto di vista ecclesiastico, parte a tutti gli effetti del patriarcato di Mosca. L’attuale patriarca di Mosca amico mio è nato a Tallin ed è di una famiglia di origine tedesca. Si chiama Ludwig.

Andiamo avanti di altri 10 anni. Comincia il regno di Michail Serghievic Gorbaciov e comincia il famoso disgelo, la perestroika, la glasnost ecc.
In tale contesto (naturalmente succedono tante cose politiche, ma parliamo della religione) nel 1988 si celebrano a Mosca i 1000 anni del battesimo della Rus: 988 Vladimir – 1988. E succede una cosa incredibile, cioè che lo stato sovietico aiuta potentemente a organizzare il millennio del battesimo cristiano della Rus, mentre la costituzione sovietica prevedeva l’ateismo di stato. Sono cose che abbiamo visto in questi anni, ma bisogna pensarci su, non è tutto ovvio.

Quando celebrano questo millennio, gli uniati ucraini si fanno vivi perché durante la II guerra mondiale, quando comincia, sapete la geografia: c’è la Polonia, invasa nel ’39 dai nazisti, chi c’è di là? L’Ucraina e la Bielorussia, c’è subito l’URSS. Quando i nazisti (giugno 1941) invadono l’Unione Sovietica alcuni, non tutti, ma qualche gruppo di uniati, cioè greco-cattolici, applaudono ai liberatori dai senza Dio, dagli atei sovietici. E Stalin se lo ricorderà. Nel ’45 l’arcivescovo maggiore di Leopoli degli ucraini, Joseph Slipj, viene incarcerato e mandato ai lavori forzati in Siberia.

Nel marzo ’46 a Leopoli c’è un sinodo spinto e costretto dal governo sovietico, cioè da Stalin, che dice che l’unione di Brest-Litovsk (1595-96) con Roma è annullata. Quindi per legge in un istante gli uniati ritornano ortodossi. Erano usciti dalla chiesa madre ortodossa, tornano alla chiesa madre ortodossa perché quel patto maledetto viene cancellato.
Gli uniati, cattolici di rito orientale greco-cattolici che non accettano alcuni sono incarcerati. Molti vanno nelle catacombe, cioè fanno finta di accettare, ma nel cuore mantengono …, la domenica ogni tanto vanno nei boschi a fare le loro liturgie alla buona, perché era proibito, era illegale, e il grosso va nelle chiese che fino a ieri erano chiese della Chiesa greco-cattolica ucraina, domani cominciano ad essere le chiese del patriarcato di Mosca. Andate a Leopoli: la grande chiesa di San Giorgio ha cambiato padrone, diciamo così.
La differenza, per la gente semplice, è quasi inesistente: se voi vedete una liturgia diciamo ‘ortodossa doc’ e una liturgia uniate da quelle parti, sono praticamente uguali. La differenza vera sapete qual è? Siccome loro credono – e hanno ragione, naturalmente - che è la comunione eucaristica quella che lega, non il potere – nella santa liturgia a un certo punto nelle chiese ortodosse si leggono i distici, cioè l’elenco di tutte le chiese con le quali si è in comunione e cominciano: “Preghiamo il Signore per il Santissimo Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo, per il Santissimo patriarca di Antiochia Ignazio… “ fanno la lista. Il giorno che dicessero: “Preghiamo per il santissimo patriarca di Roma“ sarebbe fatta, ma finora non è accaduto. Cioè quello è il segnale. Se tu togli quello come vedremo c’è uno scisma, non è detto per dire, è un senso teologico profondo, pregnante, cioè sei in comunione con quella chiesa e lei è in comunione con te; perché sono chiese autocefale, ciascuna all’interno è indipendente ma hanno la stessa fede e la stessa tradizione. E c’è un ‘primus inter pares’: il patriarca di Costantinopoli è un primis inter pares. Su cosa vuol dire ‘primus inter pares’ ci sono biblioteche intere, perché qualcuno mette l’accento sul ‘primus’, qualcuno sul ‘pares’ e adesso c’è la grande discussione su come conciliare le due cose.

