IL VINO NEL MERCATO ITALIANO

1.1 Dallo scandalo del vino al metanolo all’affermazione della qualità
L’immagine del vino è andata modificandosi nel tempo: da bevanda funzionale all’alimentazione a uno dei simboli indiscussi del Made in Italy, da commodity a prodotto anche di nicchia degno di interesse sotto molteplici aspetti, dal sociale all’economico.
Il nostro Paese vanta un alto grado di eccellenza nella coltivazione della vite, anche grazie ad una cultura che alla quantità ha preferito il valore della qualità.
A seguito dell’avvento della società dei consumi nel secondo dopoguerra, le attività agricole in Italia hanno subito una sorta di “ristrutturazione”.
La produzione vitivinicola in particolare ha avuto una enorme richiesta e un conseguente sviluppo; il vino è divenuto uno dei prodotti alimentari a più elevata diffusione commerciale, sia nazionale che internazionale.
A quei tempi il mercato del vino non era ancora stato disciplinato e le grandi quantità commercializzate erano spesso di bassa qualità; nel meridione, in particolare, vi era la mancanza di pratiche enologiche sviluppate.
La Cee contribuì in prima persona a questo slancio vigoroso e senza criterio con un programma di aiuti economici agli agricoltori a partire dagli anni Sessanta. Lo scopo era quello di spronare la vocazione vinicola italiana dimenticando, però, che occorreva prima individuare le aree adatte .
Con l’ingresso dell’Italia nella Comunità Economica Europea (trattato di Roma, 1958) la politica agricola italiana viene progressivamente influenzata da quella comunitaria (PAC).
Il nuovo orientamento era volto ad assicurare prezzi ragionevoli ai consumatori e remunerazioni eque agli agricoltori, nel rispetto dei principi dell’ unicità dei prezzi, della solidarietà finanziaria e della preferenza comunitaria.
Fu stimolato l’aumento delle produzioni (legge “Quadrifoglio”, 1977) con l’introduzione del prezzo d’intervento che permette agli agricoltori di vendere il prodotto senza scendere al di sotto di un tetto minimo.