Torniamo adesso alla Santa Russia. Nel 1988 un po’ di uniati vengono a Mosca perché a Mosca c’era il cardinale Casaroli, ex-segretario di stato, il quale il 13 giugno 1988 fu ricevuto al Cremino da Gorbaciov. Era la prima volta che succedeva. Lì il Vaticano era imbarazzato, perché se riceveva questi uniati/greco-cattolici ucraini dava un’offesa agli ortodossi che l’avevano invitato lì. Insomma Casaroli si è barcamenato, ma qual è il senso della questione? E’ che in Ucraina hanno preso sul serio Gorbaciov e hanno cominciato a dire: “Noi esigiamo la restituzione dei nostri diritti illegittimamente calpestati dal sinodo del 1946”.
E cominciano a orrere… Nel 90 sempre più casini. Nel ’91 sapete che c’è il golpe di agosto, l’Ucraina diventa indipendente. E in tale contesto ‘Ruh’, che in ucraino vuol dire ‘movimento’ è un movimento di liberazione nazionale alla cui testa c’erano molti greco-cattolici., che ce l’avevano a morte coi sovietici.
Quindi in questo contesto comincia una battaglia tremenda in Ucraina sul possesso fisico delle chiese. Immaginate che in uno dei vostri paesi dell’Abruzzo, di povera gente c’è una chiesa, e sono poveri. Comincia la battaglia: di chi è questa chiesa? Siccome nel ’46 tutte le chiese greco-cattoliche sono passate agli ortodossi, cominciano a dire: “Ma era nostra nel ’46, guarda che l’ha fatta mio nonno”. E la cessione o la condivisione della chiesa del villaggio diventa motivo di furiosi combattimenti, perché “era mia”, “no, era mia”, “sì, ma prima del 1595 di chi era?”.
Qui ci sono diverse versioni: gli ortodossi dicono che i greco-cattolici ucraini hanno anche ucciso degli ortodossi con i bastoni o con le forche per difendere o per prendere le chiese. Gli altri dicono che non è vero, però c’è stata e c’è tuttora una fortissima tensione. Io sono andato a vedere questi villaggi e anche lì dipende. Per esempio in un villaggetto, “voi nonna come fate qui?”. “Noi facciamo così…

La chiesa ortodossa ucraina è divisa in tre: c’è la parte legata al patriarcato di Mosca, che è la più numerosa, per numero di fedeli, di parrocchie e di istituti vari; poi c’è la chiesa autocefala ucraina, così s’è proclamata, che però non è riconosciuta da nessuna chiesa ortodossa; e poi c’è il patriarcato di Kiev, formato dal metropolita Filerete, che voleva diventare patriarca di Mosca, non c’è riuscito e quindi ha fatto una chiesa per conto suo. Quindi ci sono tre chiese ortodosse in contrasto. Tutte e tre opposte agli uniati, naturalmente. Poi ci sono i latini. Quindi sono cinque. Poi ci sono varie chiese protestanti. Insomma il casino è totale.

Voi sapete che Giovanni Paolo II voleva andare in Russia ma non c’è riuscito. Però ha cominciato ad andare in Ucraina. Quando andò in Ucraina, 7 anni fa, a Kiev incontrò i rappresentanti delle chiese e delle religioni. Ma il patriarcato di Mosca non voleva assolutamente che il Papa andasse in Ucraina, perché secondo Mosca andava a rinfocolare gli uniati. C’è stata una grande discussione. Comunque lui è andato in Ucraina. A Kiev riceve tutti i rappresentanti delle varie chiese e religioni e chi è che fa il discorso per presentarlo? Lo fa il metropolita Filerete del patriarcato di Kiev che è stato scomunicato dalla chiesa russa. Quindi immaginatevi la scena. E’ come se Franzoni facesse il saluto a nome della CEI. Così lì uno scomunicato, secondo Mosca, ha detto al Papa: “Bravo, sei venuto, ci fa piacere”, perché lui sapeva che così Mosca si arrabbiava.
Quindi c’è stata una tensione tremenda, crescente, tra Mosca e Roma, cioè la terza Roma e la prima Roma. Perché? Per gli uniati l’ho appena detto, ma anche per un’altra questione: le diocesi.

Nell’aprile 1991, stante ancora l’URSS; il Vaticano ha deciso di creare delle amministrazioni apostoliche (che di fatto sono delle diocesi, anche se non hanno questo nome) nell’Unione Sovietica, una a Mosca, una a Novosibirsk, una in Kazakistan. Quel giorno io stavo là. Gli ortodossi erano furibondi: “Ma come, quello là fa a casa nostra delle amministrazioni apostoliche senza dirci niente?”.

L’11 febbraio 2002 Giovanni Paolo II eleva le amministrazioni apostoliche a diocesi. I nostri amici di Mosca erano fuori di sé: “Ma come, io sono vescovo di Mosca e adesso arriva un altro vescovo?”. Però il Vaticano dice una cosa molto sottile: il vescovo, l’amministratore apostolico, non è diventato vescovo di Mosca (o di Novosibirsk o di Irkusk o a Karakanda). E’ diventato a Mosca vescovo della Madre di Dio a Mosca. ‘Madre di Dio’ è il titolo di una chiesa. Come dire: vescovo della basilica di San Paolo, che sta a Roma, però non è vescovo di Roma. Questo per un gesto di riguardo agli ortodossi, che dicono: un vescovo, una chiesa. E quindi di fatto è vescovo di una diocesi normale, però il suo titolo non è ‘vescovo di Mosca’, ma ‘vescovo della chiesa Madre di Dio che sta a Mosca’. E così vale a Irkusk e così vale a Novosibirsk. Ma questo ha fatto andare su tutto le furie. Noi abbiamo scritto una lettera di appoggio a loro, perché in questo caso avevano ragione.

Il Papa – siamo nel 2003 – vuole andare in Mongolia. Non è difficile capire perché. Se prendete una carta geografica, qui c’è la Cina, qui c’è la Russia, io vado in mezzo e faccio la predica a tutti e due. Però siccome la Mongolia è lontana, bisognava fermarsi anche a fare il rifornimento di carburante e allora che dice Wojtyla? “O all’andata o al ritorno mi fermo a Kazan”. Kazan è la capitale del Tatarstan, repubblica autonoma sul Volga, 800 chilometri ad est di Mosca. Ma perché a Kazan? Perché voi sapete che nel Cinquecento i russi hanno avuto il problema per due secoli e mezzo dei tartari (l’ho detto prima). E’ stato pesante liberarsi dal famoso ‘giogo tartaro’. Ebbene, Ivan il Terribile nel 1564 dà una sconfitta definitiva al Kanato (al principato) di Kazan e si racconta che in questa occasione i soldati russi si sono aiutati con delle belle icone della Madonna perché li proteggesse per debellare il Kanato dei tartari di Kazan. Lì nasce la famosa Kazanskaja, cioè la Madonna di Kazan, una famosissima icona, bellissima, che viene invocata dai russi perché è la protettrice.
Pensate che quando muore Ivan il Terribile, a Mosca cominciano i cosiddetti ‘tempi torbidi’, cioè per ben 30 anni c’è una grande lotta per la successione: un figlio non lo volevano, l’altro era sciancato, l’altro era morto… . Per farla breve, mettono al Cremino un polacco, un falso zar(?) . Quindi i polacchi per dodici anni stanno al Cremino, cosa che per i russi è insopportabile. I russi odiano i polacchi, perché i russi sanno che sono tra i pochissimi che hanno preso il Cremlino. Perché lo prese anche Napoleone, ma dovette andare via. I nazisti sono arrivati alle porte di Mosca – ci sono ancora i cavalli di frisia per indicare dove sono arrivati – ma non sono passati. Invece i polacchi sono stati al Cremino 12 anni con un falso zar.
Ebbene, quando c’è stata la battaglia finale per far cacciare questo zar, i polacchi avevano le loro madonne e i russi le nostre madonne e la Madonna ha tenuto per noi e abbiamo vinto. Cioè sugli stendardi i nostri avevano la Madonna di Kazan, potentissima, mentre i polacchi poveretti….
Perciò quando Wojtyla voleva andare là dicendo “Io sono slavo”, era giusto, ma c’era questa storia per cui i polacchi…

Allora torniamo al fatto che lui voleva andare in Mongolia. Perché? Perché di questa famosa icona della Madonna di Kazan avevano fatto delle copie. Una copia in particolare fatta molto bene, molto preziosa. Quando c’è la grande rivoluzione di ottobre la Kazanskaja scompare, ma la famosa copia dopo varie vicende finisce in Occidente, finisce negli Stati Uniti e viene comprata da un gruppo di cattolici e viene regalata al Papa nel 1993. Quindi Wojtyla aveva nel suo studio la copia della Zazanskaja. Allora pensava: passo lì e (qui sarebbe interessante fare un’analisi dei verbi, perché uno potrebbe dire ‘vi porto’ oppure ‘vi riporto’, hanno sempre trovato dei verbi che si potessero tirare di qua e di là: ‘riporto’ vuol dire che non era nostra, era vostra), il patriarca viene, gliela ridò”. Il patriarca ha detto: “No, tu qui proprio non vieni”. Sono andati avanti per un paio di mesi, in questo ‘vieni, non vieni’: non è venuto e il viaggio in Mongolia non s’è fatto, a dimostrazione che era un viaggio politico, perché lo poteva fare benissimo, poteva fermarsi da un’altra parte.

Nel 2004 ad agosto la Madonna è tornata a Mosca senza Papa: il cardinale Kasper l’ha portata in aereo al Cremino e s’è fatta una grande festa: “Era nostra e l’avete riportata”, ma il Papa non è andato a Mosca.

C’è Costantinopoli, non è che l’ho dimenticata. Quando cade l’URSS i vostri amici ortodossi estoni che stavano a Stoccolma tornano a casa e vogliono che la chiesa ortodossa estone non sia con Mosca (perché i baltici non possono vedere Mosca), ma sia con Costantinopoli. Vogliamo scherzare? In Estonia, un piccolo paese, ci sono adesso un milione e mezzo di abitanti. Di questi 500.000 sono russi. Alcuni sono lì da sempre, ma il grosso venne con l’Armata Rossa. Quando nel ’90 i paesi baltici si sono resi indipendenti, prima ancora del crollo dell’URSS di fatto e poi nel ’91, in Estonia hanno fatto una legge, che diceva: uno è cittadino estone se parla l’estone. E i russi non parlano l’estone. I russi, trovandosi a casa loro, nell’URSS, tranne qualche eccezione tutti parlavano il russo, sapevano dire ‘buongiorno’ e ‘buonasera’ in estone, perché l’estone è una lingua ugrofinnica, non è slava, è totalmente differente, è parente del finlandese o dell’ungherese. Per cui uno che è nato lì si trovava che non è più cittadino del paese dov’è nato: non è russo perché non è nato in Russia, non è estone perché non sa la lingua. E’ successo un casino.

In questo contesto immaginate il problema religioso. Gli ortodossi russi sono la maggior parte, perché gli estoni sono luterani, gli ortodossi estoni sono una piccola parte. Bene, hanno cominciato a litigare Mosca e Costantinopoli. Per farla breve, nel febbraio del ’96 a Mosca hanno tagliato nei distici il nome del patriarca di Costantinopoli, cioè c’è stato uno scisma. Per la prima volta in mille anni. Hanno detto: “Quello (cioè Costantinopoli) vuol venire a casa nostra a comandare? Ma vogliamo scherzare? Lui pensa di essere il capo dell’ortodossia. Noi siamo chiese autocefale, solo i cattolici hanno il Papa. E siccome lui insiste e continua e continua, noi lo cancelliamo dai distici”.
Lo scisma è durato sei mesi. Dopo in conclusione hanno fatto un pateracchio teologico: adesso in Estonia ci sono due chiese: la chiesa ortodossa estone legata a Costantinopoli, la chiesa ortodossa legata a Mosca. Alcune chiese sono in mano agli uni, alcune chiese agli altri. Però dal punto di vista numerico sono molto più numerosi i russi.

L’altra cosa è successa negli ultimi due anni perché tra Mosca e Costantinopoli sta crescendo una tensione insopportabile. Perché? E’ molto semplice: oggi, adesso, in Turchia gli ortodossi del patriarcato di Costantinopoli, cioè i fedeli, sono circa 5000 (la parrocchia qui di San Benedetto è più grande). E ogni giorno che passa molti greci si allontanano perché se ne vanno.
Perché è successo questo? Perché quando durante la I guerra mondiale crollò l’impero ottomano, nella zona di Smirne c’era un milione e mezzo di greci e fecero un famoso scambio di popolazioni, perché Ataturk non voleva una minoranza forte. Quindi gli armeni subirono la loro sorte e per i greci ci fu lo scambio: i turchi che stavano nella Tracia li portarono di là – fu una cosa tremenda – per ridurre al minimo la presenza dei greci, che erano 50.000. Adesso sono appunto circa 5.000, cioè una parrocchia di Roma è più grande di tutti gli ortodossi della Turchia. E il patriarca di Costantinopoli è lì senza nessuno.

Secondo la legge turca il patriarcato di Costantinopoli è un ente di diritto turco. Da questa premessa derivano due serie conseguenze. Prima: secondo la legge turca, secondo i tribunali turchi, lui non può fregiarsi del titolo di ‘ecumenico’, perché vuol dire che esula dalla Turchia. C’è tuttor una questione gravissima, perché minacciano di punirlo o di arrestarlo perché lui dice di essere patriarca ecumenico e ha questo titolo da 1100 anni. La seconda conseguenza è che il patriarca di Costantopoli deve essere cittadino turco. Il che vuol dire che in questa parrocchietta devono scegliere il patriarca, mentre il grosso degli ortodossi sta negli Stati Uniti, sta in Grecia. Per esempio Creta, che è greca, dal punto di vista ecclesiastico dipende da Costantinopoli, ma il grosso sta all’estero. Capite cosa vuol dire questo.
Quindi, dice Mosca, “amico mio, hai chiuso”. E perché hai chiuso? Perché il canone 28 di Calcedonia che cosa diceva? Perché ‘questa città è la nuova Roma, onorata dalla presenza dell’imperatore’. Ma l’imperatore è scomparso da sei secoli. Quindi la ragione politica che ti dava questi poteri (cioè di primo inter pares nell’ortodossia) è finita da sei secoli, perché è finito l’impero. Chi è oggi la guida dell’ortodossia? E’ la chiesa più potente che siamo noi: la chiesa di Mosca ha 80-100 milioni di fedeli, non c’è nessun paragone. Quindi la guida morale, politica, è Mosca”.
Ma gli altri dicono: “No, non è che si può giudicare dal numero”. Anche questo è vero, però anche il numero conta.

Negli ultimi due anni il vescovo della diocesi di Mosca in Gran Bretagna, per ragioni che adesso saltiamo, decide di passare sotto Costantinopoli. Lui, con 100.000 fedeli, dice: “Non riconosco più Mosca, vado con Costantinopoli”. Una lite tra i due che non vi dico, perché Mosca accusa Costantinopoli di interferenza nei suoi affari interni.
Perché fa questo Costantinopoli? Per avere un po’ di fedeli: 100.000 di qua, 100.000 di là…. Per Mosca 100.000 fedeli in meno non è niente, però c’è la questione del principio e quindi c’è un contrasto violentissimo su questa questione.

Arriviamo all’ottobre scorso. A Ravenna s’è riunita la commissione teologica cattolica-ortodossa, che è stata istituita nel 1980, come conseguenza del viaggio che Papa Wojtyla fece al Fanar (zona di Costantinopoli dove c’è il patriarcato); hanno fatto varie riunioni, questa era a Ravenna. Allora cominciano a Ravenna a metà ottobre e i russi leggono sull’elenco dei presenti che c’è un rappresentante della chiesa apostolica dell’Estonia. L’Estonia? Allora s’è alzato il mio amico che guidava la delegazione: “Che è questa storia?”. Insomma hanno litigato. I russi si sono alzati e sono tornati a Mosca. Quindi la grande riunione adesso di ottobre è andata così. La Russia, che è la chiesa in base al numero (perché il resto lo giudica il Signore) più importante dell’ortodossia, dice: “Ma come, l’Estonia dipende da noi”, così si sono alzati e se ne sono andati.
A Ravenna hanno fatto una conclusione dicendo: “Noi abbiamo discusso dei prodromi del Papato, cioè come era nel primo millennio la comunione?”. Perché devono avvicinarsi a discutere del Papato, che è il nodo, perché nel 1870 il Vaticano I definì i dogmi del primato pontificio e della infallibilità papale, cosa che gli ortodossi non accetteranno mai e poi mai, perché è come porre uno fuori della Chiesa.
Del primato non se ne parla neanche, perché non può esistere secondo loro come lo vedono i papi. Non parliamo poi della infallibilità. Per loro (vi parlo di quello che si dice in Russia) infallibilità in questo mondo vorrebbe dire impeccabilità, perché in Dio verità e amore coincidono, pienezza di amore e pienezza di verità, ma non qua. Se tu dici che io faccio papa lui automaticamente secondo i cattolici in certi casi diventa infallibile, vuol dire che lo Spirito Santo entra lì, vuol dire che tu hai in mano lo Spirito Santo. Ma siete matti? C’è scritto nel Vangelo che va e viene senza chiederlo a te. E dicono: in questo momento la Santa Chiesa Russa sta in piedi perché magari in Siberia vi è una vecchia brutta, gobba, sdentata ed ignorante però piena di amor di Dio e per amore di quella vecchia sdentata e ignorante Dio tiene su la Chiesa russa. E tu non sai dove sta. Ecco perché bisogna essere umili anche come gerarchi, perché non sai per quale ragione e misericordia Dio tenga su questa Chiesa. Ma se tu dici invece che è perché c’è l’infallibilità, tu sai dov’è. Invece non lo sai. Avete capito? Concettualmente non possono accettarlo.
In questo documento hanno detto che nel 2009, cioè fra un anno, discuteranno proprio del papato. Ma quel documento, vi ripeto, l’hanno firmato senza la presenza dei russi, cioè senza la presenza della Chiesa più importante.
Il 6 marzo prossimo il patriarca Bartolomeo di Costantinopoli verrà a Roma, quindi lo vedrete. Ed è in preparazione l’incontro tra il Papa e il Patriarca di Mosca.

La mia opinione è questa: che la chiesa di Mosca col Papa attuale e la Chiesa di Mosca hanno detto: mettiamo tra parentesi il papato, ne parleremo un giorno (cioè mai). Mettiamo un pochino da parte, se ci si riesce, gli uniati. Uniamoci per difendere i valori cristiani. Cioè c’è la saldatura tra la chiesa di Roma e la chiesa di Mosca sulle questioni bio-etiche, la base del prossimo incontro. Dicono: “Pregheremo perché un giorno ci uniamo teologicamente (cioè vuol dire mai) e intanto facciamo la santa alleanza contro lo sbandamento dell’Occidente che invece cede ai liberal protestanti (questo non è scritto così, bisogna interpretarlo). Quindi questa unione o pacificazione che si sta per fare io la trovo molto spuria (ma questo è un parere mio) e mi fa pensare proprio al 1439, cioè firmare una pace perché c’è un nemico esterno alle porte e non perché c’è una conversione all’evangelo.

In conclusione le tre Roma, come avete visto in questa carrellata di duemila anni, sono divise dal potere: che cosa vuol dire nella Chiesa di Dio essere vescovo, che cosa vuol dire essere il primo dei vescovi, che cosa vuol dire essere un vescovo al servizio del popolo di Dio. Su queste questioni fondamentali sono divisi e sono divisi non solo tra qui e qui, ma anche tra di loro, come vi ho detto.
Quindi la cosa è molto complicata, il futuro è quanto mai incerto, io penso che forse il futuro apparterrà a quei cattolici, a quegli ortodossi, a quei greco-cattolici uniati, che si convertiranno all’evangelo, senza porre più problemi di potere. Voi sapete che Vladimir Salaviof nel libro ‘L’Anticristo’ immaginò che alla fine dei tempi c’è l’Anticristo che viene sulla terra e cerca di dominare, di guadagnare tutti alla sua parte e alla fine il Papa di Roma Pietro II viene riconosciuto come vescovo di Roma dallo Staretz Giovanni che rappresenta l’ortodossia e dal professor Pauli che rappresenta la Riforma. Ma questo accadrà alla fine dei tempi, quando le chiese saranno state distrutte come potere e rimarrà ad esse solo la fede nel Dio di Gesù Cristo. Non vedo molto vicino quel tempo.

DISCUSSIONE

Maria Pia: Io ho trovato molto bella tutta questa storia, anche per come è stata raccontata. Su una sola cosa ho da eccepire: la semplificazione sul 1439, perché si sono svegliati tardi. Io insegno storia, non la insegno solo dal punto di vista dell’Occidente, ma si sono svegliati troppo tardi in Oriente, anche se c’era la cattiva fede dell’Occidente. Perché ormai era tutto conquistato. E’ chiaro che raccontandolo in una serata bisogna semplificare, però sicuramente c’è stato un grosso problema: che Bisanzio non voleva assolutamente ricorrere all’Occidente, in ragione di tutte le cose che ha raccontato prima lei e dopo.

Susanna: Hai detto che questa pace tra il Papa e gli ortodossi si farà, però non si tratterà soltanto di amore evangelico, ma si farà perché il nemico è alle porte. Chi sarebbe questo nemico?

Luigi: Rispondo alla professoressa. E’ quello che dicevo io, cioè loro a mali estremi, estremi rimedi. E’ come nei condomini: tu litighi sempre con uno, però quando … certo se avessero pensato un secolo prima… Speravano di farcela, ma non ce l’hanno fatta
Il nemico delle chiese oggi qui è la secolarizzazione, è la modernità. Ed è un grosso ‘nemico’. Cioè il problema per queste chiese è come dire oggi parole di senso in un contesto totalmente differente. Perché magari 500 anni fa, 1000 anni fa il digiuno era una cosa sentita dalla gente, ma la gente stava a casa. Adesso uno che s’alza la mattina alle 5 e viene per esempio da Latina per lavorare qui in fabbrica, che cosa vuol dire digiunare?

Parliamo della donna prete. Ma non s’è mai posto questo problema prima, quindi è inutile dire che San Giovanni Crisostomo non ci pensava. Non ci pensava. Ma adesso? La cosa è talmente interessante su questo punto, perché molti non lo sanno, che una teologa che sta in Francia e un vescovo ortodosso russo che sta qui, hanno fatto un libro molto onesto su questo punto e dicono che studiando la storia, la teologia, la patristica non si può dire né si né no, perché non si è mai posto questo problema. E’ esattamente come l’eliocentrismo: per 1500 anni tutti, papi, vescovi, cardinali, re, povera gente hanno pensato che la terra era ferma e il sole le girava intorno. Quando con Copernico hanno incominciato a dire che no, è stato un shock dell’altro mondo. E’ inutile chiedere a un Padre del III secolo o del V secolo se il sole sta lì ecc., non significa niente, perché avevano un’altra cultura, un altro presupposto. E questo vale anche per le questioni etiche: certe cose dette nel passato non si possono ripetere. Non è per essere relativisti, ma le Chiese sono state sempre relativiste. Fate uno studio sull’omicidio o sulla guerra. Ora, nel comandamento c’è scritto: “Tu non ucciderai”. Punto. Non c’è scritto: “Nota: però se il nemico ti minaccia… “. Non c’è la nota, è assoluto. Eppure han le guerre sante, l’inquisizione… Giordano Bruno … E l’hanno fatto non perché erano cattivi, ma perché partivano dal presupposto che l’eretico era giusto farlo fuori per sanare il corpo della Chiesa. Quindi le Chiese hanno fatto relativismo sempre, solo chi mente dice che non è così, altrimenti non poteva morire Giordano Bruno (per non andare lontano). Perché avevano una cultura, un presupposto e noi adesso ne abbiamo un altro, sappiamo che mai si deve uccidere. Mai. E lungo la storia abbiamo dei cristiani che, credendo che quelle parole erano intangibili, sono morti piuttosto che impugnare la spada. Ma il grosso delle Chiese ha cominciato a distinguere. E allora?
Parliamo della contraccezione. La chiesa anglicana, che è una chiesa molto seria, perché discute su problemi reali, non fa finta come questi qua, ha discusso per 30 anni, mica per un giorno, se era lecito, perché prima non esisteva il problema nel contesto contadino, con l’industria è nato. Ma mica puoi chiedere all’uomo di Neanderthal questo problema. Hanno capito che era moralmente lecita la contraccezione. Questi qui hanno discusso, discusso e dicono ancora di no. E tu puoi fondare questo sul vangelo? Ma quando mai? Gesù ha detto di avere un amore responsabile, che è un’altra cosa, ma la specificazione su questo è una questione culturale. E tante altre cose sono così.
Quindi affrontare questi problemi in modo aperto e responsabile è difficile, però bisogna discutere. Ma contrabbandare l’idea che le Chiese della Riforma sono chiese che hanno svenduto il Vangelo perché discutono per esempio se sia lecito o no che due donne o due uomini si amino, è falsificare la realtà. E’ facile, ma in questo modo tu raccoglierai tempesta, perché se c’è un paese secolarizzato al mondo è la Santa Russia. E’ come una pianura che è stata invasa dalla tempesta e non puoi rispondere dicendo no. Tu devi dire no quando sei sicuro che Dio dice no, altrimenti devi stare molto attento, perché la storia dimostra che molti no detti in nome di Dio erano falsi. E tu, come ha detto Gesù: “voi imponete sulle spalle della gente dei pesi che non toccate con un dito”.
Io leggo continuamente cosa dicono di qua e di là. Io sono terrorizzato. Questi vogliono fare una battaglia contro la modernità perché non vogliono smentirsi. Ma si dovranno smentire. Quello sembra dia sicurezza, ma la gente… sì, ti segue qualcuno ma molti se ne vanno, perché oggi c’è una tale sensibilità… Secondo me la cosa più tremenda che oggi si sente sempre più come insopportabile è la violazione del comandamento che dice ”non nominare il nome di Dio invano”, cioè: non addossare sulle spalle della gente dei pesi che Dio non ha posto. Quando io ero piccolo e quando in famiglia delle mie sorelline sono morte piccole, mia mamma e tutti pensavano che se un bambino moriva senza battesimo andava al limbo. Bisognava correre per battezzarlo. E chi paga per queste sofferenze? Adesso si dice: “L’avevamo inventato nel medioevo…”. Hai capito come fanno le cose? Ti pare serietà questa? Io penso che oggi se le Chiese volessero potrebbero convertirsi, ma fanno difficoltà. A Sibiu, quindi parlo di adesso, i cattolici hanno fatto un casino perché volevano aggiungere, a proposito della difesa della vita, quella frasetta: “dalla concezione alla morte naturale”. Ma tu sei sicuro che in certi casi ben precisi non sia una cosa umanamente legittima, anche di fronte a Dio, aiutare qualcuno a morire quando è disfatto totalmente, non capisce più niente, ammazza tutti? Siamo sicuri proprio che questa vita è così? Io non sono sicuro? E rispetterei chi fa diversamente. Io Welby l’avrei aiutato a morire. E non ero un assassino.
Quindi i problemi che abbiamo oggi sono di una tale complessità che non si possono risolvere semplicemente ripetendo: bisogna fare quello che hanno fatto i nostri padri tanti secoli fa, che han fatto dei cambiamenti radicali. Quando hanno detto che la circoncisione non è necessaria hanno fatto un cambiamento rispetto alla parola di Dio, che dice: “Tu devi circoncidere”. Eppure hanno detto no, perché hanno capito che era transeunte, che quello che conta è una fede vera e un amore vero. Quindi abbiamo esempi capitali alle spalle. Bisogna vedere cos’è tradizione, cos’è che è stato pensato in un certo contesto. Per esempio le scoperte moderne della scienza ma pensate tra 100 anni cosa sarà, o tra 1000 anni; possiamo rispondere… ? E’ chiaro che siamo sul filo del rasoio, si può anche imbrogliare, il potere può fregarci tutti, però bisogna andare con cuore aperto, fidarsi della coscienza della gente.. Mi sembrano, queste povere Chiese, smarrite. Ma c’è una ragione: perché non riescono ad accettare l’idea di non essere loro che decidono la moralità del mondo intero. Non accettando questo, ci sono tutti questi sistemi surrettizi… Vedete in Italia la battaglia sui DICO, sull’aborto non ne parliamo, come se gli altri non avessero moralità: gli ebrei non hanno moralità, i mussulmani non hanno moralità, i luterani non hanno moralità… Solo questi qui hanno moralità. Ma chi te l’ha detto? Voi capite che oggi su questo crinale si pongono infiniti problemi, di fronte ai quali nessuno ha in tasca la soluzione, ma neanche puoi risolverlo dicendo semplicemente no, no, no, perché si diceva così ieri.
Pensate che adesso c’è in Bulgaria tutto un movimento per mettere la religione ortodossa nelle scuole, come se questo fosse la soluzione. Ma abbi pazienza! Io a Mosca ho vissuto e posso dire qualcosa. E’ vero che ci sono dei giovani che vengono dal nulla, dal punto di vista religioso, che si accostano alla Chiesa ortodossa perché lì trovano la fede dei loro padri e quindi non avendo la fede la trovano lì. Ma ci sono anche altri che dicono: questo non mi dice nulla, se tu non incarni questi sì e questi no in un contesto della modernità. Io vi potrei leggere tanti documenti che dicono che Mosca e Roma si uniscono nell’opposizione alla modernità.

Paolo Dall’Oglio: Grazie, Gianni, di avermi ricordato quest’incontro di questa sera. Per me è anche l’occasione di esprimere una profonda riconoscenza a te e a tutti quelli che hanno risposto al tuo appello.
Sentendo quest’ultima parte della conferenza, mi sono venute in mente due cose.
La prima è stata che per i mussulmani la conquista di Costantinopoli è stata conquistare una legittimità universale, riconoscendo a questa capitale di impero cristianizzata un valore escatologico, tanto che in seguito verrà usata anche la tradizione profetica: prima la conquista di Costantinopoli, poi la conquista di Roma. E’ un hadith molto utilizzato in ambiente salafita, l’ambiente dell’estremismo mussulmano contemporaneo e forse gli attacchi alle Torri gemelle di New York nascono in un contesto in cui New York è vista come quarta Roma, perché è il cuore dell’Occidente. E probabilmente la saldatura tra Roma e Mosca è anche in chiave antimussulmana. E’ noto che la Russia cristiana ha sempre vissuto un’angoscia nei confronti dell’Islam asiatico, molto attivo anche militarmente e oggi vivono la problematica delle richieste più che legittime di autonomia delle repubbliche a maggioranza mussulmana, prima di tutto la Cecenia, questo scandalo mostruoso in cui quella povera giornalista che è stata ammazzata, la Politivskaja, è stata grande testimone. Qui c’è una problematica autentica.
L’ultima cosa che volevo sottolineare è su un altro piano. Questo fatto della santità o della sofferenza vicaria, della vecchietta sofferente e fedele, la cui santità salva la Chiesa, è identica alla teoria spirituale degli abdal, cioè di quel numero di santi sconosciuti, poveri e sofferenti che nell’Islam offrono la loro esistenza in un’attitudine di completo abbandono alla volontà di Dio in amore vicario per tutta la comunità e provocano la salvezza della comunità, affinché il muro di Gog e Magog costruito da Alessandro non cada e il mondo del caos non distrugga la civiltà. In Asia è questa angoscia escatologica del caos che ritorna dalla Mongolia.

Luigi: Paolo sta in Siria, in un monastero che si chiama Mar Musa, è una specie di monaco lì. Il suo grande impegno è capire l’Islam dal di dentro, creare ponti di amicizia ed è inserito nella chiesa siro-cattolica. I siri sono degli uniati cattolici.
A proposito dei mussulmani, è vero che la Russia oggi ha 25 milioni di mussulmani al suo interno. Li hanno avuti prima coi tartari e poi sono rimasti lì. C’è tutta la fascia caucasica. Poi c’è il Tatarstan. A San Pietroburgo c’è anche una grandissima moschea, dove io sono andato a trovare l’imam, solennissimamente. Loro hanno il problema vero nel senso che ce li hanno lì da 800 anni, quindi non è una cosa teorica. Ed è una grande questione, perché adesso nella Russia c’è questo tentativo Russia uguale ortodossia, che non è vero, perché c’è appunto l’Islam; oltre l’ebraismo, naturalmente. Quindi questa semplificazione nazionalista di dire, come ci dice la RAI, che italiani uguale cattolici e che l’unico che parla è il Papa. E lì uguale. Invece non è così, c’è un rigurgito di senso di trovare le radici nel passato. La Chiesa Ortodossa ritiene di essere l’anima del passato. Adesso non voglio parlare dei rapporti chiesa-stato in Russia, è un discorso complesso, ma il senso è: noi siamo l’anima. E gli altri? E questo aprirà delle questioni nel prossimo futuro, non so per la Cecenia, ma per il Tartarstan e per queste isole. Poi c’è tutta l’Asia ex-sovietica… Insomma i problemi sono tanti.

Gianni: Adnan, aggiungi qualche riflessione dalla parte mussulmana. Ti abbiamo tirato in campo.

Adnan Mokrani: Praticamente non ho niente da aggiungere, solamente questa voglia del potere di creare nuovi centri religiosi mi fa ricordare lo sforzo fatto dagli Omaiadi di dare importanza a Gerusalemme, alla moschea di Al-Aqsa. Sappiamo che quello che c’è adesso ha le radici all’epoca di un califfo Omaiade. Quindi questa voglia di creare una nuova Mecca al nord vicino a Damasco come nuovo centro dell’impero islamico.
Questo mi sembra dunque un dinamismo storico-politico antico. Adesso quando Bush stesso parla nel nome di un certo cristianesimo della Quarta Roma, c’è un legame stretto tra religione e potere e la soluzione, come ha detto Luigi alla fine, è di liberare la religione da questa tentazione forte, che diventi veramente la religione degli abdel, di quelli che servono in modo umile l’umanità.

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